La Repubblica 4 luglio 2001 Il
dentifricio che fa del bene
"Business e responsabilità" Parla Pepper,
presidente della Procter & Gamble, multinazionale impegnata sulla
"sostenibilità"
l'intervista
ANDREA DI STEFANO
Potrebbe essere considerato uno dei simboli della globalizzazione, anche se i marchi
dei prodotti del gruppo Procter & Gamble in ottemperanza alla filosofia glocal, cioè
del forte radicamento locale, spesso cambiano da nazione a nazione. Le patatine Pringles,
il detersivo Dash, la candeggina Ace, lo shampoo Panténe o il dentifricio Az sono tra i
prodotti di largo consumo più conosciuti in Italia: nella maggior parte dei casi arrivano
da uno dei 100 stabilimenti di produzione sparsi in 140 paesi dove lavorano oltre 110 mila
persone per un fatturato di oltre 70 mila miliardi di lire. Alla Procter & Gamble,
campione indiscusso del marketing e della pubblicità, vige una filosofia, ribadita molti
anni fa dal presidente John Pepper, riassunta con il termine di social responsability. Non
si tratta di fare iniziative di carità, versando somme di danaro per qualche fondazione,
ma di un vero e proprio progetto che alcuni simboli della globalizzazione perseguono da
tempo individualmente, e insieme da almeno una decina di anni nel World Business Council
for Sustainable Development, un'alleanza delle multinazionali che ha avuto un ruolo
cruciale nel primo summit per la difesa dell'ambiente che si svolse a Rio nel 1992.
Abbiamo incontrato Mr. Pepper, che oltre a guidare la Procter & Gamble dal 1986, è
vice presidente del Wbcsd.
Mr. Pepper esiste una globalizzazione buona che si vuole distinguere da una cattiva?
«Noi siamo fermamente convinti che la missione di un'impresa come la nostra sia
migliorare le condizioni di vita dei consumatori in tutto il mondo. Facciamo prodotti con
l'obiettivo di migliorare la qualità della vita di ogni giorno e la nostra missione è di
farli al meglio. Abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri dipendenti, degli
azionisti e delle molte comunità nelle quali viviamo ed operiamo. Crediamo che sia
possibile fare leva sull'innovazione e sul mercato per migliorare le condizioni di vita
per tutti. Non stiamo parlando solo di quel 30% del pianeta che può permettersi di
acquistare i nostri prodotti, ma soprattutto del restante 70% della popolazione mondiale
che vive alle soglie della povertà. Abbiamo appena presentato all'Onu un rapporto che
identifica le sette chiavi per migliorare la vita attraverso il mercato: innovare, mettere
in pratica l'ecoefficienza, collaborare con governi e società civile, dare al consumatore
la possibilità di una scelta responsabile, migliorare i meccanismi del mercato, stabilire
il valore del Pianeta e fare in modo che il mercato lavori per tutti. Per i primi tre
punti possiamo dire di aver già raggiunto parte degli obiettivi e di essere in possesso
del know how necessario per fare di più. Per le altre sfide è indispensabile un forte
spirito di collaborazione tra imprese, governi e società civile»
Lo sviluppo può essere sostenibile senza regole e sistemi democratici?
«C'è sicuramente bisogno di regole, per limitare o risolvere problemi e creare le
condizioni per una situazione sociale e di mercato positiva. Non mancano, certo, i casi
negativi, vedi in Unione Sovietica o in Germania prima della caduta del muro o nel Nord e
Sud Corea, dove i regimi da un punto di vista economico sono stati un fallimento: è stata
colpa delle persone e della gente di questi luoghi? Sicuramente no. Le ragioni sono
complesse. Ma invece di amplificare i problemi bisognerebbe guardare alle opportunità che
esistono per migliorare la qualità della vita di tutti, ed è proprio quello che
cerchiamo di fare attraverso lo sviluppo sostenibile. Purtroppo a volte esistono posizioni
radicali, diametralmente opposte ove nemmeno il dialogo è possibile».
Lo sviluppo sostenibile, quindi, è anche uno strumento per allargare i mercati?
«Il nostro compito è quello di migliorare costantemente le performance dell'azienda. Gli
obiettivi di sostenibilità e profittabilità sono compatibili e danno vita ad un
obiettivo ancora più ambizioso che è quello di migliorare la qualità della vita della
gente dei paesi sviluppati e di quelli in via di sviluppo e nel contempo raggiungere una
significativa crescita del business in questo processo. Mi permetta di farle un esempio: i
risultati tecnologici raggiunti dalle imprese possono avere un ruolo molto importante
nell'attuazione di programmi governativi per lo sviluppo e la salute della gente. La
Procter ha recentemente messo a punto una tecnologia, che abbiamo chiamato Pure, molto
semplice da usare, che permette di depurare e desalinizzare le acque inquinate, che
intendiamo mettere a disposizione di alcuni tra i paesi più bisognosi». |