La Repubblica 25 giugno 2001

G8, non decolla il confronto tra polizia e contestatori

Prossimo incontro con il ministro Scajola

MASSIMO CALANDRI

GENOVA - Che ciascuno fosse destinato a rimanere sulle rispettive barricate lo si era intuito fin dall'inizio dell'incontro, col rifiuto dei contestatori a farsi riprendere da fotografi e cameraman insieme a Gianni De Gennaro, capo della Polizia. Era cominciata maluccio e forse è finita peggio: dopo due ore i quattordici leader dell'antiglobabilizzazione hanno abbandonato la questura di Genova, accusando il Governo di rifiutare il confronto ed affidando ad un prossimo faccia a faccia con il Ministro dell'Interno, Claudio Scajola, le residue speranze di dialogo. I rapporti si complicano e la data del G8 (Genova, 2022 luglio: arriveranno in centomila, i ragazzi del popolo di Seattle) si avvicina maledettamente. Gianni De Gennaro getta acqua sul fuoco, parlando di riunione «costruttiva»: e sottolinea che la priorità sarà comunque e sempre quella di «garantire la sicurezza dei genovesi, dei manifestanti, del vertice e delle delegazioni straniere». Il superpoliziotto domani riferirà a Scajola ed al ministro degli Esteri Ruggiero, di questa giornata che il Viminale giudica comunque «positivamente»: toccherà quindi ai ministri parlare dell'argomento con Silvio Berlusconi martedì e attendere il via libera per l'incontro con i contestatori.
Frontiere aperte, zone offlimits, stazioni ferroviarie libere: la delegazione del Genoa Social Forum si attendeva risposte precise, ma lo stesso capo della Polizia aveva sottolineato che ieri pomeriggio nella questura di Genova non era in corso alcuna «trattativa» ufficiale. Poco più che una chiacchierata, insomma, giusto per sondare le rispettive posizioni. L'equivoco, se c'è stato, non ha fatto che invelenire l'animo della federazione antiglobalizzazione (750 sigle, 120 straniere). Che ha preso atto della disponibilità di De Gennaro ma se l'è presa con Berlusconi: «Non basta che ci riconoscano il diritto di manifestare il nostro dissenso: vogliamo garanzie di poterlo esercitare, quel diritto». Le risposte sulle domande più importanti sono state giudicate «insufficienti», sui pochi punti d'accordo raggiunti (lo snodarsi dei cortei cittadini) la controparte non ha voluto mettere niente per iscritto, e così i quattordici hanno sbattuto la porta. Volevano la riapertura delle frontiere, sospesa nei tre giorni di G8; l'abolizione della zona gialla («E' una trappola costruita con l'intenzione di provocare degli incidenti. E contestiamo anche l'esistenza di una ‘zona rossa' requisita dai potenti»); la possibilità di raggiungere Genova con tutti i mezzi di comunicazione, in particolare il treno. E invece, niente. Con un interlocutorefantasma, la lotta minaccia di farsi più dura: «Il solo modo per ricominciare è un incontro con il Ministro dell'Interno», dicono. L'appuntamento appare come l'ultimo salvagente, prima di un diluvio d'incomprensioni che a luglio potrebbe non essere più controllabile.
Che le due parti parlino lingue ancora diverse lo ha confermato qualche minuto più tardi nel suo commento Gianni De Gennaro, arrivato a Genova in compagnia del suo vice Ansoino Andreassi. Le domande inascoltate dei contestatori? «Abbiamo messo meglio a fuoco alcune problematiche che saranno ancora oggetto di richieste e confronto». Ma l'obiettivo finale è la sicurezza, ripete. Lingue diverse, parole che sembrano rimandare ancora alle opposte barricate, nonostante il Ministro degli Esteri Renato Ruggiero ribadisca la necessità del dialogo con il popolo di Seattle: «Hanno le loro idee, ma è importante ascoltarle e ben canalizzarle». Secondo Ruggiero, molti dei temi in discussione (riduzione della diseguaglianza nel mondo, conservazione della natura, diritti umani) «sono sia nell'agenda dei capi di Stato che in quella delle organizzazioni che vogliono protestare».