Lunedì 9 Luglio 2001


Le vecchia Genova inquieta il premier
Case scrostate e panni stesi ledono il decoro del summit

inviato a GENOVA
SI muove in fretta nella Città del Vertice. Controlla se i suoi vecchi ordini sono stati eseguiti e ne impartisce di nuovi: qui bisogna aggiungere un velario, là «eliminare l’asfalto», qui ripulire una colonna, là rendere «più intimi questi spazi così grandi», qui ricavare «angoli per il relax degli ospiti». L’ordine a cui terrebbe di più, Silvio Berlusconi però non lo può dare. Gli piacerebbe dire: «Cancellatemi quel mezzo chilometro di Genova dove s’affacciano vecchie case scrostate, s’affollano mercatini da casbah e sventolano panni stesi. Fate che Bush e gli altri Grandi non vedano "questo spettacolo poco decoroso" quando passeranno in auto davanti al quartiere Marina-Porto Antico». No, è un desiderio troppo grande anche per un presidente del Consiglio e dei consigli. Specie, poi, a soli 12 giorni dal G8. Gli rispondono, ovviamente: «Faremo il possibile». Ma questa Genova povera che piaceva a De Andrè quasi certamente sopravviverà al summit.
Silvio Berlusconi è nel capoluogo ligure per la seconda visita d’ispezione in vista del G8: sono le 9,30 quando, accompagnato dal sottosegretario Gianni Letta, dal prefetto Antonio Di Giovine e dai responsabili della struttura di missione, Umberto Vattani e Achille Vinci Giacchi, arriva alla Stazione Marittima. Sulla piazza, a fare da corona alla fontana, una passerella di fiori terminata in gran fretta poche ore prima. Il premier - polo blu, maglioncino annodato sulle spalle, calzoni in tinta, scarpe da relax - è accolto dal presidente dell’autorità portuale, Gallanti, dal segretario generale, Capocaccia, e dal direttore tecnico Pieracci. Non c’è il sindaco Pericu: nessuno l’ha invitato, ma lui non se la prende più di tanto: «Il sopralluogo riguardava opere ordinate dalla Farnesina».
Appena entrato nello storico Scalo, il premier ha un‘impercettibile alzata di sopracciglio: «Vedo che, laggiù, c’è ancora quella brutta porta in metallo: avevo detto di cambiarla...». Risposta pronta dell’ingegner Pieracci: «L’abbiamo ordinata in legno, arriverà domani». Altra breve sosta e altra alzata di sopracciglio: «Eh, no. Guardate l’insegna di quel tabaccaio: è brutta. Fatela coprire. Magari usando una parete di cartongesso».
Il piccolo corteo s’infila nella magnifica prospettiva di sale e saloni del primo piano: 5 mila metri quadri completamente ristrutturati che saranno la postazione a mare dei G8. Uffici per le delegazioni, ma anche luoghi d’incontro e cornice d’occasioni mondane. Berlusconi loda i «magnifici pavimenti in graniglia», poi ammira le tele ed i quadri d’arte moderna che già splendono lungo le pareti: «Vengono dalla Farnesina, vero?» s’informa. «Sì - gli spiega l’architetto Sturchio - altre opere arriveranno dopodomani». Il premier si congratula: «Bene, bene, ci siamo». L’accompagnano in quello che sarà il suo ufficio fronte mare: c’è un grande terrazzo, lui chiede che vengano messe tende «per rendere meno forte il riverbero».
La luce troppo diretta: un chiodo fisso del Cavaliere. Quand’era venuto qui durante la precedente visita aveva notato che il grande lucernario al centro soffitto faceva «filtrare troppo sole». I tecnici sono corsi ai ripari: sulla vetrata hanno steso una pellicola schermante. Il premier li anticipa: «Sì, sì, l’avevo notato. Complimenti, un buon lavoro, però...». Attimo di gelo tra il seguito. «... però c’è un problema. Questi spazi: sono enormi, rischiano d’essere dispersivi». Letta lo rassicura: «C’è qui l’architetto Sturchio, ci penserà lui a renderli accoglienti».
La visita continua senza trascurare proprio nulla. «Buona la climatizzazione. Quanti gradi?» «Ventitré, presidente». «Perfetto». Ma le critiche sono dietro l’angolo. «Che cosa è successo a quella colonna rostrata che s’intravede dalla finestra?». Risposta un po’ incerta: macchiata dal rame ossidato. «Bisogna pulirla» è l’ordine. Altro appunto negativo, la pavimentazione della rampa d’accesso alla Stazione: «Troppo asfalto, non si può continuare con il porfido della piazza?». No, non è possibile. Il premier deve arrendersi ai tempi ormai troppo stretti e accontentarsi d’un compromesso: cemento con pigmenti colorati.
Il viaggio lungo le «stazioni» del Summit continua a Palazzo Ducale. In piazza Matteotti Berlusconi dà un’occhiata a 360 gradi. Soddisfatto: l’edificio sbrecciato che l’aveva fatto innervosire sabato scorso ha avuto la sua brava mano di tinta. Resta ancora, seppur meno folta, la criticata selva d’antenne su un tetto: il presidente medita di ricorrere ad un’ordinanza per farle togliere.
Sparisce oltre il grande portone di ferro, sale le antiche scale. Giudica «molto migliorata l’ambientazione interna» della storica sede del governo dogale. Con pignoleria controlla l’imbottitura di sedie e divani, poi decide di far spostare il pranzo ufficiale in una sala diversa da quella prevista: «Ne voglio una più allegra. E, mi raccomando: si tratta di pranzi di lavoro. Via tutti i piatti e i piattini superflui: gli ospiti devono potersi vedere in faccia ed avere lo spazio per un foglio su cui prendere appunti».
Aveva, anche qui, preteso che si limitasse l’intensità della luce esterna. Apprezza che l’abbiano accontentato schermando con velari di cotone bianco i due cortili. C’è appena il tempo per una «toccata e fuga» alla mostra «Viaggio in Italia» che si tiene al piano terra del Palazzo («Spero di riuscire a portarci i Grandi»), poi una corsa ai Magazzini del Cotone, quartier generale dell’Informazione. Era questa la sede che più preoccupava il premier. La trova molto migliorata anche se non gradisce la prevista sistemazione dei giornalisti italiani sotto una tensostruttura: «Recuperate aree all’interno».
Ultima tappa della mattinata genovese, l’European Vision: la nave che, tramutata in hotel di lusso, ospiterà nelle sue suites tutti i Grandi tranne Bush. Berlusconi raggiunge il Business Center per controllarne disposizione ed efficienza. Il sigillo è un laconico: «Bene». Rapida sosta al ristorante La Pergola per uno spuntino a base di tartine di salmone e gamberi. Di corsa, di corsa. Ma prima di partire per Milano, il premier vuole rivedere ancora una volta la Stazione Marittima. Uscendo, un annuncio: «Se serve torno per gli ultimi consigli sabato o domenica». L’auto grigia scivola davanti alla quinta di palazzi degradati. Sul fondo, verso il mare, il vecchio pontile Hennebique che, durante il Summit, verrà nascosto da una «fasciatura» di teli rossi e neri come in una gigantesca scenografia teatrale. Peccato, per le case non si può fare.