Manifesto 27 giugno 2001 Il
camallo, il siderurgico e il global forum
"Andiamo a Genova" è un
documentario che racconta mezzo secolo di lotte operaie. Materiale per l'uso
LORIS CAMPETTI
Chissà quanti, tra i centomila antiglobalizzatori che arriveranno a
Genova, sanno qualcosa della città che li ospiterà. Forse qualcuno ha sentito dire che
una pattuglia di operai feroci e irriducibili vuole impedire la chiusura dell'altoforno,
colpevole di avvelenare Cornigliano e il Ponente cittadino. Qualche altro sarà incocciato
in vecchi filmati sul luglio '60, dove si parlava delle magliette a strisce e magari anche
dei mitici camalli, i lavoratori portuali che guidarono la lotta per impedire lo
svolgimento del congresso nazionale dei fascisti a Genova, una città che non poteva
sopportare - e non sopportò - un tale insulto (oggi sono gli stessi camalli a rimettere
le magliette a strisce contro la manifestazione del 30 di Forza Nuova). Forse
qualcuno, infine, conoscerà il porto di Genova solo per esservici imbarcato qualche volta
per la Sardegna. Ma cos'è Genova, quale sia la sua anima semmai ha un'anima, questo lo
sanno in pochi.
D'altro canto, quando una settimana fa ho chiesto al responsabile per la siderurgia della
Fiom genovovese, Grondona, cosa ne pensasse del "popolo di Seattle" e se non
ritenesse un'utile opportunità il Genoa social forum per contaminare i suoi
"ragazzi" dell'altoforno con i ragazzi anti-G8 e, viceversa, socializzare il
conflitto operaio per portarlo fuori dall'isolamento in cui esso stesso s'è cacciato, ha
storto un po' il naso: "Che c'entrano gli operai di Cornigliano con la
globalizzazione? Sarebbe una forzatura. Loro si battono per ottenere il forno elettrico ed
evitare lo smantellamento della fabbrica. Se di acciaio c'è ancora bisogno, qualcuno
dovrà pur produrlo". Perché, controbatto, pensi che non sia in atto un movimento
globale sulla siderurgia e l'acciaio che coinvolge Riva e riguarda anche il futuro di
Cornigliano, di Piombino, di Taranto? "Sì, però i sindacati americani che vanno a
Seattle con gli antiglobalizzatori - mi risponde - si battono per bloccare l'importazione
in Usa dell'acciaio e difendere la produzione nazionale". E se la prende con chi
vuole la chiusura del forno a Cornigliano per togliere la polvere dal proprio giardino e
mandare le produzioni sporche lontane dai propri balconi, "in Africa o all'Est: è
internazionalismo, questo?". Non hai miglior fortuna se chiedi al console Paride
Batini, capo storico della Compagnia unica dei portuali genovesi, cosa pensi del Genoa
global forum. Trovi la stessa differenza che hanno tanti ambientalisti nei confronti
delle lotte operaie. Solo quando i siderurgici vengono caricati dalla polizia - oggi come
tante volte nell'altro secolo - scatta la solidarietà con "gli avvelenatori",
per un moto del sangue più che del cervello.
Chi non si rassegna a rappresentare due mondi che sono lo specchio uno dell'altro ma si
guardano in cagnesco; chi vuole saperne di più su Genova e la sua anima; chi spera
nonostante tutto per qualche vetrina rotta di trovare solidarietà nei carrugi del porto;
chi pensa che i primi a intossicarsi per i veleni della fabbrica sono gli operai che ci
lavorano; chi pensa che non bastano gli appelli alle multinazionali per fermare la piaga
del lavoro minorile nel Sud e nell'Est del mondo, perché devono scendere in campo i
sindacati e gli operai in carne e ossa là dove non rischiano la vita e la galera per uno
sciopero: tutti quelli che hanno queste preoccupazioni, farebbero bene a guardare il
documentario "Andiamo a Genova", firmato da Silvia Savorelli e prodotto
dall'Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, presentato pochi gioni fa a
Roma dalla Fiom, in occasione del centenario dell'organizzazione dei metalmeccanici Cgil.
Guardando questo film, potrete scoprire che poche comunità operaie come quella di Genova
si sono contaminate con altre comunità, altri mondi, altre storie che arrivano in nave
nel porto doriano e di qui ripartono. L'internazionalismo è sempre stato un elemento
naturale, qui. Ci sono gli operai che ricordano la solidarietà con Cuba, con il Vietnam,
con il Cile. E ci sono i filmati che mostrano l'arrivo della nave russa carica di aiuti
del "popolo sovietico alle popolazioni alluvionate del Polesine", con tanto di
Giuseppe Di Vittorio, di portuali genovesi che dal molo cantano "Fischia il
vento", mentre i marinai sovietici dalla nave fanno il controcanto in russo. Ma le
riunioni dei camalli, quelle sono tutte in genovese stretto.
Non è il caso, in questa sede, di raccontare il bel documentario di Silvia Savorelli, non
si può pretendere di riassumere in poche righe decenni di storia di una delle più
straordinarie e composite classi operaie italiane, con tutte le sue contraddizioni. In
questa sede ci permettiamo soltanto di lanciare un appello: usiamo questo film dentro e
intorno al Genoa social forum, contaminiamo i soggetti che danno vita al
documentario (dentro cui c'è lo spazio anche per le lotte del "popolo di
Seattle" contro l'Ocse): la globalizzazione suona per tutti. Per recuperare
"Andiamo a Genova", rivolgersi alla Fiom o all'Archivio audiovisivo del
movimento operaio e democratico |