Il Nuovo 17 giugno 2001

"Io sto con quelli di Seattle"

Beppe Grillo: "Preferisco ogni forma di violenza a questa
forma di ingiustizia che dobbiamo subire ogni giorno". E durante lo
spettacolo-dibattito sulla globalizzazione interventi di Sepulveda e
don Ciotti.

di Elisabetta Guidotti

MILANO - Un piccolo assaggio del "popolo di Seattle". Circa
500 persone, infatti, hanno cercato di forzare l'entrata
dell'Auditorium di corso San Gottardo. Fortunatamente non ci sono
stati incidenti, anche perché, all'interno, non c'erano i nemici, ma
gli amici, quelle persone che dei pericoli e dei danni della
globalizzazione parlano da anni. Si stava svolgendo "Globalizzato
sarà lei!", il dibattito-spetaccolo organizzato da Wwf e Coopi,
associazione di cooperazione internazionale.

Se fuori tanta gente voleva entrare, dentro all'Auditorium si
è registrato il tutto esaurito: 1400 persone che si sono unite in un
lungo e scrosciante applauso quando hanno visto apparire sul palco
Beppe Grillo con il passamontagna da zapatista messicano che intonava
il motivetto di Forza Italia. Agguerrito, scatenato, sarcastico si è
subito rivolto al pubblico con toni accesi: "Ve lo dicevo io,
quindici anni fa, che il vero pericolo non erano i socialisti, ma il
formaggino Mio e le mozzarelle, ve lo dicevo o no? Ma cosa volete
combattere se non siete nemmeno riusciti a riconoscere il pericolo in
casa vostra e lo avete votato? Ve lo meritate, l'avete voluto voi". E
gli attacchi a Silvio Berlusconi, definito "Mastrolindo" e "Dorian
Gray", non sono finiti: "Una volta c'erano i politici che diventavano
pregiudicati, adesso è il contrario. Certo non poteva mica chiamarlo
Polo della libertà perché lui non ne vuole una sola, ne vuole molte:
non vuole la libertà solo per sé, la vuole anche per Previti, e per
Dell'Utri".Un rientro dopo dieci anni di assenza televisiva: "Perché
quel mezzo non mi si confà", per parlare di un tema che gli sta a
cuore: "Preferisco ogni forma di violenza a questa forma di
ingiustizia che dobbiamo subire ogni giorno. Ma il mio appello in
vista del G8 di Genova è: lasciamoli soli questi 8 extracomunitari.
Lasciamoli con i loro 18mila poliziotti: si arresteranno fra di
loro!"

Oltre a Beppe Grillo sono tante le persone che si sono
alternate sul palcoscenico dell'Auditorium, ognuno per fornire il
proprio contributo. Ospite inaspettato, ma gradito è stato lo
scrittore cileno Luis Sepulveda: "Saluto tutti i ragazzi di Goteborg,
mio figlio è tra di loro. Ammiro il coraggio di questi ragazzi che
stanno conducendo una battaglia. Perché la battaglia oggi è fra
globalizzazione e diritti umani e si deve stare da una parte o
dall'altra, non si può stare nel mezzo". Sepulveda ha poi raccontato
le miserabili condizioni in cui vive una grande parte della
popolazione del suo Paese, a conferma che i poveri stanno diventando
sempre più poveri.

Concetto ripreso da Alex Zanotelli, il prete comboniano tra i
fondatori della Rete Lilliput, in collegamento da una baraccopoli di
Nairobi: "La situazione per i poveri sta peggiorando. Lo vedo ogni
giorno qui, con i miei occhi. Dove la gente non può curarsi perché
costa troppo, non può mandare i figli a scuola perché costa troppo,
non può seppellire i suoi morti perché costa troppo. Due milioni di
persone accatastate in un fazzoletto di terra che appartiene ai
governi. Neanche le baracche appartengono ai poveri: devono pagare
l'affitto. Vorrei che voi che siete lì, a Milano, poteste sentire
questo grido di dolore. E' importante questa preparazione al G8, io
vi sono vicino con lo spirito. Non ci sarò perché non mi sembra
giusto lasciare la mia gente".

Alla testimonianza di padre Zanotelli si è aggiunta quella di
un altro prete, don Luigi Ciotti, anche lui dotato di quella
particolare grazia di essere prete di strada, vicino agli ultimi, a
conferma dell'esistenza di una Chiesa attiva su certi fronti.
"Abbiamo l'obbligo di denunciare l'ingiustizia. Qualcuno dice che noi
preti dovremmo fare altro: eh no! La denuncia critica e seria è un
messaggio salvifico. E' fondamentale che la Chiesa che tutti i giorni
si confronta con la sofferenza, non stia a guardare. La
globalizzazione, così come è gestita, è un sistema che garantisce
sempre i più forti e crea enormi squilibri. Di fronte a 4 milioni di
persone che nell'arco di quest'anno moriranno perché non hanno i
soldi per comprare le medicine, di fronte a 100 milioni di nuovi
schiavi nel mondo, a 120 milioni di bambini sfruttati ditemi se non
dobbiamo alzarci e gridare con forza. La globalizzazione può avere
una via corretta ed etica solo se permette a tutti di essere
protagonisti".

Lo spettacolo si è poi avviato verso la conclusione con
l'intervento di Idris: "Io praticamente protesto tutto l'anno. Non
andrò a Genova perché altrimenti mi fanno bianco". E poi sullo
schermo si susseguono le testimonanze provenienti dai tanti Sud del
mondo. La proiezione di un'intervista al subcomndante Marcos, leader
del movimento zapatista in Messico; un filmato sull'orrore della
guerra per i diamanti combattuta dai bambini della Sierra Leone. E
infine un collegamento a sorpresa con Triterius, un hacker bolognese
che è riuscito a entare in un sito della Nato per chiedere
all'amministrazione statunitense di interrompere i bombardamenti
dimostrativi a danni dell'Iraq. Una giornata densa di emozioni, come
l'abbraccio lungo e intenso tra Luis Sepulveda, un marxista, e don
Ciotti, un prete. Perché oggi ci si abbracciava. Facendo sentire
possibile e cocreta l'idea di poter vivere davvero in un mondo
migliore.