Corriere della sera 9 luglio 2001
Paesi
poveri, speranza dai cibi biotech
LOnu ottimista sullo
sviluppo: «Primi segnali di crescita dal Terzo Mondo»
- Chi ha fame non mangia computer. Ma sul «cibo di Frankenstein» potrebbe campare.
Dannati in Occidente, i cibi biotech potrebbero rivelarsi una manna per i Paesi in via di
sviluppo, per quel miliardo e 200 milioni di persone che vivono con un dollaro al giorno
(circa duemila lire). Non lo dicono le multinazionali, ma le Nazioni Unite. E stato
ieri il New York Times , citando il rapporto del Programma mondiale dellOnu
per lo sviluppo (Undp) che sarà presentato domani a Città del Messico, a lanciare nel
piatto del popolo di Seattle una manciata di riso geneticamente modificato: perché se i
consumatori dei Paesi occidentali, Europa in testa, «pensano soprattutto alla sicurezza e
alla biodiversità», ai contadini delle aree povere le colture Ogm «offrono i mezzi per
aumentare la resa dei raccolti e il valore nutrizionale dei cibi».
Sviluppo e tecnologia dovrebbero essere tra i temi forti del G8 di Genova. Al vertice dellanno
scorso, a Okinawa, gruppi anti-global presero di mira i progetti tesi a introdurre
la «new economy» nei Paesi poveri. Simbolicamente, bruciarono un computer portatile
sulla spiaggia. Che senso ha parlare di e-commerce ai 325 milioni di ragazzi che
non possono andare a scuola? Una beffa. Come sembra una beffa il titolo scelto ieri dal
settimanale britannico Observer per anticipare il rapporto dellUndp: «Il
boom del Terzo Mondo aumenta le speranze per battere la povertà».
«Garibi hatao», abolire la povertà: con questo slogan nel 1971 Indira Gandhi dava una
scossa allIndia e ai i Paesi in via di sviluppo. Qual è il bilancio, trentanni
dopo? Ecco alcune cifre, per chi si accontenta di vedere il bicchiere mezzo (un terzo, un
quarto) pieno.
ACQUA E MORTE - Nel 1970 era analfabeta il 53% dellumanità: oggi il 27%. Le
famiglie delle zone rurali che hanno accesso allacqua potabile è quintuplicato: ce
lhanno oggi 8 su 10. Vita media globale: 66,4 anni (nel 70 era 59,9). Laspettativa
di vita è cresciuta più rapidamente nei Paesi poveri (di 12 anni nellAsia
orientale, di 14 nei Paesi Arabi). E diminuita nei Paesi dellEuropa dellEst
dopo il 1989 e in Africa (per lAids). In America Latina, il numero dei bambini che
muoiono prima di aver compiuto un anno è calato di due terzi (al livello in cui erano i
Paesi ricchi nel 1970). NellAfrica sub-sahariana di un terzo.
REDDITO E DEMOCRAZIA - Nel 90 nei Paesi poveri il 29% della popolazione viveva con
meno di un dollaro al giorno. Oggi è il 24%. In India l85% della popolazione vive
con due dollari quotidiani. In Africa la percentuale resta inchiodata al 46%. Dal 1990 a
oggi almeno 100 Paesi si sono liberati di dittature e regimi a partito unico.
SVILUPPO E TECNOLOGIE - Lindice di sviluppo umano, combinazione di fattori non solo
economici che fotografa la qualità della vita in 162 Paesi del mondo, dal 1975 a oggi è
passato da «medio-basso» a «medio alto». Al primo posto la Norvegia, seguita da
Australia e Canada (lItalia è ventesima). In coda, Niger e Sierra Leone (sugli
ultimi 36, 29 sono africani). Sviluppare le nuove tecnologie in Niger dove solo l8%
delle donne sa leggere: una beffa? Per Mark Malloch Brown, responsabile dellUndp, è
una necessità. E unoccasione per diminuire il divario Nord-Sud: «Le donne che
vendono amache via Internet da una foresta della Guyana indicano la strada del futuro».
INEGUAGLIANZA - I ricchi diventano più ricchi più velocemente dei poveri. Ci sono 7,2
milioni di persone nel mondo che hanno più di un miliardo di lire (nel 97 erano 5
milioni): nelle loro mani hanno un terzo della ricchezza globale.
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Michele
Farina |
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