Manifesto 5 luglio 2001

Cattolici divisi alla meta
MIMMO DE CILLIS *

C'è chi lo chiama "pluralismo fisiologico", chi "ricchezza della diversità", chi più semplicemente parla di spaccatura. Il mondo cattolico appare diviso sull'appoggio al "popolo di Seattle" e sulla protesta anti-G8. Se per don Vitaliano della Sala, parroco irpino, il cammino verso Genova ricorda i passi di Gesù verso Gerusalemme, per don Gianni Baget Bozzo si tratta di una marcia di gente "senza attributi". Se Giorgio Vittadini di Comunione e Liberazione bolla i giovani manifestanti del Genoa social forum come borghesi e viziati, Sergio Marelli del Focsiv ricorda che fra loro ci sono migliaia di volontari che danno l'anima nel terzo mondo. Gino Barsella, comboniano direttore di Nigrizia, ribadisce l'illegittimità del G8, Piero Gheddo, altro missionario, nota che non si può contestare godendosi l'abbondanza del nord del mondo. Metteteci pure i richiami a passi contrastanti della Bibbia o del magistero della Chiesa, il documento dei vescovi liguri apprezzato o criticato, e il quadro è fatto. Un mosaico di posizioni, una galassia frastagliata di interventi che si è ricomposta in due fronti principali, con relativi "manifesti": da un lato oltre 60 associazioni cattoliche, che hanno sposato le ragioni del "popolo di Seattle", pur dall'esterno del Genoa social forum; dall'altro un nutrito gruppo di intellettuali cattolici che ha denunciato il "pensiero unico" degli antiglobalizzatori e ha invitato a "non conformarsi".
I primi, che ieri hanno spiegato le loro ragioni in una conferenza stampa, ricordano ai leader del G8 il valore universale della vita umana, denunciano la povertà, lo sfruttamento, i privilegi di alcuni e il potere di pochi. Affermano il primato della persona sull'economia, dicono "Noi siamo qui", e mettono in guardia i rappresentanti del G8: "Voi non siete il governo del mondo: quanto decidete ha inevitabili ripercussioni su molti, anche al di fuori dei confini dei nostri paesi". Si richiamano a Jaques Maritain e Martin Luther King, perché "hanno un sogno": non essere più i ricchi che guardano ai poveri da aiutare. Il loro "Manifesto ai leader del G8" tocca i problemi più gravi (guerra, debito estero, povertà) e contiene una serie di proposte che sostanzialmente si identificano con la piattaforma messa in campo dal "popolo di Seattle": un sistema di regole per il commercio internazionale; abolizione della barriere doganali per i prodotti del Sud del mondo; chiusura dei paradisi fiscali finanziari; una tassa sulle transazioni valutarie; una legislazione internazionale che impedisca lo sfruttamento del lavoro; la riconferma degli accordi di Kyoto sull'ambiente; impedimento alla creazione di monopoli delle multinazionali; informazione libera e trasparente sugli organismi geneticamente modificati; medicina a costi sostenibili per le popolazioni più povere.
Gli altri, invece, denunciano l'adesione acritica di parte del mondo cattolico al "popolo di Seattle" in cui, affermano, vige l'egemonia dell'ecologismo radicale che "oltre ad essersi dimostrato disastroso e ad alimentare fobie collettive, intende abbattere il primato dell'esser umano e la bontà della sua presenza". I firmatari del contro-manifesto sono studiosi, scienziati, intellettuali e giornalisti, fra cui spiccano Marcello Pacini della Fondazione Agnelli, il teologo Gianni Baget Bozzo, il missionario del Pime Piero Gheddo, lo scrittore Rino Cammilleri. Tutti d'accordo su un punto: la diffusione del pensiero anticattolico all'interno della Chiesa. "Non conformatevi", dicono, a ideologie inconciliabili con la fede cristiana. Il documento difende invece l'utilità della globalizzazione ("progresso e ricerca scientifica sono gli unici strumenti per sanare le piaghe della fame") e ne notano i vantaggi anche nella relazione uomo-ambiente. Del "popolo di Seattle" smascherano i falsi miti: "Poche voci confuse, argomentazioni pseudo-scientifiche, e tanta ideologia basata sulla lotta di classe". E non risparmiano una stoccata finale ai cugini cattolici del primo manifesto, in cui si tace su aborto, eutanasia, programmi di sterilizzazione di massa. "Il popolo di Seattle - concludono citando il New York Times - è la coalizione che vuole mantenere poveri i più poveri".
Insomma, una controffensiva in grande stile. Ma non è un caso che, all'interno del movimento coagulatosi a livello mondiale per manifestare contro il G8, vi sono congregazioni missionarie, commissioni Giustizia e Pace, movimenti storicamente radicati nel sociale come Acli, Azione Cattolica e Agesci, gruppi noti a livello internazionale come Pax Christi e Beati costruttori di pace. Sono i cattolici della base.
D'altro canto ai vertici della Chiesa vi è una gerarchia che si trova a proprio agio nei "palazzi dei potenti", che smacchia la coscienza dei detentori del grande capitale, che guarda sprezzante ai manifestanti di piazza, che muove e condiziona con sapienza addentellati politici e lobby economiche. Secondo alcuni, è partito proprio dalle alte sfere cardinalizie l'ordine al popolo dei credenti di "smarcarsi" dalle manifestazioni del 21 e 22 luglio e dar vita a un forum "solo cattolico", da tenersi a Genova il 7 luglio. Sì al pieno coinvolgimento, allora, (si è mosso l'Ufficio di pastorale giovanile della Cei), ben distinti da contestatori violenti, centri sociali, gruppi oltranzisti. E il movimento cattolico si è trovato, come spesso accade, a dover scegliere fra obbedienza e solidarietà. E ha deciso parlare, pregare e marciare il 7 luglio, ma di esserci pure (l'adesione è libera) due settimane più tardi. Conservando una certezza: la vicinanza spirituale del papa, che già da tempo ha denunciato nel magistero sociale le degenerazioni del mondo globalizzato, che calpesta i principi di solidarietà e responsabilità. Solo che, come ha detto al recente Concistoro il cardinale brasiliano Lorscheider, "Wojtyla è prigioniero della curia".
* Lettera 22