Corriere della sera 2 giugno 2001

Le accuse di Bruxelles al futuro governo. L’Ue punta a ratificare entro il 2002 il Protocollo

osteggiato da Bush

«Ambiente, l’Italia si allontana da Kyoto»

ROMA - L’Italia starebbe per rinnegare il Protocollo di Kyoto, sulla scia di quanto ha fatto il presidente americano Bush. Niente più scadenze per la riduzione dell’anidride carbonica, il gas emesso da centrali elettriche e automobili che sta riscaldando la Terra e sconvolgendo il clima. L’accusa arriva dalla presidenza di turno svedese dell’Unione Europea e accende una polemica che coinvolge l’alta dirigenza del ministero dell’Ambiente, il governo dimissionario e quello futuro. Willer Bordon, ministro dell’Ambiente uscente, reagisce annunciando che si presenterà in Lussemburgo, il 7 giugno, al summit dei ministri ambientali dell’Ue, per ribadire la fedeltà del nostro Paese a Kyoto e approvare un documento unitario in tal senso. Ma Rocco Buttiglione, indicato come probabile ministro delle Politiche comunitarie, ammonisce: «L’atteggiamento di Bordon è imprudente e ingiustificato. Entra un nuovo governo, lasci che sia questo a decidere il da farsi».

TURBINE CLIMATICO - È un turbine climatico quello scatenato a Bruxelles, durante una riunione che doveva servire a concordare il documento per il prossimo summit dei ministri dell’Ambiente Ue. Alla proposta della presidenza svedese di ratificare il Protocollo entro il 2002, dandogli piena attuazione, malgrado l’uscita degli Stati Uniti, il rappresentante italiano Corrado Clini, direttore generale del ministero dell’Ambiente, ha posto una «riserva di ulteriore valutazione», proponendo delle modifiche al testo per tentare di recuperare gli Stati Uniti. «C’è stata sorpresa e preoccupazione per questa posizione, che rischia di mettere in discussione i tempi fissati per la ratifica - ha commentato un portavoce della presidenza svedese -. È nostra intenzione continuare a lavorare per raggiungere questo obiettivo».


TORNA BORDON - L’iniziativa di Corrado Clini è andata di traverso al ministro Bordon, che ha adombrato un eccesso di zelo del direttore generale in vista dell’imminente cambio di governo: «Le voci secondo cui l’Italia avrebbe espresso una riserva sul testo del documento Ue sono state messe in giro da qualcuno che ritiene di interpretare futuri desideri. Si tratta di iniziative improvvisate sulle quali è meglio stendere un velo di commiserazione». Bordon ha aggiunto di aver consultato il presidente del consiglio Amato che gli ha confermato la posizione di fedeltà dell’Italia al Protocollo di Kyoto. «Sarò io stesso a confermare direttamente la piena adesione dell’Italia al documento preparato dall’Ue al prossimo consiglio dei ministri dell’Ambiente».


FUTURO GOVERNO - Anche se ancora non è stato reso ufficiale, l’atteggiamento del futuro governo Berlusconi sembra correre in una direzione opposta. Buttiglione, oltre che criticare il proposito manifestato da Bordon, ricorda che l’Italia, finora, invece che ridurre le emissioni dei gas serra, le ha aumentate. «A che titolo possiamo fare la predica agli Stati Uniti? Allora trovo che sia più onesto Bush, il quale ammette le difficoltà nel rispettare questo Protocollo». Secondo il leader del Cdu ora tutto va riconsiderato: «Visto che il problema climatico è globale non avrebbe senso che alcuni Paesi mantenessero questi impegni ed altri no. Bisogna rimettere in discussione tempi e modalità delle riduzioni e poi procedere ai necessari cambiamenti strutturali. L’Italia può avere un ruolo utile nella ripresa del dialogo con gli Stati Uniti».
Un coro di disapprovazione arriva, invece, dal mondo degli ambientalisti. Legambiente, Wwf e Greenpeace ammoniscono che un voltafaccia dell’Italia potrebbe creare una grave crisi all’interno dell’Unione Europea.


VERSO KYOTO 2 - «Non mi sono mai sognato di rinnegare lo spirito di Kyoto - replica Corrado Clini che da dieci anni segue le trattative sul clima per conto di vari ministri dell’Ambiente -. Alla riunione di Bruxelles abbiamo proposto di non enfatizzare la dichiarazione politica della ratifica unilaterale entro il 2002, un atto che avrebbe il solo effetto di allontanare ulteriormente gli Stati Uniti da ogni possibile accordo. Il nostro proposito, come è già stato fatto con pieno successo a Trieste, è di aprire agli Stati Uniti in vista dei prossimi vertici di Goteborg, Genova e Bonn».

Franco Foresta Martin