La Stampa
Domenica 1 Luglio 2001

L’ALA DURA MINACCIA DI SPACCARE IL MOVIMENTO
Le tute bianche non ci stanno «Il governo ci ha presi in giro»

inviato a GENOVA
QUESTI sono soltanto giochi di prestigio d’un governo che trasforma le restrizioni in concessioni e i diritti acquisiti in privilegi. Quindi la nostra opinione non può essere che questa: buttare all’aria il tavolo e mandare tutti a quel paese». Lo stato maggiore delle Tute Bianche guarda all’incontro appena conclusosi a Genova con gli stessi occhi con cui per tutto il pomeriggio ha scrutato i messaggi che la loro inviata all’interno della delegazione spediva via cellulare. Da fuori le domandavano «Come va?» e la risposta era sempre la stessa: «Male». Luca Casarini, uno dei leader del movimento zapatista sceglie di tacere. Ma chi gli sta vicino lo descrive infuriato: «Male? Certo che va male - ripete -. Il governo ci ha preso in giro per una decina di giorni. E adesso gioca la sua carta sporca gabellandoci ‘sta roba come fosse oro. I privilegiati non siamo certo noi, ma quegli otto che stanno dentro il fortino e tengono in ostaggio un’intera città».
Si discute di come comportarsi martedì prossimo quanto Agnoletto racconterà, in una riunione plenaria di tutte le anime del Genoa Social Forum, il tipo e il senso delle concessioni offerte da Roma. In molti preannunciano una lettera al governo «per rilanciare la vera opzione politica: l’annullamente, cioè, del G8» e rinfacciano all’esecutivo d’aver cercato attraverso un dialogo fittizio d’indebolire il fronte degli antagonisti. Altri si rendono conto che questo comportamento equivale a mettersi in collisione con i vertici del Genoa Social Forum. Volete uno strappo del genere a 20 giorni dal summit? La risposta di parecchi è un’alzata di spalle; quella, più eloquente, attribuita a Casarini, concerne la gestione del dialogo instaurata da Vittorio Agnoletto: «Vedo quanto ha ottenuto e gli dico: "In realtà avete portato a casa poco o niente". E, allora, quel che c’è, lo si prende, ma solo per disobbedire».
Anche il governo legge in controluce l’incontro. Con soddisfazione. Ci si domanda, allora: come può la contentezza del ministro Scajola e del capo della polizia coincidere con quella del portavoce dei ribelli che parla addirittura di vittoria? «E’ stato un problema di scelta e di strategia - è il concetto che filtra dal Viminale -: offrire ai nostri interlocutori tavoli di grande caratura politica, con due ministri pronti al dialogo e a proporre la loro disponibilità non solo operativa. Si pensi, ad esempio, ai tre miliardi offerti per l’ospitalità. Senza contare l’importanza che ha giocato, nella gestione tecnica di questi incontri, la preparazione di un uomo come il prefetto De Gennaro».
Sono lodi, ma anche considerazioni pragmatiche che partono, soprattutto, dal discorso «accoglienza e mobilità»: migliaia di sbandati che s’aggirano nel centro di Genova senza sapere dove andare sono un problema che nessuno ha voglia di adossarsi; tanto meno un esecutivo che pone al vertice dei suoi interessi, come dice De Gennaro, «la vivibilità di Genova da parte dei suoi abitanti, il diritto dei vertici del G8 a lavorare e dei manifestanti a dimostrare».
L’intento che sta dietro tutto quest’ordito di incontri e discussioni è ovvio: tacitare la moltitudine dei 100 mila che proclamano d’essere «pacifici e pacifisti» per poter badare, con maggior attenzione e più cospicuo schieramento di forze, ai violenti, di varia provenienza e militanti sotto le più diverse bandiere, che vorranno calare su Genova con l’unico interesse di esercitare il proprio furore. Non ci si fida troppo dell’annunciato e ancora fumoso servizio d’ordine garantito dai vertici del Gsf contro i branchi di «cani sciolti»: «Non hanno certo l’esperienza dei sindacati o di certi grandi partiti».
Il timore di disordini fa comprendere quanto sia importante, anche per il governo, l’apertura, seppure per brevi spazi di tempo, della stazione di Brignole e dei caselli di Genova Est: l’immenso corteo previsto per il 21 luglio terminerà, infatti, a Marassi, nella zona orientale di Genova. Avere uno sbocco autostradale che funzioni a pieno regime significa garantire un ordinato e, soprattutto, rapido deflusso delle persone. Minimizzando i pericoli di scontri.
Da queste stesse valutazioni nasce il «no» assoluto incassato dai manifestanti che volevano spaziare nel Ponente della città: troppo vicino alla zona del vertice e all’aeroporto, troppo tentatore per chi ha giurato d’infiltrarsi ad ogni costo nella città proibita in cui lavorano gli otto grandi: unica deroga, ma dal 4 al 7 luglio, in giorni lontani da quelli cruciali, la serie di concerti nella zona del Lagaccio sulle alture di Genova, proprio a ridosso del centro sociale Terre di Nessuno. La concessione non è, però, tanto un grazioso regalo quanto una scelta mirata ad ammorbidire «le relazioni»: gli zapatisti, infatti, alcuni giorni fa hanno annunciato che, a partire da martedì, avrebbero occupato questi impianti sportivi. Meglio prevenire che reprimere.