La Repubblica 29 giugno 2001


"Niente reparti speciali nelle strade di Genova"
Fini smentito da Scajola

L'uso dell'esercito ha rischiato di far saltare tutto
il retroscena


ROMA - «Fino all'ultimo pensavamo di non presentarci all'incontro». L'atmosfera è quella di uno spettacolare show down, la resa finale dei conti dopo settimane di pubbliche accuse. Vittorio Agnoletto, il medico antiAids che da anni combatte gli "squali" della lobby farmaceutica, inizia così l'incontro di ieri. Nella breve storia antiglobalizzazione è la prima volta che un governo convoca e accoglie nel Palazzo i leader del popolo di Seattle. La scelta di partecipare è lunga e sofferta: sarà una trappola? Un tentativo per dividere il movimento? Alla fine, l'universo antagonista sceglie sette leader. Parla a nome di tutti Agnoletto, gli altri sono testimoni. «Volevamo disertare dice dopo aver letto le dichiarazioni di Fini: che senso ha metterci discutere, venire a dialogare se contro di noi state mobilitando addirittura l'esercito?».
Giornata uggiosa al Palazzo della Farnesina. Sono da poco passate le cinque di pomeriggio nella sala riunioni del ministero degli Esteri cala il gelo. Agnoletto, completo beige e immancabile zaino nero accanto ai piedi, ha davanti Scajola e Ruggiero, i due ministri a cui Berlusconi ha affidato la missione impossibile: disinnescare la bombaG8. Ci sono anche i maggiori rappresentanti della sicurezza nazionale: il capo della polizia De Gennaro e il suo vice Ansoino Andreassi. Tredici alti funzionari contro sette "nani" antiglobalizzazione.
I nuovi ribelli incontrano i vecchi nemici. La cronaca di ieri è un abbozzo di sceneggiatura, perché i protagonisti ancora non si conoscono. Non loro almeno, questi sette moschettieri che vogliono fustigare i grandi del mondo. Cinque sono in trasferta: Massimiliano Morettini e Chiara Cassurino da Genova, Peppe De Cristofaro da Napoli, Fabio Lucchesi da Lucca e Vittorio Agnoletto da Milano. Luciano Muhlbauer e Anna Pizza venivano invece dai rispettivi uffici romani: la confederazione dei Cobas,
Comincia male, dunque. Ruggiero legge una breve introduzione sull'attenzione per i paesi in via di sviluppo: di questo vuole occuparsi il G8, sarà un vertice dei ricchi per i poveri. Si presenta come un moderato. «Sono abituato al dialogo, a mediare tra le posizioni. Ho diretto un'organizzazione che raggruppa 141 paesi». Agnoletto lo fredda subito: «Lei ha diretto il Wto e per questo è uno dei maggiori responsabili dei disastri di questa globalizzazione».
Scajola cambia tavolo, mescola le carte sul suo gioco, quello dell'ordine pubblico. Non può, non vuole ancora fare concessioni. Però annuncia un colore: «La zona gialla non è un mito». Sulla zona cuscinetto che dovrebbe separare i manifestanti dai leader riuniti in vertice si può discutere. «Bisogna abolirla ribatte Agnoletto . E' fatta apposta per diventare un campo di battaglia». Scajola scopre altre carte. «Potrete arrivare a Genova, tutti. Sarete 100, 200mila? Vi garantiremo l'accesso e la possibilità di manifestare». I sette ribelli incassano senza entusiasmo. «Non sono concessioni: questi sono diritti costituzionali Come è anticostituzionale l'utilizzo dell'esercito per scopi di polizia». Il ministro dell'Interno si gioca un jolly. «L'esercito dice non vi deve preoccupare. Vorrei precisare che sarà utilizzato soltanto per la difesa di obiettivi sensibili».
«Bene sottolinea Agnoletto . Vedo che il governo è diviso. Il vicepremier Gianfranco Fini annuncia che ci sarà l'esercito a Genova e viene immediatamente smentito dai due ministri». Scajola non entra nella polemica. Ma per il Genoa Social Forum è un jolly che viene subito riutilizzato all'uscita dalla riunione. Si concorda l'etichetta per affrontare i giornalisti. Prima Agnoletto, poi i ministri. Si concorda un'apertura. Ognuno ha ceduto qualcosa. Non c'è accordo, ma il dialogo è iniziato. Un'ultima trattativa sulla foto: gli antagonisti rifiutano di posare insieme ai ministri. «Avremmo dato un messaggio sbagliato. Anche i dettagli contano» commenta Agnoletto.
(a.g)