Corriere della sera 24 giugno 2001
«Nessun dialogo con il popolo di Seattle»

Il presidente di Confindustria D’Amato: lo sviluppo non si affronta con le agitazioni di piazza

DAL NOSTRO INVIATO
SANTA MARGHERITA (Genova) - I grandi problemi che si parano davanti allo sviluppo dell’Occidente non si risolvono «con le agitazioni di piazza». Tanto più se «sono violente». Il presidente della Confindustria Antonio D’Amato notoriamente non teme di assumere posizioni impopolari e ieri lo ha confermato al convegno dei Giovani Imprenditori, pronunciando un secco «no» al dialogo con il popolo di Seattle e criticando - senza nominarlo - chi come Fausto Bertinotti «gioca sulla piazza quando avrebbe tutte le possibilità di porre le questioni nelle sedi istituzionali». Secondo D’Amato «dietro ai movimenti di questi mesi si nascondono movimenti portatori di una cultura anti-industriale, anti-globalizzazione, anti-qualità della vita, anti-tutto». Di conseguenza c’è la necessità «di ridare al G8 l’opportunità di fornire risposte indipendentemente da quel che accade nelle piazze».
Il compito che attendeva ieri il presidente della Confindustria non era dei più semplici. Venerdì il convegno dei Giovani si era aperto con una relazione di Edoardo Garrone - ribattezzato «il petroliere di Seattle» - che aveva clamorosamente aperto ai movimenti anti-globalizzazione ed era arrivato a proporre una tassa mondiale sulle emissioni di gas. Che si tratti dello spostamento del baricentro culturale di un settore della Confindustria o che sia la manifestazione dei sacrosanti timori di un imprenditore che vuole mettere al riparo i suoi impianti da possibili boicottaggi delle tute bianche, non c’è dubbio che le parole dell’industriale genovese hanno avuto un’eco profonda. E hanno posto un problema di «linea» a una Confindustria schierata su posizioni filo-thatcheriane. Messo di fronte al bivio D’Amato è stato abile. Ha fatto ampie aperture di metodo a Garrone lodandolo per aver messo i piedi nel piatto («Mi è venuto un brivido di emozione nel sentir proporre con coraggio e convinzione argomenti che rappresentano la nuova frontiera»), ma nel merito ha rispedito al mittente quasi tutte le proposte avanzate da Garrone a cominciare dalla super-imposta. «Più che di tasse preferisco parlare di investimenti necessari per il recupero ambientale».
Nella visione proposta a Santa Margherita dal presidente degli imprenditori italiani la cultura industriale e la globalizzazione sono pienamente in grado di affrontare i grandi problemi del terzo millennio - far partecipare al benessere i Paesi in via di sviluppo, tutela dell’ambiente, salute e sicurezza alimentare, ruolo e limiti della scienza e della tecnologia - perché rappresentano l’unico meccanismo «capace di creare ricchezza». Più pessimistica è la valutazione di Garrone sulle sorti progressive dello sviluppo. Come D’Amato il giovane petroliere genovese parla di «società aperta», ma nella sua visione la cultura industriale non è un passepartout , ha bisogno di profonde iniezioni di regole e persino di etica. «Non basta cancellare il debito verso i Paesi poveri - ha ribadito ieri Garrone - così ci si lava la faccia, non la coscienza».
Al convegno ha parlato anche il segretario generale della Farnesina Umberto Vattani, che ha tenuto a rassicurare tutti sul carattere «rigorosamente di lavoro che avrà la riunione del G8». Niente diversivi e mondanità, dunque, ma il summit sarà preceduto da incontri con le organizzazioni non governative e la società civile, nonché da un fitto scambio di relazioni con i leader dei Paesi in via di sviluppo.
Dario Di Vico