La Repubblica 24 giugno 2001
"Niente manganello in mano ma siamo pronti a usarlo"Parla
Ansoino Andreassi, vicecapo della Polizia: "Non siamo allarmati, stiamo vagliando
tutte le minacce"
LIANA MILELLA
ROMA - «Intendiamoci bene, a Genova la polizia non va con il manganello in mano, ma se
dovesse essere necessario è pronta a tirarlo fuori». Il prefetto Ansoino Andreassi ha la
solita voce tranquilla che riesce a tenere anche nei momenti più difficili. E molti ne ha
avuti nella sua lunga vita di sbirro e di spia. Adesso che, da vicecapo vicario della
polizia, ha avuto l'incarico di trasferirsi a Genova per «raccordare le esigenze
organizzative e quelle della sicurezza del G8», è l'uomo giusto per spiegare se sia vero
o no che, a luglio, si rischia la «guerra» dentro e intorno al summit dei grandi. E
dalle sue parole si capisce che il ministro dell'Interno Claudio Scajola ha dato un ordine
chiaro: far calare, a tutti i costi, la tensione. Per questo, di fronte all'inquieto
popolo di Seattle, oggi si materializza De Gennaro, il responsabile, dopo il ministro, di
tutte le polizie italiane.
Il Sisde lancia l'allarme: poliziotti in ostaggio. Non la spaventa?
«Non ci allarma affatto. Perché mettiamo sempre in conto che un agente isolato corra dei
rischi. Conosciamo bene il pericolo connesso ad azioni violente, ma il principio che va
sempre rispettato è che i nostri uomini non devono rimanere da soli».
Se la sente di escludere che un agente possa trovarsi accerchiato?
«Potrebbe accadere solo se rimanesse ferito, ma giusto il tempo necessario per arrivare a
soccorrerlo. Ma glielo ripeto: è un rischio che abbiamo ben presente e che non ci
spaventa più di tanto».
È «usuale» che il movimento pensi di «prendere ostaggi»?
«Se veramente dovesse esistere un'intenzione del genere saranno costretti a lasciarla
perdere perché tanto non gli riuscirà».
Mettete in conto uno scontro duro in quel di Genova?
«Non è così. Stiamo vagliando, con tranquillità e freddezza, tutte le minacce che ci
vengono segnalate, senza trascurarne alcuna. Ma non vogliamo cadere dentro spirali di
tensione che non vanno a vantaggio di nessuno, né di chi vuole manifestare pacificamente,
né delle forze dell'ordine, né tantomeno della città. E non siamo disposti ad
enfatizzare i rischi, perché questo non giova a nessuno».
Minimizza gli allarmi degli 007?
«Qui non viene sottovalutato nulla, ma ci rifiutiamo di cadere in una spirale di
angoscia. Vogliamo e dobbiamo mantenere la lucidità di soppesare l'attendibilità delle
minacce distinguendole tra quelle probabili, possibili, sicure».
Qual è oggi il suo pronostico sul livello di pericolosità del G8?
«La preoccupazione di turbative serie all'ordine pubblico nasce dall'osservazione attenta
di quanto è avvenuto da Seattle fino a Goteborg, passando per Praga e Nizza. Abbiamo
lavorato molto con i colleghi stranieri, abbiamo fatto tesoro dei loro consigli, abbiamo
osservato direttamente quando è stato possibile. E adesso stiamo rivendendo, uno a uno,
tutti i filmati».
Quindi il rischio di gravi scontri esiste?
«C'è il pericolo concreto di gravi turbative dell'ordine pubblico da parte di una
minoranza violenta».
Sapete da chi è composta questa «minoranza»?
«Sì, nel cosiddetto blocco nero ci sono sia italiani che stranieri».
E anche dei terroristi?
«Speriamo proprio di no, ma non possiamo sottovalutare il pericolo che la componente
violenta connoti in modo negativo tutte le manifestazioni offrendo anche spazi per
l'inserimento di presenze più pericolose».
La vostra sarà una risposta «militare»
«Innanzitutto siamo convinti che la maggioranza del movimento che si raccoglie nel Genoa
global forum vuole manifestare pacificamente il dissenso. Poi ci sono i violenti. E questo
non è solo un problema della polizia, ma di tutti. I violenti vanno isolati, ma la
repressione non serve. Ci vuole una scrematura «politica» all'interno del movimento. A
meno che non si voglia che una minoranza esigua connoti negativamente un intero
«popolo»».
Lei e De Gennaro direte questo al Gsf?
«Metteremo a fuoco le richieste fatte, tenendo ben presente che, per ragioni di sicurezza
legate alla presenza di frange violente, è indispensabile applicare delle limitazioni
all'evento».
Agnoletto vuole abolire la «zona gialla».
«E noi cercheremo di raggiungere un'intesa tecnica che contemperi un pacifico svolgimento
del summit e garantisca visibilità a chi vuole manifestare pacificamente e rispettando la
democrazia. Non stiamo chiedendo aiuto a nessuno e faremo fino in fondo il nostro lavoro
tecnico. Però una riflessione voglio farla: dovrebbe stare a cuore a tutte le persone di
buon senso che non prevalga chi ha intenzioni violente».
Si sta ricreando il clima degli anni del terrorismo con il morto a tutti i costi?
«Non voglio assolutamente riflettere su simili analisi perché sono il frutto di
un'esasperazione gratuita: nessuno può pensare che il G8 si possa trasformare in una
guerra».
E allora perché viene dato tanto risalto alla preparazione «militare»?
«Né la polizia né i carabinieri si addestrano militarmente, ma si stanno solo
preparando a fronteggiare problemi di ordine pubblico. Fanno il loro mestiere. La verità
è un'altra: bisogna stemperare il clima di esasperazione intorno al G8. Non siamo in
guerra, non stiamo andando al fronte, Genova è città civile e democratica, in cui
coesisteranno i grandi da una parte e chi vuole manifestare dall'altra. E se i violenti,
che al massimo riusciranno a sfondare qualche vetrina, vorranno turbare le manifestazioni
troveranno la polizia a contrastarli. A Genova i nostri non agiteranno i manganelli, ma se
sarà necessario li tireranno fuori».
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