Corriere della sera 21 giugno 2001
DIREMO NO, COME GANDHI
di SILVANO PIOVANELLI*
- Il tema della globalizzazione è sul banco di prova del mondo intero. È un argomento
di formidabile difficoltà ed è posto con urgenza alla riflessione dei responsabili dei
popoli e di tutti i politici. A seconda della soluzione, si decide un futuro diverso per lumanità
intera. Cè una globalizzazione che corrisponde al disegno di Dio sullumanità.
Dopo la Torre di Babele lumanità divisa e dispersa è spinta da Dio in molti modi a
ritornare una sola famiglia, secondo la profezia della Pentecoste. Per questo il
quotidiano Avvenire poteva scrivere provocatoriamente quindici giorni fa:
«Cattolici, il G8 è affar nostro!». Non era già scritto nella rivoluzionaria Enciclica
del Papa Paolo VI Populorum progressio , quando ancora non circolava la parola
globalizzazione?: «È un umanesimo plenario che bisogna promuovere. Che vuol dire questo,
se non lo sviluppo di tutto luomo e di tutti gli uomini?». Non sarebbe vera
globalizzazione quella che escludesse, nelluomo, o la dimensione fisica o quella
intellettuale o quella affettiva o quella spirituale. Non sarebbe vera globalizzazione
quella che non abbracciasse, di proposito o di fatto, tutti i popoli e tutti gli uomini. Una
vera globalizzazione non potrà non accettare le sfide dellecologia, della giustizia
sociale, delletica. Nellecologia si tratta di garantire la salvaguardia del
creato secondo le direttive e lo spirito dellAssemblea ecumenica mondiale di Seul
del 1990. La giustizia socio-economica deve superare da una parte la rigidità del
collettivismo e i suoi fallimenti storici e dallaltra gli egoismi miopi di un
capitalismo assolutista e accentratore. Letica, nei suoi rapporti con la politica, leconomia,
la scienza, sceglie come metro luomo intero nella sua vita e nella sua dignità, in
un quadro dove i cristiani ripropongono luniversalità dello specifico cristiano del
Dio dellamore.
E questa la globalizzazione che simporrà al vertice di Genova? Il cosiddetto
«Popolo di Seattle» contesta la globalizzazione selvaggia e senza regole che è
attualmente in atto e che impone un modello di sviluppo radicalmente centrato sul
consumismo, che pone come legge assoluta quella del mercato e trasforma la globalizzazione
in una unificazione della ricchezza del mondo in mano a pochi in grado di gestire ogni
aspetto della vita, brevettandone le forme e determinandone il futuro.
La situazione del mondo sembra dar ragione a coloro che, giornalisticamente, sono detti
«tute bianche». Appena 400 plurimiliardari concentrano da soli nelle proprie mani più
della metà della ricchezza totale destinata ai sei miliardi di abitanti del nostro
pianeta. Il 20 per cento della popolazione mondiale è 60 volte più ricca dell80
per cento della popolazione povera. E vero: la miseria è stata sempre presente nel
mondo. Ma oggi una nuova barbarie si affaccia alle porte, guidata dal potere mondiale e
anonimo della grande finanza e da uno sviluppo biotecnologico posto a servizio solo o
quasi degli interessi materiali.
Se il G8 vuole imporre un mondo unico, dove domina lunica ideologia del denaro e dei
corpi, allora, per fedeltà al Vangelo, ci mettiamo dalla parte delle «tute bianche» e
diciamo: «No» al G8! Ma diciamo «No» senza violenza, senza contrapposizioni frontali,
senza integralismi. Diciamo «No», non proponendo modelli di organizzazione politica, ma
proclamando orizzonti valoriali.
Il valore primo ed immediato per chiunque è luomo: tutto luomo e tutti gli
uomini. Lumanesimo esclusivo, che rifiuti linterezza della persona o non
scelga la totalità degli uomini, è un umanesimo inumano.
Il secondo valore, indispensabile per far crescere le persone, è la partecipazione. Su
temi che coinvolgono tutti occorre lascolto più ampio possibile. Giovanni Paolo II,
allinizio del nuovo millennio dice alla sua Chiesa che è necessario fare nostra lantica
sapienza che sapeva incoraggiare lascolto di tutti. La sapienza che suggeriva a San
Benedetto di dire allAbate: «Spesso ad uno più giovane il Signore ispira un parere
migliore»; e San Paolino da Nola esclamava: «Prendiamo dalla bocca di tutti i fedeli,
perché in ogni fedele soffia lo Spirito di Dio».
La terza indicazione è quella del «Buon Samaritano»: non passare oltre chi ha bisogno,
ma diventare prossimi di chi non ha i beni indispensabili ad una vocazione umana
fondamentale. Una politica rispettosa di ogni uomo e della sua storia, che voglia un
avvenire di pace e di progresso, sa che, per uscire dalle acque tempestose dei conflitti e
dalla crisi dei valori, bisogna cominciare dagli ultimi.
Nella lettera apostolica a conclusione del Giubileo Giovanni Paolo II ha scritto:
«Bisogna governare con decisione i processi della globalizzazione economica in funzione
della solidarietà e del rispetto dovuto a ciascuna persona umana».
Infine, dopo un millennio di tante guerre, che è finito col sangue di due guerre mondiali
e col trionfo e poi la crisi dei totalitarismi ideologici, è indispensabile, per un
cammino nuovo dellumanità, il rifiuto della violenza. Non soltanto perché il fine non
giustifica i mezzi, ma perché sarebbe davvero deprecabile che la violenza, pur intesa
come intervento per aiutare i poveri e la loro liberazione, impedisse di fare tutti i
passi possibili per uninversione di tendenza e lavvio di una fase nuova.
Ai contestatori del G8 vorrei dire: avete fatto da amplificatore a problemi che vanno
affrontati; continuate con le vostre iniziative a tenere desta lattenzione e a
spingere a soluzioni possibili; ma non impedite con la violenza che i problemi vengano
affrontati e che chi ha ragione passi, a causa della violenza, dalla parte del torto.
Perché non passare alla storia come coloro che, allinizio del nuovo millennio,
hanno indicato con chiarezza la strada da percorrere? Non sarà possibile ricordare la
lezione della non-violenza lasciataci da Gandhi? E noi cristiani, come possiamo
dimenticare che il Signore Gesù ci ha consegnato la forza rivoluzionaria dellamore,
che si manifesta in chiunque realizza la propria vita con gli altri e per gli
altri? Forse questo è uno di quegli «impossibili» per i quali occorre la fede quanto un
granello di senape e la preghiera che importuna anche Dio.
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Silvano
Piovanelli * cardinale |
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