La Repubblica 7 luglio 2001 Ma il G8
non è soltanto
cecchini e tute bianche
LUIGI BOBBA
CARO direttore, ci sono migliaia di cittadini, insegnanti e operai, madri e padri,
giovani e adulti, preti e suore che si stanno preparando seriamente all'appuntamento di
Genova. Leggono, partecipano agli incontri, visitano i siti sull'argomento, pregano e
cercano di far sentire la loro voce. E poi ci sono centinaia di associazioni che, oltre a
operare quotidianamente nei campi della cooperazione internazionale, della tutela
ambientale, dei diritti di cittadinanza, del pieno riconoscimento della dignità del
lavoro, della promozione di modelli economici etici e solidali e dello sviluppo di forme
di convivenza multietniche, non sono affatto distratte e tanto meno indifferenti ai temi e
ai problemi del G8. Gli uni e gli altri, i cittadini normali e le organizzazioni non
profit, hanno subito in queste settimane un singolare oscuramento.
La partita di Genova sembra ormai una sacra rappresentazione, con tutti i riti del caso,
tra il Governo e la Polizia da una parte e le tute bianche e Agnoletto dall'altra. Nulla
di più inverosimile e fuorviante. Per rompere questa trappola mediatica, svelare questa
distorsione e parlare dei temi chiave del futuro del mondo, una quarantina di associazioni
cattoliche hanno deciso di prendere parola lanciando un'iniziativa comune per oggi e
domani, 7 e 8 luglio, proprio a Genova.
Volontà di contrapposizione? Verso chi non esclude l'uso di forme violente di protesta,
sicuramente sì. Dialogo e collaborazione invece con tutti coloro che sono sinceramente
interessati perché i signori del G8 si decidano finalmente a varare alcune misure
decisive per le sorti del pianeta e per il diritto alla vita dei più poveri:
cancellazione di tutto il debito dei 41 paesi ad alto indice di povertà; stanziamento
dello 0,7% del Pil dei paesi sviluppati (stiamo a meno della metà) per un fondo per la
lotta alla povertà globale; interventi decisivi per fermare l'effetto serra; ratifica
entro il 2002 degli accordi di Kyoto; introduzione della Tobin tax contro le speculazioni
monetarie e finanziarie; diminuzione del 20% delle spese militari entro il 2002;
disponibilità effettiva per tutti coloro che sono affetti dall'Aids, dei medicinali
indispensabili per curarsi e guarire.
Altro che zone gialle, aree offlimits, servizi segreti, cecchini, addestramento
antirepressione, tute bianche,...
I temi da mettere in prima pagina sono i primi, non i secondi. Sono temi concretissimi che
richiamano le responsabilità dei signori del G8, ma altresì quelle dei cittadini, della
gente normale, dell'uomo della strada.
Bisogna protestare e gridare se serve per farsi sentire ma anche rimboccarci le maniche,
cambiare stile di vita e assumersi responsabilità. I signori del G8 sono i nostri
governanti, eletti nei rispettivi paesi, in modo democratico. Vigilare attraverso la
mobilitazione dell'opinione pubblica è un dovere di ogni cittadino nonché un principio
di vitalità della democrazia. Ma tra i popoli ricchi ci siamo anche noi. Non si tratta di
dare di più, ma di prendere di meno. Ci sono molte cose che possiamo fare subito: da
consumi più sobri al commercio equo e solidale; dal sostegno a progetti di microsviluppo
a forme di risparmio etico.
A Genova, il oggi e domani daremo voce a tutto questo mondo e allo stesso tempo alzeremo
la nostra voce perché le responsabilità dei "Grandi" siano chiare a tutti.
Perché un altro mondo è possibile e il futuro dell'umanità dipende non solo dai signori
del G8 ma anche da noi.
(L'autore è presidente delle Acli) |