Manifesto 6 luglio 2001 Genova
città di polizia
Un giorno nella zona rossa, all'inseguimento
delle forze dell'ordine. E di un pass
AUGUSTO BOSCHI - GENOVA
Ate sì, a te no, a te forse. Il criterio con cui la questura di Genova
concede i pass per la zona rossa alle aziende e ai commercianti è alquanto discutibile.
Capita infatti che in un'azienda nella quale lavorano dieci dipendenti, cinque ottengano
il permesso di andare al lavoro anche nei giorni caldi e altri cinque siano costretti a
rimanere a casa. Risultato: l'azienda chiude perché, se dietro il bancone o nei magazzini
normalmente ci lavorano in dieci, è perché servono dieci persone. Il fatto è che la
questura, nel rilascio dei preziosi tesserini con foto che impiegati, operai e
professionisti dovranno mostrare ai check point, si riserva di decidere un paio di
cosette che hanno a che fare più con la gestione d'azienda che con le questioni di ordine
pubblico. E cioè: è essenziale che la tale ditta stia aperta anche di venerdì? Se la
risposta è no, niente pass. Ma se la risposta è positiva, ecco che scatta un secondo
esame: siamo sicuri che tutto il personale per cui si è chiesto il permesso sia
necessario al funzionamento dell'azienda? Non è molto chiaro su quali basi venga deciso
chi è utile all'azienda oppure no, chi svolge un lavoro di fondamentale importanza e chi
invece può essere tranquillamente lasciato a casa. Sta di fatto che almeno una grossa
agenzia di viaggi e una nota shipping company si sono viste rifiutare buona parte dei pass
richiesti per i loro dipendenti e, di conseguenza, hanno deciso di chiudere gli uffici.
Intanto, il Genoa social forum ha presentato un documento in sette punti per
fermare il G8. Tra i punti salienti della "Genoa declaration", la proposta di
un'assemblea di tutti i popoli per rifondare le Nazioni unite e il blocco dei nuovi
accordi di liberalizzazione del commercio. Mentre la città in questi giorni è più
blindata della cassaforte di Fort Knox: trecento controlli per ogni turno di lavoro, 1200
a fine giornata. Queste sono le disposizioni che gli agenti di polizia devono rispettare
per mantenersi nella media. Insomma, lavorano a cottimo.Se il "popolo di
Seattle" non è ancora arrivato in forze in città, le forze dell'ordine sono già
migliaia. Che Genova sia una città blindata lo si capisce passeggiando per le strade del
centro: parcheggiamo l'auto nel silos del porto antico e appena usciti dal parcheggio ecco
una volante ferma vicino ai magazzini del cotone. Tre agenti in divisa stanno parlando con
una decina di persone: lì per lì sembra un classico controllo di documenti, ma quando ci
avviciniamo scopriamo che anche quelli in borghese sono poliziotti. Piazza Caricamento,
appena fuori dal porto antico, è tradizionalmente presidiata dalla polizia. Ma basta
attraversarla ed entrare sotto i portici medievali per fare incontri inusuali: una
pattuglia del reparto antisabotaggio sbuca improvvisamente da un vicolo mentre gli
artificieri dei carabinieri stazionano in piazza Corvetto, di fronte alla prefettura.
Risaliamo verso piazza Banchi e piazza Campetto. Qui, dove nei dehors dei caffè si
ritrovano gli intellettuali e gli artisti genovesi, vediamo passare pattuglioni di
carabinieri in divisa da campagna e vetture azzurre e bianche con il simbolo dell'aquila
gialla appiccicato sulla fiancata. E' il simbolo del reparto prevenzione crimine. La
maggior parte dei poliziotti arrivati in questi giorni fa parte di questa unità. Vengono
dalle questure di mezza Italia, in particolare da Torino, Bari e Milano. Si tratta del
reparto che ha il compito di pattugliare e di sorvegliare la città e infatti il numero
delle autopattuglie in giro per le strade è triplicato. L'obiettivo dichiarato, come si
legge in un comunicato ufficiale diramato dalla questura genovese, "è quello di
garantire sia il sereno svolgimento del vertice sia il diritto di manifestare opinioni
contrarie in modo civile e pacifico, senza danni per la cittadinanza". Ma quanta
serenità ispiri incontrare nugoli di divise a ogni angolo è facilmente immaginabile.
Da piazza Campetto ci dirigiamo verso il duomo di San Lorenzo. Anche qui poliziotti
accaldati e annoiati che passano il tempo accanto alle pantere. Piazza delle erbe, alle
17, è semi deserta. A trenta metri c'è via san Donato, teatro della perquisizione
"pubblica" dell'altro giorno. Per vedere le forze dell'ordine basta fare come
insegnano i saggi cinesi: sedersi e aspettare. Neanche dieci minuti, ed ecco la prima
autopattuglia che scivola lenta tra le case e tavolini dei bar e scompare dietro l'angolo
di via San Donato. Neanche venti minuti e ne arriva un'altra che segue lo stesso percorso.
La stessa scena si ripete in tutta la zona rossa. Poliziotti e autopattuglie,
autopattuglie e poliziotti. Quattro della polizia e due dei carabinieri davanti alla
stazione Principe. Un continuo viavai di agenti in uniforme e in borghese fuori dal
commissiarato Centro, davanti a palazzo Ducale. E nelle piazze "di confine"
fanno la loro comparsa, in sordina, gli spartitraffico Jersey a righe bianche e rosse: i
sigilli che proteggeranno gli otto grandi dal resto del mondo.
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