Vertice di Genova, prove di mobilitazione

Il «popolo di Seattle» protesta in nove città con fucili ad acqua e bombe alla crema

ROMA - Bombe alla crema, fucili ad acqua, gas «Ner Vino», cerbottane, cartoccetti. In un clima goliardico e rilassato, 200 manifestanti della rete antiglobalizzazione si sono presentati davanti al ministero dell’Interno per mostrare al Palazzo le «armi» che utilizzeranno al G8 in programma a Genova dal 20 al 22 luglio. «Contro i padroni del mondo. Genova città aperta»: con un’unica parola d’ordine il popolo di Seattle ha manifestato pacificamente anche a Milano, Torino, Genova, Ventimiglia, Bologna, Venezia, Firenze e Napoli. E’ stata, quella di ieri, una sorta di prova generale «per sdrammatizzare» la mobilitazione di massa contro il summit degli 8 grandi della Terra che, secondo il «Genoa Social Forum», può già contare sull’adesione di 422 organizzazioni non governative e sull’appoggio del circuito francese «Attac», forte di 200 comitati locali e di 30 mila aderenti. Mancano poco meno di 50 giorni. «Genova è impreparata ad accogliere le 100 mila persone che arriveranno, se continua così sarà campeggio libero in tutte le aree verdi urbane», avverte il tam-tam che rimbalza sui siti Internet del movimento antagonista. Il variegato popolo di Seattle, insomma, cerca un punto di contatto con le istituzioni per garantirsi uno spazio di agibilità e per chiedere che il capoluogo ligure non venga sigillato con tanto di blocchi alle frontiere per i gruppi che giungeranno dall’estero. Però la «trattativa», se di negoziato si può parlare, si sarebbe arenata (ad aprile, delegazioni del movimento si sono recate in prefettura a Genova e al Viminale) in attesa dell’insediamento del nuovo governo.
A Roma, il popolo anti-G8 ha portato in piazza anche un paio di deputati: «Se veramente sposteranno il vertice su una nave, i Grandi della terra firmeranno la loro sconfitta politica», azzarda il verde Paolo Cento. Che annuncia una sfida per tutto l’Ulivo: «Proporremo a Rutelli una mozione parlamentare che impegni il governo a garantire la libertà di manifestare. Vedremo chi di noi andrà Genova». Da Venezia il portavoce dei centri sociali del Nordest, Luca Casarini, dice che «con la presidenza di Berlusconi la protesta sarà più effervescente».
Per tastare il terreno, ieri notte a Genova molti giovani si sono piazzati con i sacchi a pelo davanti alla prefettura. A Milano, al corteo aperto dalle «tute bianche» del Leoncavallo è stato consentito di arrivare in corso Monforte ma non davanti alla Prefettura. Alla stazione centrale di Napoli, requisito simbolicamente un locomotore per chiedere «di poter arrivare a Genova con i Global Action Express che a settembre si mossero per Praga». Oggi si replica in altre 12 città. E davanti alle ambasciate d’Italia di Londra, Madrid, Parigi e Atene.

Dino Martirano