Manifesto 28 giugno 2001 Al
"bar clandestino"
Genova, idee e concerto di Manu Chao. Parla
don Gallo
AUGUSTO BOSCHI - GENOVA
Manu Chao a Genova ci arriva la notte prima del concerto, e ad
accogliere il migrante dalle cento lingue c'è qualcuno che di gente che vive tra una
frontiera e l'altra se ne intende. Don Andrea Gallo, il fondatore della comunità di San
Benedetto al Porto. I due non parlano gli stessi idiomi, ma si capiscono benissimo: e se a
Milano la sorpresa erano state le tute bianche sul palco, a Genova toccherà proprio a don
Gallo esprimere il pensiero degli esclusi dai grandi giochi. Alle 18 sono già 10mila i
biglietti staccati per la serata inaugurale del Boa Goa Festival. C'è un sole che
arroventa l'asfalto e rende l'aria quasi irrespirabile, a Campi: un piazzale disadorno
circondato dai resti di un passato industriale che la storia non ha cancellato del tutto:
capannoni, edifici vuoti con le finestre senza vetri in attesa di demolizione. Tocca agli
Orobians, alla Spasulati band e agli Spaccanapoli iniziare la festa davanti a un pubblico
in attesa dell'evento clou. Si vedono magliette zapatiste, ci sono bandiere rosse con
l'effige del Che a ricordare che sarà pure un concerto, ma la presenza di Manu Chao a
Genova, adesso, è qualcosa di più. Un paio di ragazzi distribuiscono volantini che
confermano l'occupazione del campo del Lagaccio il 4 luglio. A festeggiare l'evento
arriveranno i 99 Posse. La musica fila via in un crescendo di energia e di coinvolgimento.
Passano le canzoni di Clandestino, ci si chiede se Manu dirà qualcosa. Se spiegherà
perché ha voluto questa data che non era stata stata prevista, se dirà le sue ragioni
contro il G8 e la globalizzazione.
Lo farà, ma nel modo che conosce: cantando, senza la presunzione di rappresentare
qualcuno se non se stesso. Lascia ad altri il compito di dire, e a metà spettacolo la
musica si interrompe, una sedia viene portata in mezzo al palco e Don Gallo, sciarpa rossa
al collo e l'immancabile toscano tra le labbra, prende posto: "Mi ricorderò sempre
di questo momento", dice ai più di 20mila ragazzi "in tutta la mia vecchiaia
non lo scorderò mai. Visto che nessuno ancora ha provveduto all'accoglienza vostra e di
chi verrà qui a dire di no, abbiamo pensato di organizzare un punto di ristoro durante il
G8. Manu Chao è entusiasta dell'idea, lo chiameremo il "bar clandestino". I
potenti della terra pensano che il mondo sia loro e vogliono decidere per tutti. E'
importante che ci siate tutti, a migliaia, qui, a dire No. I credenti a dire che la terra
è di Dio; i non credenti che la terra è di tutti. Voglio fare un appello ai
genovesi", continua don Gallo, "perché non se ne vadano dalla città. Stanno
creando un clima di terrore per lasciare Genova in mano agli otto grandi: siate presenti,
tutti! E il sindaco, da primo cittadino, sia il primo a non lasciarci soli. Il mio
cardinale e vescovo, monsignor Tettamanzi, mi ha già assicurato che non se andrà. Mi
appello ai sindacati perché non tergiversino come hanno fatto finora e si uniscano a noi.
Vogliamo avere la possibilità di dire di no e in democrazia non esistono zone rosse,
gialle e verdi". Poi don Gallo si ferma un attimo, afferra la sciarpa: "Hasta la
victoria siempre", grida, facendola roteare sopra la testa accompagnato dal boato
della folla.
Il concerto finisce, ma Manu Chao tornerà: non per cantare, ma per mischiarsi alle decine
di migliaia che il 19 scenderanno in strada nella grande manifestazione contro il G8.
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