Manifesto 4 luglio 2001

"Le narici piene di nero"
Polveri e amine aromatiche, possibili cause di molti tumori
AN. SCI. - PRAIA A MARE (COSENZA)

L'ultima si chiamava Teresa Maimone, morta di tumore alla cervice dell'utero a soli 54 anni, dopo 36 passati a lavorare dentro la Marlane. E' successo l'estate scorsa, e da soli 20 giorni prima della sua morte, Teresa avvertiva dei forti dolori alla pancia. Ma è una storia comune a tanti e a tante, a Praia e a Maratea, tanto che uno dei figli di un altro operaio morto, Biagio Fiorenzano, dice: "Se facciamo un cerchio di 300 metri a partire da casa nostra, troviamo almeno altri 5 operai morti di tumore".
Le famiglie dei sopravvissuti della Marlane, una ventina in tutto quelle più combattive, per il momento hanno le loro storie in mano, perché le istituzioni che dovrebbero indagare, dalle Asl ai vari ispettorati del lavoro, non hanno prodotto granché fino a oggi. Luigi Pacchiano, però, uno degli ex operai oggi malato di tumore, ha una carta importante in mano, da cui le famiglie di Praia, abbandonate ed emarginate dai potenti locali, possono partire per le loro rivendicazioni: l'Inail gli ha riconosciuto la malattia professionale, per un tumore, guarda caso, alla vescica, dovuto all'esposizione dal 1969, anno in cui ha cominciato a lavorare, a "coloranti per lo più costituiti da derivati di amine aromatiche alcune delle quali note per il loro potere oncogeno sulla vescica".
Alla cervice dell'utero Teresa, alla vescica Luigi. La dottoressa Agata Scaldaferri, specialista in medicina del lavoro, consultata proprio da Pacchiano, spiega infatti che "i tumori professionali da amine aromatiche insorgono prevalentemente a livello della vescica urinaria, dove l'urina contenente le sostanze cancerogene ristagna più a lungo".
Parecchi operai ricordano le condizioni di lavoro degli anni della tintoria: si lavorava in un ambiente unico, dicono, e spesso ci investivano i fumi e le polveri provenienti dalla colorazione o dall'orditura dei tessuti. In quel caso, spiegano, dicevano che c'era "nebbia in Val Padana". "Le stesse vasche dove avveniva la colorazione - dice un'ex operaia - venivano aperte prima di farne raffreddare il contenuto, perchè bisognava fare in fretta. Quando tornavo a casa, di sera, avevo le narici piene di una polvere nera". Il marito, anche lui ex operaio Marlane, che deve combattere ancora oggi con un'allergia al braccio contratta mentre lavorava, ricorda "i ritmi di lavoro massacranti, fino a 12-18 ore di lavoro" e che nell'estate del '96 "ci fecero lavorare mentre delle macchine a diesel, all'interno dello stabilimento, e quindi senza areazione, eseguivano i lavori di pavimentazione".
Gli stessi ricordi, come una litania, riemergono dalle storie della famiglia di Fiorenzano, morto nel '99, dopo quasi quarant'anni di lavoro alla Marlane, a soli 53 anni, o dal racconto della moglie di un altro operaio scomparso, Biagio Possidente, morto a 54 anni, sempre di tumore, dopo oltre 30 di lavoro. "Nostro padre era meccanico riparatore - dicono i figli di Fiorenzano - per cui girava un po' per tutto il reparto. Riparava le macchine da sotto, quando erano appena spente, e non si risparmiava di ingoiare la polvere dei residui, dato che non c'era, quando lavorava lui, alcun impianto di aspirazione funzionante. Abbiamo chiesto alla Asl 1 di Paola di chiedere all'azienda conto di tutte le ispezioni effettuate in passato, e di farne di nuove, per vedere se almeno oggi tutto è in regola. Il direttore si è limitato a sentire i responsabili aziendali, e riportandoci quello che loro hanno da dire: ovviamente, "che va tutto bene"". Così la moglie di Possidente, che ricorda come il marito tornasse "ogni sera coperto di polvere, e quando si soffiava il naso usciva tanto nero".
Lavoro e ambiente, ancora una volta appaiono inconciliabili. Tanto più se si considera che "il Canale Marlane - come dice Alberto Cunto, ex impiegato Marlane aderente allo Slai Cobas - ovvero quello che dalla fabbrica versa nel mare i residui delle lavorazioni, è inquinante; lo dimostra il bollettino della Sanità, continuamente aggiornato, sui tratti balneabili (www.sanita.it/balneazione). Per 80 metri la balneazione non è possibile, per inquinamento".