Manifesto 28 giugno 2001 COMMENTO
Scopriamo le carte del governo
FABIO LUCCHESI *
Sotto i riflettori dei media il ministro degli Esteri Ruggiero, abile
navigatore nelle acque del commercio internazionale, e il presidente del Consiglio
Berlusconi, in versione liberal, dicono di essere pronti ad aprire alle ragioni della
contestazione in vista del G8 di Genova. Come sanno bene i due esponenti del nuovo governo
l'apertura è del tutto strumentale a meno di un mese dall'avvio di un summit che non ha
alcuna legittimità. Ma, visto che ci siamo, proviamo a prenderli sul serio e scopriamo le
carte. Berlusconi ha ribadito il suo impegno sulla cancellazione del debito. Una legge in
Italia c'è già, ed è stata approvata dal parlamento il 25 luglio 2000. E' frutto della
mobilitazione della campagna Sdebitarsi e del Comitato ecclesiale, che fanno
riferimento al movimento globale di Jubilee 2000, oggi Drop the Debt
(Cancella il debito), che in tutto il mondo ha raccolto qualcosa come 24 milioni di firme.
La legge è buona, ma quali sono i problemi? Punti di forza della normativa voluta dalla
società civile sono: l'allargamento dei paesi beneficiari sino ad 80 stati, superando il
tetto dei 40 cosiddetti "paesi più poveri" individuati dalla Banca mondiale e
dal Fondo monetario internazionale; la possibilità da parte dell'Italia di avviare
un'azione autonoma rispetto a quelle concertate a livello internazionale. Il problema è
che l'Italia deve ancora dimostrare di avere il coraggio di incidere sui meccanismi di
formazione del debito e di perseguire in tempi certi gli obiettivi della legge, non
nascondendosi dietro la vischiosa formalità dei rapporti multilaterali. L'Italia è al
mondo il quinto paese creditore, la parte del leone la fanno gli Stati uniti, il Giappone,
la Francia e la Gran Bretagna. Nell'ambito del G8 di Colonia, nel 1999, è stato assunto
l'impegno per cancellare solo l'1% di quei 2500 miliardi di dollari cui è arrivato oggi
complessivamente il debito: uno schiaffo in faccia a chi per ogni dollaro prestato deve
restituirne 13 di interessi.
Berlusconi, infine, ha rischiato il suo primo scivolone sull'applicazione dei Protocolli
di Kyoto per la diminuzione dei gas serra. Negli scorsi giorni era stata accreditata
l'idea che il presidente del Consiglio fosse allineato sulle posizioni del presidente
americano Bush, che aveva dichiarato di non riconoscere i Protocolli e presentato un piano
energetico che comporterà nei prossimi 20 anni un aumento di oltre il 35% delle
emissioni. Al momento del suo insediamento il presidente del Consiglio ha detto che i
patti vanno mantenuti. Sappia però che l'obiettivo al 2008-2012 di riduzione del 6,5%
delle emissioni rispetto al 1990, che il nostro paese persegue, se più ambizioso del 5,2%
stabilito a livello mondiale, è ben poca cosa rispetto a quel 60-80% di riduzione delle
emissioni che gli scienziati ritengono necessaria per impedire che la febbre del pianeta
salga di 3-6 gradi centigradi nei prossimi 100 anni.
Come si può facilmente vedere, le formulette neoliberiste non consentono di governare la
globalizzazione. Attendiamo Berlusconi alla prova dei fatti, per capire quale ruolo voglia
giocare il nostro paese sul piano interno e internazionale anche al di là dell'episodio
del G8.
* Rete Lilliput
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