La Stampa 3 luglio 2001
Le proposte degli anti-global saranno discusse alla Camera
Francesco Grignetti
ROMA Dopo tanto ottimismo che era seguito agli incontri tra governo e movimento anti-globalizzazione, è il momento delle inquietudini. Il dialogo inevitabilmente segna uno spartiacque: tra chi ci sta e chi no. Il ministro Franco Frattini, ad esempio, è moderatamente ottimista: «Non smetto di considerare i pericoli che ci sono. Spero si sia sminata la pericolosità che c’era prima della visita del presidente del consiglio». Il portavoce del Gsf Vittorio Agnoletto ieri segnalava per l’ennesima volta: «A Genova non prevediamo nessuna violenza, anche se organizzeremo manifestazioni di disubbidienza civile. Ma non ci riterremo responsabili di violenze commesse da altri».
Gli «altri» sono appunto il timore principale di tutti, Gsf e governo. Si sa che a Genova confluiranno contestatori pacifici e folkloristici, ma anche quelli violenti dell’area anarco-insurrezionalista, gli «spaccavetrine».
C’è poi l’anima più radicale del Gsf che stenta a digerire l’accordo con il governo. Luca Casarini, portavoce delle Tute Bianche, annuncia per oggi una lettera aperta. «Stiamo riflettendo. E’ fuori discussione l’unità del Gsf». Si sa, però, che vanno all’assemblea plenaria del Gsf con intenzioni polemiche. I sindacati di base Cub, a loro volta, non accettano il divieto di manifestazione a Ponente. «Manifesteremo nella zona proibita».
Un altro che contesta è Marco Ferrando, della minoranza interna a Rifondazione. Insiste sul «boicottaggio attivo» del vertice e sogna di trasformare l’appuntamento di Genova in «nuovo luglio ‘60». Berlusconi come Tambroni? «Vedo piuttosto una trappola - dice Ferrando -. Il Gsf è tutto soddisfatto che il governo li legittimi. Addirittura invita Ruggiero al controvertice. Per noi, come comunisti nel movimento, le manifestazioni dovrebbero invece fare da innesco per una opposizione radicale e di massa che porti allo sbocco del ‘94. Cioè alla cacciata di Berlusconi dal governo».
La minoranza interna a Rifondazione è molto incisiva nell’organizzazione giovanile del partito. Puntualmente Peppe De Cristofaro, segretario dei Giovani Comunisti, ha annunciato che «comunque», dialogo o no, cercheranno di forzare la zona rossa. «E’ probabile che ci sarà una reazione da parte delle forze dell’ordine, ma noi siamo lì per prenderle, non per darle».
Sempre ieri, come assaggio delle alleanze strette sul campo, anti-globalizzazione quelli di «Sud ribelle» (Giovani comunisti, centri sociali e disoccupati organizzati) hanno organizzato in diverse città meridionali l’occupazione di agenzie di lavoro interinale. E’ iniziata infatti la campagna «L’uomo non è un cacciavite». Promettono di chiudere con i loro attivisti le agenzie di lavoro interinale di Genova dal 15 al 22 luglio.
In Parlamento, intanto, oggi potrebbe decollare il dialogo tra capigruppo e movimento che era stato prospettato da Pier Ferdinando Casini nei giorni scorsi e che il Gsf aveva colto al volo. In Aula è previsto il dibattito sulle mozioni che i partiti stanno predisponendo. La Casa delle libertà ne sta scrivendo una unitaria e si pensa addirittura di arrivare a un testo «bipartisan» tra Ulivo e Cdl. Subito dopo i capigruppo potrebbero mettere in calendario alcune proposte di legge (sull’Aids, sulla riduzione del debito, sulla cooperazione internazionale) che vanno incontro alle proposte lanciate dal vasto movimento antiglobalizzazione. La Caritas italiana, anche ieri, ha insistito che «i governi ricchi si sentano responsabili» e che la «questione più importante è la cancellazione del debito».