Manifesto 8 luglio 2001 Spezziamo l'assedio
ALESSANDRO DAL LAGO - SANDRO MEZZADRA
Con l'avvicinarsi del 18 luglio, Genova assomiglia sempre di più a una
fortezza da cui i difensori fanno di tutto per allontanare i villani, gli indesiderati, i
civili. I mendicanti che vedevamo rannicchiati sotto logge e portoni si sono
misteriosamente diradati; gli stranieri diminuiscono a vista d'occhio nelle strade, mentre
per i vicoli sciamano manipoli in divisa e in borghese delle nostre numerose polizie. Si
vedono dovunque fiamme e coccarde ben note, ma anche divise nuove e sportive, modello Fbi,
e soprattutto gruppi di giovani animosi con acconciature e orecchini improbabili. Gli
abitanti della zona rossa sono quotidianamente visitati da pattuglie che esibiscono
dialetti di tutta Italia e il campionario inevitabile di una polizia di massa: imbarazzi,
piccole cortesie, ma anche ceffi e qualche protervia. Si individuano le postazioni dei
cecchini. Nuche rasate e guance arrossate fanno capire che qui circolano polizie di ogni
dove. Di notte, il centro è circondato da reticoli di blocchi, le volanti si insinuano
nei caruggi. Si controllano i documenti dei passanti. Sembra anche che qualche screzio sia
nato tra pattuglie che non si conoscono e si chiedono reciprocamente i documenti.
In tutto ciò non c'è nulla di folcloristico. Questa città è soffocata, come se una
concentrazione di poteri dello stato volesse sperimentare il controllo totale di un
territorio circoscritto. E non parliamo solo dei disagi attuali e soprattutto prevedibili
degli abitanti: movimenti difficili, istituzioni sospese, tombini saldati al suolo (e se
piove?), gas sospeso, ascensori sigillati. Parliamo delle perquisizioni diffuse, e non
solo di quelle finite sui giornali. Dei fermi di giornalisti, dei sequestri di libri e
documenti, del nervosismo che si avverte visibilmente tra le migliaia di tutori
dell'ordine. Impercettibilmente si assiste a un'erosione delle libertà civili, che
troverà il suo acme nei tre giorni del vertice.
Un'erosione che ci sembra preoccupante proprio per il suo valore sperimentale, per il
futuro che lascia immaginare. E ci colpisce, anche se non ne siamo stupiti, il silenzio
della giunta di centrosinistra che governa questa città, ansiosa solo di mettere in
mostra i lavori che ha realizzato con i donativi dello stato, che ora colonizza la vita
quotidiana dei cittadini.
Abbiamo raccolto queste preoccupazioni in tutto il mondo che parteciperà alla
mobilitazione contro il G8: un mondo eterogeneo, fatto di moltitudini irrequiete e
riottose a ogni disciplinamento, di centri sociali e pacifisti, di lavoratori e
ambientalisti, di volontariato cattolico e laico, di studenti e immigrati. Il terminale
locale di un movimento globale che negli ultimi due anni ha avviato una vera e propria
rivoluzione nel modo di intendere la politica, tra l'indifferenza e le pensose alzate di
ciglia di tanti dirigenti delle forze tradizionali di sinistra. Circola un'aria nuova
all'interno di questo mondo, un entusiasmo che non si respirava da tempo, la convinzione,
avvertibile nell'emozione dei giovanissimi alla prima esperienza di assemblee e cortei ma
anche nella rinnovata determinazione di tanti "veterani", che sì, detta con
estrema semplicità, un altro mondo è effettivamente possibile. Ma circolano anche, come
si diceva, preoccupazioni crescenti: per i doppi giochi del governo, per gli eserciti che
qui mostrano i muscoli, per i troppi e indecifrabili centri decisionali, per l'aria di
rivincita su una sinistra riottosa che si legge sui volti dei difensori dei potenti.
Mentre il movimento cerca di comporre la pluralità delle sue anime, impegnandosi -ora con
maggiore ora con minore successo - nella sperimentazione di nuove forme di democrazia
radicale, i segnali inquietanti che giungono dai poteri alludono alle vere incognite che
gravano sulle prossime manifestazioni genovesi. Per parte nostra, vorremmo ricordare che,
tra quanti vi parteciperanno, c'è una categoria che rischia di più. Si tratta dei
migranti, in arrivo a Genova dall'Italia e dall'estero, che intendono lottare
pacificamente per i loro diritti, per la libertà di circolazione e di lavoro. Donne e
uomini che rivendicano politicamente il diritto all'esistenza civile; persone che
tenteranno coraggiosamente di esserci, anche se prive di permesso di soggiorno, e altre
che non avranno timore, se ce l'hanno, di rischiarlo. E' un segnale forte quello che
giunge dalla decisione di aprire le mobilitazioni contro il vertice con una grande
manifestazione di migranti: i movimenti migratori, le cui traiettorie si sono dipanate
negli ultimi decenni nel solco di quel rifiuto del principio del confinamento che ha
animato le lotte anti-coloniali, sono stati in realtà uno straordinario laboratorio di
quella "globalizzazione dal basso" che i popoli di Seattle e di Porto Alegre, di
Quebec City e di Göteborg hanno tentato di immaginare e di costruire. Una presenza di
massa dei migranti alle iniziative contro il prossimo vertice dei G8 è a nostro avviso il
contributo più importante che il "popolo di Genova" può dare allo sviluppo del
movimento per una globalizzazione dei diritti e delle lotte.
