Da "Umanità Nova" n.20 del 3 giugno 2001

Criminali globali

La mossa di allarmare l'opinione pubblica italiana, europea e mondiale su un
pretestuoso legame tra movimenti di opposizione al prossimo G8 di Genova e
il terrorismo di alcuni gruppi evanescenti di cui l'impressione di primo acchito è
quella di essere plausibilmente inventati dagli stessi organi di disinformazione e
intossicazione segreti (e questa volta retti, non deviati!), o addirittura di
un'alleanza (tattica?) tra fondamentalismo islamico e popolo di Seattle per il
noto principio di realpolitik secondo il quale il nemico del mio nemico è mio
amico, rivela molte cose non sui movimenti di contestazione alla
globalizzazione, quanto sulle prossime strategie di dominio globale che il G1,
con sulla sua scia gli altri G7, Italia inclusa (e Berlusconi aspira a sostituire Blair
quale primo alleato europeo degli Usa di Bush jr.) si appresta a varare per il
l'immediato futuro e per gli scenari a più lungo termine.

Intendo riferirmi alla nuova saga delle Guerre stellari che il presidente
americano rispolvera dal suo mentore Reagan, con alcune modifiche politiche
di non poco conto, e che lo rendono più temibile proprio per questo. Infatti,
rispetto al 1980, oggi gli Usa sono gli unici gendarmi del pianeta a livello
globale, ma tale condizione esaltante e inedita nella storia dell'umanità recente
sconta una disseminazione dei nemici in uno schema diffusivo a polvere, tale da
alimentare guerriglie, attentati e rimostranze antiamericane che sfuggono
tendenzialmente al controllo di qualunque apparato statuale (anche quando da
esso prodotte, come Osama Bin Laden ai tempi della guerra santa Usa-Urss in
Afghanistan giocata dai fondamentalisti sunniti).

Gli Usa, invece, sono nostalgici di un bipolarismo ordinato che costringe ad
una ricompattamento accentrato dei molteplici e sparpagliati elementi di
pericolo per la supremazia americana, e quindi incontrollabili se non con un
dispiegamento di forze e risorse diseconomico e soggetto a tensioni di
imprevedibilità su scala planetaria. L'escalation tecnologico-militare del
progetto di guerre stellari, allora, è funzionale non solo a rilanciare
ulteriormente una industria bellica e scientifica indigena, distaccando vieppiù il
gap tra Usa e resto del mondo in tale settore, ma anche a ridividere il mondo in
assetti più semplificati e maggiormente controllabili.

Scomparso l'Impero del male, ed emancipati vari focolai di tensione armata un
tempo riconducibili più o meno ferreamente a ciascuna delle parti in campo
(per giunta scaricate nella periferia dei rispettivi campi di progettazione e di
attrito diretto, ossia dal centro dell'Europa, oltre che da Usa e Urss), gli
americani individuano nella Cina il diretto sostituto dei russi nella veste di alter
ego antagonista a livello mondiale, costruendolo come nemico assoluto da
blandire, integrare, contrastare a tutto campo, quindi economicamente,
politicamente, commercialmente, militarmente. Da qui le recenti frizioni sul caso
dell'aereo spia, delle forniture di armi a Taiwan, delle visite semi-ufficiali di
dirigenti verso i quali Pechino dichiara ostilità (Dalai Lama, ad esempio), per
non parlare del messaggio mafioso del bombardamento dell'ambasciata cinese
a Belgrado nel 1999.

Cosa c'entra tutto questo con il G8 genovese e la globalizzazione dell'impero
politico?

Per un verso, la condizione di possibilità storica che i movimenti di opposizione
controglobalizzati riescano a rafforzare il proprio radicamento tanto al nord
quanto al sud del mondo, risiede nella loro assoluta autonomia culturale,
economica, politica e simbolica dalle forze statuali in campo, mentre un
ricompattamento su due schieramenti imponenti sull'onda di quella nefasta
logica della realpolitik sopra tipicizzata spezzerebbe ogni credibilità al popolo
di Seattle in merito alla forza trainante del simbolismo utopico che caratterizza
tale movimento, dallo zapatismo alle lotte ambientali, dal transgenico alla
eliminazione del debito estero, dall'azzeramento delle istituzioni finanziarie
internazionali ad un rinnovato processo di autogoverno dei territori.

