Manifesto 8 luglio 2001

Tra Usa e Europa è conflitto d'interessi
G7 A ROMA Scontro tra i Grandi sui temi dell'economia in vista del G8. Solo Tremonti si dice "cautamente ottimista"
ANNA MARIA MERLO

Nessun comunicato finale e punte di nervosismo che affiorano dietro una facciata che neppure la diplomazia più avvertita è riuscita a far apparire serena. Solo Giulio Tremonti è riuscito a vedere nel G7 di ieri - riunione preparatoria del G8 di Genova - qualche elemento di "cauto ottimismo" rispetto alla ripresa dell'economia mondiale. Europa e Stati uniti si sono scontrati, accusandosi reciprocamente di mancare alle proprie responsabilità di "locomotiva dell'economia" - per la prima - e di trascinare tutti nella recessione - per i secondi. Il clima tra le due sponde dell'Atlantico è già avvelenato dalla decisione della Commissione di bloccare la fusione tra General Electric e Honeywell. Gli Stati uniti rimproverano all'Europa di non fare il proprio dovere di potenza economica, di sfuggire al ruolo di "locomotiva" che oggi potrebbe svolgere la zona euro, in particolare abbassando i tassi di interesse (la Bce ha confermato ancora a fine settimana di non voler seguire la Federal Reserve su questa china). Per il segretario al tesoro Usa, Paul O'Neill, gli Stati uniti hanno fatto tutto quello che era nelle loro possibilità, abbassando per ben sei volte il tasso di interesse e riducendo le imposte. L'Europa rifiuta di subire il diktat di Washington e risponde che il problema è altrove, che la domanda stagna anche perché i prezzi dell'energia assorbono una parte troppo alta del reddito. O'Neill si è invece felicitato con il Giappone, il cui ministro delle finanze, Masajuro Shiokawa, ha assicurato i partner del G7 sul fatto che i giapponesi "non lasceranno l'economia mondiale cadere nella recessione". Ma la riunione di ieri a Roma è stata investita da nuovi dati negativi provenienti dagli Usa: la disoccupazione cresce (più 0,1%), soprattutto aumentano le distruzioni di posti di lavoro (meno 114mila nell'ultimo mese), le statistiche degli ultimi mesi confermano che i licenziamenti sono stati moltiplicati per tre rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.
La polemica degli Stati uniti sull'immobilismo della Bce ha girato ieri il coltello nella piaga dei paesi della zona euro. Molti governi europei, difatti, non capiscono la politica della Bce. Ma il nervosismo esistente tra gli europei è venuto alla superficie nello scontro verbale tra i ministri inglese e tedesco. Secondo Gordon Brown, "il rallentamento dell'economia globale sarà probabilmente peggiore del previsto", perché il rallentamento iniziato negli Usa "non ha ancora raggiunto il suo punto più basso e adesso sta cominciando a farsi sentire in Europa, soprattutto in Germania, e in Giappone". L'affermazione ha irritato il ministro delle finanze tedesco, Hans Eichel, secondo il quale "quello che si registra nella zona dell'euro è un rallentamento della crescita. Ma non c'è ragione di essere pessimisti". Per Eichel, bisogna "vedere le cose come sono: e le cose stanno nel senso che c'è una crescita meno forte, ma c'è crescita". Il tutto, per dire con il ministro delle finanze francese Laurent Fabius che, malgrado i problemi, l'Eurolandia è la zona più robusta, rispetto a Usa e Giappone. In questo clima conflittuale, la questione del debito del terzo mondo è passata in cavalleria.