Manifesto 29 giugno 2001

"Questo sistema uccide l'eguaglianza"
Parla Mikhail Gorbaciov, primo e ultimo presidente dell'Urss: La globalizzazione? Inevitabile. Ma va orientata
SEYED FARIAN SABAHI - GENOVA

Premio Nobel per la pace nel 1990, Mikhail Gorbaciov è a Genova per una due giorni di dibattito sui temi della globalizzazione.Qual è la sua opinione in merito alla globalizzazione? Un male necessario?

E' un processo inevitabile, cominciato ai tempi delle grandi scoperte. Negli ultimi decenni si sono verificati un insieme di eventi, tra cui la rivoluzione tecnico-scientifica, lo sviluppo della comunicazione e la nascita di internet. La fine della guerra fredda ha aperto nuove porte al mondo e interrotto il confronto tra blocchi. In questo contesto la globalizzazione è quindi un processo normale, il problema è il diverso peso che hanno le parti in causa: alcuni sono in posizione di debolezza, mentre altri sono molto forti e quindi hanno la meglio.

Quali misure sono auspicabili?

E' necessario un orientamento preciso altrimenti tutte le contraddizioni, peraltro già esistenti, diventeranno più accentuate. Non solo nei Paesi poveri ma anche in quelli sviluppati, dove il divario tra ricchi e poveri aumenta, il tasso di disoccupazione cresce ed emergono squilibri tra individui che esercitano professioni diverse, e cioè tra una minoranza di persone molto specializzate e una stragrande maggioranza senza qualifiche particolari. Tutti desiderano una vita dignitosa, e invece si è venuta a creare una nuova divisione sociale, fonti di incertezza.

Che ruolo ha avuto l'apertura delle frontiere nel processo di globalizzazione?

Anche in questo caso non esiste eguaglianza perché qualcuno arriva prima, riesce a produrre in modo efficiente e ne trae quindi vantaggio, mentre gli altri invece rimangono indietro. Il mondo cambia e noi, cercando di andare avanti con i vecchi metodi, ci ritroveremo in un vicolo cieco. Per evitare questa situazione, si potrebbe auspicare l'intervento di personaggi di prestigio in un forum con sede in Italia allo scopo di promuovere misure alternative, ma a questo proposito è necessario l'appoggio del governo italiano.

Che ruolo potrebbe avere il G8 nel processo di globalizzazione?

La globalizzazione non rientra tra gli incarichi del G8, all'interno del quale sono tutelati solo gli interessi dei più forti. Proprio a causa della sua composizione il G8 non può assumersi la responsabilità di gestire il processo di globalizzazione. Ed è quindi impossibile che all'incontro di luglio riescano a risolvere qualcosa.

Quale peso hanno invece gli Stati uniti e l'Europa nel processo di globalizzazione?

Per il momento né Washington né il Vecchio Continente stanno facendo granché per governare questo processo. La dichiarazione dell'8 dicembre dell'anno scorso, per esempio, era in sé positiva, ma con le grandi potenze le dichiarazioni non si trasformano in realtà. Per il prossimo G8 proporrei questo ordine del giorno: quali politiche devono essere messe in atto per mantenere fede alla dichiarazione dell'8 dicembre?

Gli Stati uniti sono promotori entusiasti della globalizzazione: il ventunesimo secolo rischia di diventare il secolo americano?

No, non credo sia possibile, non possono assumersi questa responsabilità e il resto del mondo non sarebbe comunque d'accordo. Il secolo americano è terminato con la guerra del Kosovo.

E dove va invece la Russia nel ventunesimo secolo?

Deve risalire la china e, per far questo, ha bisogno della cooperazione in primo luogo dell'Europa, ma anche degli americani e del resto del mondo. Deve poi usare le proprie risorse intellettuali e naturali e sfruttare il fatto che rappresenta un mercato enorme.

L'Asia Centrale, e in particolare l'Afghanistan, è nel mirino di Washington a causa della presenza di Osama Bin Laden: secondo lei questo personaggio rappresenta una minaccia reale oppure si tratta di un'invenzione americana?

E' una questione difficile, non posso accusare gli americani di averlo "inventato". Dobbiamo comunque lottare per non dare nessuna opportunità - né morale né politica - ai terroristi.

Il popolo di Seattle protesta, e intanto il mondo spende ancora 30-40 volte di più in armamenti che in assistenza allo sviluppo. Qual è la sua posizione in proposito?

La spesa in armamenti fa comodo a certe lobby che traggono il loro profitto dai conflitti. La loro forza è notevole, lo dimostra il fatto che negli ultimi anni l'industria militare ha ricevuto un enorme impulso. Per un certo periodo, in Europa siamo riusciti a fermare la corsa degli armamenti e, se fossimo rimasti fedeli alla Carta di Parigi, saremmo già a buon punto. Ora l'amministrazione americana vuole investire nello scudo spaziale, vedremo che risultati avrà ma questo passo darà sicuramente un nuovo impulso alla corsa agli armamenti.