Corriere della sera 28 giugno 2001

Pessimismo al vertice dell’Aja Diminuzione dei gas serra Gli Usa contro l’Europa: niente alternative a Kyoto


Clini, negoziatore italiano: «Con gli americani ora anche il Canada, l’Australia e il Giappone»

ROMA - Nascono sotto i peggiori auspici i negoziati sul clima che si svolgeranno a Genova nell’ambito del G8 e, parallelamente, a Bonn, alla Conferenza sul clima globale, sèguito di quella fallita all’Aja. Lo dice Corrado Clini, il negoziatore italiano del ministero dell’Ambiente reintegrato dopo gli attriti con l’ex ministro Bordon. Clini si trova nella capitale olandese per l’ennesimo vertice al quale è intervenuto anche il neoministro all’Ambiente Altero Matteoli. «Purtroppo la situazione sembra senza via di uscita - dice Clini-. Gli Stati Uniti mostrano di non avere gradito la decisione europea di procedere comunque alla ratifica del Protocollo di Kyoto entro il 2002. E non hanno voluto presentare il progetto alternativo a Kyoto che sembrava avessero in serbo». Insomma, l’atteso Protocollo «Kyoto 2», se c’è, non viene tirato fuori dai rappresentanti di Bush, risentiti dall’intransigenza europea a far sopravvivere un meccanismo che giudicano «costoso e inefficiente». Secondo alcune valutazioni di esperti americani, infatti, il Protocollo di Kyoto sulla riduzione dei gas serra costerebbe ai Paesi industrializzati fino al 2,5 per cento all’anno del loro prodotto interno lordo . Sacrificio che, in cambio, frutterebbe solo una riduzione delle temperature medie terrestri di uno o due decimi di grado, a fronte di quasi un grado di aumento registrato nel 1900, e di altri 2 o 3 gradi previsti entro il 2100. «Purtroppo - aggiunge Clini - sembrano schierati con gli americani per "affondare" il documento di Kyoto il Canada, l’Australia e ora anche il Giappone. Mentre la Russia tace e aspetta». I rappresentanti dei Paesi pro-Usa hanno ribadito ieri all’Aja che sarebbe insensato andare avanti in un programma di riduzioni dei gas lasciando fuori il Paese industrializzato che ne produce la maggior quota (circa il 25%): gli Stati Uniti appunto.
«Il ministro Matteoli - riferisce Clini - pur ribadendo la fedeltà del nostro Paese alla linea di sostegno a Kyoto concordata dalla Ue, ha fatto notare il danno ambientale e gli svantaggi economici che deriverebbero da un’applicazione parziale del Protocollo, senza il contributo degli Stati Uniti». Alla luce dell’ulteriore irrigidimento fra le parti emerso all’Aja, dunque, appare sempre più difficile che l’Europa possa aggregare un ampio cartello di Stati favorevoli alla ratifica di Kyoto, raggiungendo quella soglia minima di 55 Paesi, rappresentanti il 55 per cento delle emissioni di gas serra, senza la quale l’accordo stesso non avrebbe valore vincolante.
Franco Foresta Martin