La Repubblica 30 giugno 2001

Il presidente dà i voti e avverte
"Sul summit rischiamo la faccia"
Berlusconi dopo il giro in città: "Cambiate quello che non va". Tra una settimana tornerà a controllare

STEFANO MARRONI


GENOVA - Berlino lo ha scoperto presidenteoperaio, Parma presidenteimprenditore, Roma volta a volta contadino, commerciante e artigiano. Ma anche a Genova Silvio Berlusconi riserva un volto inedito di sé. Perché all'ombra della Lanterna veste con scrupolo i panni dell'arredatore, il presidente del Consiglio. Qui vuole più fiori, «sarebbero perfetti dei geraniedera», lì esige meno insegne, qua apprezza il restauro, là storce il naso dinanzi alle antenne tv che infestano i tetti. Ha insomma un sacco di cose da dire e molti consigli da dare, per fare più bella la città. E così alla fine del suo primo sopralluogo sul terreno è fitto fitto il cahier de doléances che Umberto Vattani riempie verbalizzando passo passo le impressioni del Cavaliere. Tra una settimana, dieci giorni al massimo, Berlusconi tornerà a controllare di persona se le sue indicazioni saranno state seguite. E sarà meglio di sì, fa capire a ministri e dignitari: «Bisogna accelerare. Qui, cari signori - dice prima di prendere la strada di Macherio - è in gioco l'immagine dell'Italia...».
Delle paure per l'arrivo di dimostranti in tuta bianca o nera, onestamente, nessuno sembra preda, mentre il serpente di auto generato dall'arrivo del Cavaliere si snoda per le strade di Genova. L'effettoGoteborg ha lasciato il segno su poliziotti e carabinieri così irragionevolmente aggressivi da far venire voglia di menare le mani anche a un santo. Ma per ora, 29 giugno 2001, di tutto sembra preoccupato meno che della sua sicurezza, il presidentearredatore. E anche Claudio Scajola «sembra molto sereno», confida il collega Pietro Lunardi, che da tecnico sprizza ammirazione per i lavori alla Stazione marittima, ma ha una sua proposta anche per l'ordine pubblico: «Come primo provvedimento, io proibirei alla gente di andare in giro mascherata. Chi ha voglia di fare casino abbia almeno il coraggio di mostrare la faccia...».
Per adesso, invece, a mostrare la faccia al sole è Genova. Che è ancora immersa nei suoi cantieri ma è splendida attorno a San Lorenzo, e persino irreale nella perfezione del trompel'oeil di Palazzo San Giorgio. Così bella che Giuseppe Pericu confida che «comunque vada, noi abbiamo fatto bingo», e fa spallucce se gli chiedi come si senta, con una gatta come il G8 da pelare: «Spero che sia come la scarlattina, e alla fine passi...».
Berlusconi, invece, così contento non è. Per esempio del restauro della Prefettura, che non gli pare all'altezza della situazione. E dell'aspetto di piazza Matteotti, quella su cui si esce da Palazzo Ducale. «E' un bel problema», è la diagnosi del Cavaliere, che se la guarda prima dall'alto, affacciato con Vattani a una finestra del terzo piano da cui si ritrae spolverandosi le mani. E poi dal basso, spalla a spalla col sindaco. Risultato, una richiesta secca di dipingere l'ultimo edificio a destra («Così scrostato è una vergogna»), di alleggerire la facciata anni ‘60 della questura eliminando «almeno quelle tende orribili», di sfoltire le ressa di cartelloni pubblicitari: «Non mi piacciono, non è uno spettacolo da offrire ai nostri alleati quando usciranno da qui».
Su Palazzo Ducale in sé, invece, nemmeno un perfezionista come lui ha niente da eccepire, salvo magari per qualche fiore sul loggiato. Ma la sala del Consiglio maggiore, quella che ospiterà il summit, quasi gli strappa gridolini di ammirazione: come la vista su piazza De Ferrari, che «ha un bel respiro» anche se il lavoro non è ancora finito, e la Stazione marittima restaurata ad arte da Luigi Sturchio, anche se a Berlusconi non è andata a genio, perché «non c'entra niente», l'esposizione della barca con cui Genova corre le sue regate d'epoca contro Venezia, Amalfi e Pisa. È finita anche lei nel libro nero di Vattani. Insieme alla sala del centro stampa dove il Cavaliere si concederà alle tv. Matura lì, la sosta più lunga. E anche il verdetto più secco: «Così proprio non va...».