Per un altro verso, le Guerre stellari ripropongono una via di uscita, per adesso
fantascientifica, al limite di saturazione del movimento fisiologico del capitale
mondiale integrato, che necessita costantemente di nuove frontiere da
esplorare e asservire per estrarre gerarchizzazione e plusvalore (materiale e
immateriale). Lo spazio è doppiamente, da un lato, strumento di controllo
quanto più sofisticato oggi, sia per le comunicazione a distanza, le opportunità
di controllo, l'ipoteca di predominio dall'alto, e dall'altro spazio di
sperimentazione di ipotesi di allargamento dei confini di utilizzazione finalizzata
al dominio capitalistico che intravede un confine da varcare, il giorno in cui i
suoi processi avranno saturato la terra sino a portarla sul ciglio di una
implosione, affinché questa civiltà criminogena sia in grado di trasportare le
proprie ristrette élite di privilegiati ricchi e potenti - infime e infami - a fondare
nuove civiltà assassine oltre l'atmosfera terrestre.

Fantascienza? Fantapolitica? Si rinnova così il mito americano della frontiera di
civilizzazione sanguinaria, ieri sulla pelle degli indigeni di turno, così domani
tutta la popolazione terrestre sarà l'indigeno di turno da spazzare via - come
del resto si sta già facendo oggi, se è possibile leggere la globalizzazione come
un gigantesco processo di sterminio genocidiario, replica in grande del secolo
dei genocidi per eccellenza, il XX.

SuperG1 e gli altri G7 parleranno tra le righe anche di questo, del nostro
destino come umanità, da ricacciare nella morsa intrappolante della eteronomia
rispetto a potenze centripete cui incatenarsi per la sopravvivenza, in una logica
di schieramento e di appartenenza che mortifica culture locali, civiltà millenarie,
uomini e donne nella loro vita quotidiana e nei loro sogni diurni, oppure del
lento sterminio per fame, povertà, inquinamento, morte per patologie curabili,
come in una piramide sempre più allungata verso l'alto, dove pochi stanno in
cima e il grosso resta schiacciato sotto il peso di miliardi di individui soggiogati
senza acqua, istruzione, cure sanitarie, accesso ai benefici minimali di una
(in)civiltà terrestre.

Questo è il vero terrore, (dis)onorevole Frattini, e sono sempre i poteri forti a
fare terrorismo, temo non solo psicologico da qui in avanti, visto il lento
rafforzamento dei movimenti di controglobalizzazione dal basso. La decisione
governativa - realmente bipartisan perché compiuta da un governo di
centrosinistra (quello delle cariche di Napoli) e attuata domani da un governo
di centrodestra - di inviare l'esercito in occasione del G8 con funzione di
ordine pubblico è una replica di quanto visto a Palermo lo scorso dicembre in
occasione della Conferenza Onu sulla criminalità transnazionale, in cui tra i
diecimila tutori dell'ordine c'erano un migliaio di militari, ad effettuare
operazioni di cecchinaggio, di intelligence, di controllo preventivo.
Immaginiamo che a Genova le cifre di questi operatori professionali della
violenza statualmente organizzata siano raddoppiate, inaugurando anche in
Italia pratiche nondemocratiche (anche queste bipartisan, Ventimiglia docet) di
blocco dei treni alle frontiere esterne ed alle stazioni ferroviarie in quelle
invisibili interne.

Chi vuole emulare il generale Bava Beccaris, pur con tecnologie più sofisticate
delle pure cannonate sulla popolazione? Genova segnerà una tappa simbolica
importante ma probabilmente nemmeno decisiva, in quanto cruciale sarà la
nostra capacità di innervare l'umanità con analisi e vie di soluzione che spezzino
e spazzino via le potenze dominanti, al di là di logiche di appartenenza e di
schieramento pregiudiziale, radicando pratiche alternative disponibili per tutti e
per ciascuno in ogni contesto ove si calibreranno le proposte avanzate in vista
di una elaborazione e sperimentazione collettiva.

SalvoVaccaro