Per garantire questo contributo, per disinnescare la tensione e per disarmare
pacificamente le armate dei potenti, è necessario che noi, titolari dei diritti civili e
politici, partecipiamo numerosi il 19 luglio alla manifestazione internazionale dei
migranti organizzata dal Genoa Social Forum. Ma è anche indispensabile che chi ha
qualcosa da mettere in gioco -un nome, una carica, una visibilità -sia pubblicamente e
concretamente dalla loro parte: parlamentari, intellettuali, artisti e chiunque altro non
si sia rassegnato. La loro presenza sarà un ostacolo, una dissuasione, per quanto
possibile, alla voglia di manganello che pochi giorni fa si è abbattuta su lavoratori
licenziati di Genova, come si è già abbattuta sui manifestanti di Napoli e sugli
immigrati di Roma. Questo è il messaggio che proponiamo da questa città in cui inizia lo
stato d'assedio.
Un'erosione che ci sembra preoccupante proprio per il suo valore sperimentale, per il
futuro che lascia immaginare. E ci colpisce, anche se non ne siamo stupiti, il silenzio
della giunta di centrosinistra che governa questa città, ansiosa solo di mettere in
mostra i lavori che ha realizzato con i donativi dello stato, che ora colonizza la vita
quotidiana dei cittadini.
Abbiamo raccolto queste preoccupazioni in tutto il mondo che parteciperà alla
mobilitazione contro il G8: un mondo eterogeneo, fatto di moltitudini irrequiete e
riottose a ogni disciplinamento, di centri sociali e pacifisti, di lavoratori e
ambientalisti, di volontariato cattolico e laico, di studenti e immigrati. Il terminale
locale di un movimento globale che negli ultimi due anni ha avviato una vera e propria
rivoluzione nel modo di intendere la politica, tra l'indifferenza e le pensose alzate di
ciglia di tanti dirigenti delle forze tradizionali di sinistra. Circola un'aria nuova
all'interno di questo mondo, un entusiasmo che non si respirava da tempo, la convinzione,
avvertibile nell'emozione dei giovanissimi alla prima esperienza di assemblee e cortei ma
anche nella rinnovata determinazione di tanti "veterani", che sì, detta con
estrema semplicità, un altro mondo è effettivamente possibile. Ma circolano anche, come
si diceva, preoccupazioni crescenti: per i doppi giochi del governo, per gli eserciti che
qui mostrano i muscoli, per i troppi e indecifrabili centri decisionali, per l'aria di
rivincita su una sinistra riottosa che si legge sui volti dei difensori dei potenti.
Mentre il movimento cerca di comporre la pluralità delle sue anime, impegnandosi - ora
con maggiore ora con minore successo - nella sperimentazione di nuove forme di democrazia
radicale, i segnali inquietanti che giungono dai poteri alludono alle vere incognite che
gravano sulle prossime manifestazioni genovesi. Per parte nostra, vorremmo ricordare che,
tra quanti vi parteciperanno, c'è una categoria che rischia di più. Si tratta dei
migranti, in arrivo a Genova dall'Italia e dall'estero, che intendono lottare
pacificamente per i loro diritti, per la libertà di circolazione e di lavoro. Donne e
uomini che rivendicano politicamente il diritto all'esistenza civile; persone che
tenteranno coraggiosamente di esserci, anche se prive di permesso di soggiorno, e altre
che non avranno timore, se ce l'hanno, di rischiarlo. E' un segnale forte quello che
giunge dalla decisione di aprire le mobilitazioni contro il vertice con una grande
manifestazione di migranti: i movimenti migratori, le cui traiettorie si sono dipanate
negli ultimi decenni nel solco di quel rifiuto del principio del confinamento che ha
animato le lotte anti-coloniali, sono stati in realtà uno straordinario laboratorio di
quella "globalizzazione dal basso" che i popoli di Seattle e di Porto Alegre, di
Quebec City e di Göteborg hanno tentato di immaginare e di costruire. Una presenza di
massa dei migranti alle iniziative contro il prossimo vertice dei G8 è a nostro avviso il
contributo più importante che il "popolo di Genova" può dare allo sviluppo del
movimento per una globalizzazione dei diritti e delle lotte.
Per garantire questo contributo, per disinnescare la tensione e per disarmare
pacificamente le armate dei potenti, è necessario che noi, titolari dei diritti civili e
politici, partecipiamo numerosi il 19 luglio alla manifestazione internazionale dei
migranti organizzata dal Genoa Social Forum. Ma è anche indispensabile che chi ha
qualcosa da mettere in gioco - un nome, una carica, una visibilità - sia pubblicamente e
concretamente dalla loro parte: parlamentari, intellettuali, artisti e chiunque altro non
si sia rassegnato. La loro presenza sarà un ostacolo, una dissuasione, per quanto
possibile, alla voglia di manganello che pochi giorni fa si è abbattuta su lavoratori
licenziati di Genova, come si è già abbattuta sui manifestanti di Napoli e sugli
immigrati di Roma. Questo è il messaggio che proponiamo da questa città in cui inizia lo
stato d'assedio.
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