Corriere della sera 26 giugno 2001

L’appello del Global Forum ai cittadini: «Adottate un manifestante»


Rita Negro vedova e casalinga: «L’ho già fatto ed è andata bene. Portavano anche fuori il cane»

DAL NOSTRO INVIATO
GENOVA - E se, al tempo del G8, i genovesi, invece di fuggire dalla città assediata, si prendessero cura dei contestatori? «Bando alle diffidenze, aprite le vostre case, e adottate un manifestante».
L’appello - quasi un paradosso, se si considera che l’equazione ribelle=babau è praticamente riuscita - esce dal pensatoio del Genoa Social Forum, e viene lanciato in Rete. Con tanto di recapito telefonico e indirizzo telematico ( genoa-g8.org ), come pro-memoria per uomini, donne, famiglie, associazioni, parroci, generosi e dialoganti.
«Non ci facciamo illusioni - osserva il pacifista Carlo Schenone -. Le adesioni non saranno massicce. Amen. La minoranza sensibile si farà viva. Sa che le dico? Se non fosse per il carattere diffidente di molti genovesi, sono convinto che l’operazione potrebbe avere maggior successo». «Lo scorso maggio, durante l’incontro internazionale del Gsf, le risposte furono un centinaio. Per il Vertice di luglio? Mille sarebbe un trionfo», si entusiasma l’ex boy scout.
Intendiamoci, la campagna «adottate un nonno» non è esattamente la stessa cosa. Accogliere sotto il proprio tetto i ragazzi con lo zaino che invadono Genova per rompere le scatole a Bush e soci può apparire quasi un gesto eroico. Bisogna proprio essere convinti della causa per dividere camere, bagni, sudori estivi con il popolo di Seattle. «Ma no, sono solo pregiudizi - dice Rita Negro, 57 anni, vedova, casalinga, figli adulti che vivono fuori casa -. Ho già fatto questa esperienza, e le assicuro che è andato tutto liscio. Ho ospitato quattro giovani, una studentessa e un’infermiera di Milano, uno studente di Sassari, un impiegato di Modena. Eccezionali, affettuosi, collaborativi. Portavano fuori il cane, mi hanno aiutato nelle faccende domestiche. I momenti più belli erano quelli delle chiacchiere serali. Valentina e Laura, che avevano manifestato a Praga, mi hanno raccontato un sacco di cose. Abbiamo ragionato, discusso su violenza e non violenza, ingiustizie, diritti». «A luglio rifarò l’esperienza - assicura la signora Rita -. Ho già risposto all’appello. Essere cattolici significa anche questo».
Una goccia nell’Oceano. I manifestanti anti-global, secondo le previsioni, saranno 150, 200 mila. Attendati sulle alture della città (i centri sociali annunciano che i campeggi verranno allestiti ai primi di luglio), ammassati negli stadi, in scuole, palestre, ex manicomi, o chissà dove, se l’operazione-accoglienza non andrà per il verso giusto.
L’élite fortunata degli «ospitati in casa» potrà invece contare su un soggiorno senza imprevisti. La macchina della solidarietà, oltre alle famiglie, tocca associazioni laiche e cristiane, parrocchie. Non timorose di «sporcarsi le mani» con coloro che, da più parti, vengono definiti in blocco eco-teppisti. «So di alcuni conventi che metteranno a disposizione cortili e giardini per gli accampamenti dei manifestanti - racconta Andrea Bertonasco, 28 anni, insegnante di Lettere, militante di Mani Tese -. Anch’io e mia sorella divideremo il nostro appartamento. Per qualche notte, ci adatteremo in una camera, e lasceremo l’altra ai nuovi venuti. Il mio amico Tommaso che sta ad Albaro con i genitori prevede di prendersi 3 o 4 persone». Come ci si regola, in questi casi, con le spese? «Beh, il papà di Tommaso è un medico, e non avrà difficoltà ad accollarsi tutto - spiega Andrea -. Per me, è un po’ diverso. Socializzeremo le risorse e faremo la spesa. A maggio, ce la siamo cavata con giganti spaghettate». «A parte l’alloggio e il vitto - continua - daremo assistenza nell’illustrare la logistica della città, e forniremo tutte le informazioni utili a chi viene da fuori. Specie se è straniero».
«Occorre svelenire il clima, smetterla con i foschi presagi - proclama Ugo Montecchi, 63 anni, ex dipendente dell’Italimpianti Finsider, sindacalista di lungo corso, marxista doc -. Un modo per farlo è anche quello di diffondere la cultura dell’ospitalità casalinga. I contestatori non sono mostri. Su, su, genovesi, non fatela difficile. Aprite le vostre case. La mia? già fatto».
Montecchi chiude con un cenno storico: «Ai tempi della Repubblica Marinara, in questa città i nobili aprivano i loro palazzi alle genti del Mediterraneo. Perfino ai musulmani. "Gh’eivan, cumme se dixe a Zena, a söe cunveniensa...". Ai tempi della contestazione, la convenienza è il confronto con il mondo».
Marisa Fumagalli