Corriere della sera 18 giugno 2001

 
Vertice, caccia al colpevole per i ritardi

Genova, ancora da definire misure di sicurezza e accoglienza. Sindaco e prefetto: da Roma solo caos

DAL NOSTRO INVIATO
GENOVA - L’unica certezza è il colpevole. Dovesse andar male (disagi e disordini), a Genova hanno già deciso di chi sarà la responsabilità: del ministro per il G8, Achille Vinci Giacchi, e della struttura di missione da lui presieduta, incaricata di preparare il vertice. Il presidente della Regione Liguria, Sandro Biasotti (Fi): «Questa struttura di missione è l’ultimo debole anello di una catena debolissima che ha prodotto disorganizzazione e ritardi». Il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu (Ds): «Fin qui, la struttura di missione ha lavorato in modo discontinuo, molto discontinuo».


«RITARDI» - Non c’è mai stata grande intesa, tra le istituzioni locali e i «romani», come viene chiamata qui la struttura di missione. Incomprensioni, accuse e silenzi reciproci. La questione dell’accoglienza delle migliaia di persone che parteciperanno al vertice è ancora aperta. Tra un mese, a Genova arriveranno 1.500 delegati. Verranno sistemati sulle navi da crociera. Come e dove, ancora non si sa. I 6.000 giornalisti in arrivo dovrebbero rimanere a terra, negli alberghi della città. Piccolo dettaglio: rischiano di non avere un letto. Mauro Bolognesi, presidente dell’Associazione albergatori genovesi, annuncerà oggi il «liberi tutti»: «Finora avevamo tenuto le stanze vuote, come richiesto dalla struttura di missione. Ma adesso, ognuno faccia come vuole. E’ più di un anno che siamo in ballo, e non abbiamo ancora ricevuto nessuna conferma. Alla luce di questa disorganizzazione, non me la sento di imporre a nessuno di tenere ancora libere le stanze».


I PERCORSI - Gli altri nodi da sciogliere riguardano i percorsi delle due manifestazioni in programma durante il vertice. Quello per il corteo dei migranti (19 luglio) era già stato deciso, poi si è scoperto che «violava» la zona gialla, una delle due fasce di città off limits , e lambiva addirittura quella rossa, impenetrabile per chiunque non ci abiti o non si chiami Bush, Berlusconi, Jospin. Tutto ancora da decidere, così come un dettaglio non da poco: dove sistemare gli attivisti, gli anti G-8 non violenti. Qualcosa come centomila persone, per le quali dovranno essere allestiti - a questo punto a tempo di record - letti, servizi sanitari e igienici. Il Comune fa sapere di avere un ventaglio di soluzioni, ma che la decisione spetta ad altri. Le aree «candidate» sono l’ex ospedale psichiatrico di Quarto (a levante della città) oppure l’area industriale della ex Sanac a Bolzaneto (a ponente), vicina ad un casello dell’autostrada A7.
LA LETTERA - A conferma del clima non proprio armonioso nel quale lavorano gli organizzatori del vertice c’è anche un documento. Una lettera datata 23 maggio, protocollo 4959, indirizzata al segretario generale della Farnesina, l’ambasciatore Umberto Vattani. A scrivere è il prefetto di Genova, Antonio Di Giovine. Che, in modo garbato, si lamenta: «Sono convinto che una migliore comunicazione e un efficace coordinamento tra i due soggetti, prefetto e struttura di missione, deputati all’organizzazione del summit, avrebbero senz’altro contribuito ad evitare molte delle situazioni che ci hanno preoccupato». Di Giovine ripercorre quelli che definisce «i momenti più delicati vissuti in questi mesi»: «Ebbene, nel confermarle la mia incondizionata collaborazione - scrive - mi sento di farle presente come gli accennati problemi, alcuni dei quali, inutile nasconderlo, hanno provocato nervosismo e incomprensioni, avrebbero potuto essere evitati se quel coordinamento da sempre auspicato si fosse potuto in concreto realizzare». Di Giovine conclude: «C’è non tanto l’opportunità, quanto piuttosto la necessità, di momenti di incontro ravvicinati nel tempo, indispensabili per fare in modo che scelte e decisioni siano immediatamente e reciprocamente conosciute, quindi condivise». Solo così, afferma, «si eviteranno situazioni di imbarazzo e nervosismo, certo non utili a nessuno e tanto meno al risultato».


LA REPLICA - Il ministro per il G8, Achille Vinci Giacchi, ammette qualche difficoltà nei rapporti con la città: «A Genova si lamentano spesso, e senza molta ragione, e c’è chi non perde occasione per sottolineare i momenti di divergenza». Nega di essere in ritardo sulla tabella di marcia: «Ci sono molte cose da fare, è vero. Però manca più di un mese al vertice e l’urgenza sempre più pressante della questione sicurezza ha cambiato molte carte in tavola». E’ un uomo calmo e cortese. Usa parole pacate per rispondere a chi lo critica: «Per il vertice sarà tutto a posto. A chi mi considera un gentiluomo rimbecillito rispondo dando appuntamento a Genova per il 20 luglio. E se qualcosa andrà male, sarò io il primo a risponderne».


IL SINDACO - «Vuole fare una scommessa? Il G8 resta dov’è, non si cambia». Ma anche se dovesse arrivare il trasloco, Giuseppe Pericu giura che non perderà il sorriso. «I miei cittadini ne sarebbero felici, e qualunque cosa succederà, non si sentirebbero umiliati». C’è solo un’eventualità che potrebbe smuovere l’ aplomb dei genovesi: «Il trasferimento del vertice in un’altra città, equivalente a questa per prestigio e grandezza. Quello sì sarebbe il vero sgarbo». Perché vorrebbe dire che è proprio Genova il problema. Ma un anno di preparazione al vertice ha dato certezze. Dice il sindaco: «Dal punto di vista della sicurezza, questa città è uguale a tutte le altre, e chi la critica commette un errore». L’eventuale spostamento del summit in luoghi «riparati», zone di confine o «villaggi turistici» lo lascia indifferente: «Non avrei nulla da obiettare. E’ evidente che Genova non avrebbe a che fare con questa decisione. Sarebbe piuttosto una resa: questi vertici non si possono più fare nelle grandi città. Sarebbe l’ammissione di una sconfitta che riguarda il sistema G8, non Genova».
Marco Imarisio