Manifesto 13 giugno 2001

VERSO GENOVA
Punto G: genere e libertà
CARLA CASALINI

Da Pechino, la Conferenza mondiale delle donne del 1995, alla recente Marcia mondiale contro la povertà, la violenza, le guerre, che ha riunito oltre 30mila donne a Bruxelles; e ora Genova, venerdì e sabato, che riunisce centinaia di associazioni femminili e femministe, e singole donne contro il G8. E' l'ennesimo vertice dei "potenti del mondo", autocertificantisi tali, insieme simbolo astratto dell'ordine globale disegnato dalla rivoluzione capitalistica di fine '900, e anche indicazione concreta di decisori politici dietro l'anonimo scorazzare dei capitali. La politica, appunto, è in causa, e il decidere differente di un ordine condiviso, questione di democrazia, di libertà: questo è il segno dei testi femminili preparatori della riunione internazionale di Genova (vedi il sito: www.marea.it).
Dall'ormai mitico Seattle, che, illuminata dai media, ha reso visibili in tutto il mondo le reti costruite da tempo dai movimenti di "antiglobalizzazione", è solo con Porto Alegre, nel documento finale condiviso da tutti i gruppi che vi hanno partecipato, che si produce un segno nuovo: il dar conto della presenza sesssuata del "movimento".Lo sottolinea Monica Lanfranco, direttrice di Marea: quel movimento, quella "moltitudine segnata dal genere dei corpi che la compongono", solo a quel punto ha trovato "anche nelle parole del documento, lo spazio politico e la visibilità per nominare la differenza sessuale". E questo fine settimana a Genova non si tratterà di "un qualunque convegno o incontro" - ci tengono a chiarire le organizzatrici italiane - "ma il primo appuntamento in assoluto che in Italia si organizza sui temi della globalizzazione con un'ottica di genere: un prezioso momento che vorremmo segnasse e permeasse di ricchezza e conflittualità produttiva anche gli appuntamenti successivi".
La contestazione, esplicita, del momento clou dello scontro di piazza, è sviluppata nel testo di convocazione della marcia mondiale: "Lontane dai militari, lontane da chi li imita". Se la riflessione femminile e femminista nel mondo ha messo in evidenza il nesso profondo tra "patriarcato, nazionalismi e militarismi", e vi oppone pratiche differenti di agire i conflitti nell'attuale contesto capitalistico, ne deriva la contrarietà alle "pratiche degli uomini del movimento antiliberista", invitati ad andare "oltre il loro triste monotono insopportabile simbolico di guerra, che trasforma tutto in militare: l'amore diventa conquista, la scuola caserma, l'ospedale guardia e reparti, la politica, tattica strategie e schieramento".
La "dissidenza" femminile si concentra sui contenuti e le forme di una diversa "opposizione permanente alla globalizzazione e al neoliberismo": l'urgenza è dettata dalle considerazioni che sono le donne le più colpite da questo nuovo assetto capitalistico, sia negli sconvolgimenti sociali che produce nei paesi più svantaggiati che nel disfacimento di legami e patti sociali nei ricchi paesi d'occidente. La minaccia, per le donne, è di una regressione imposta alle loro condizioni di esistenza - non a caso, tra l'altro, sono loro ad affollare le graduatorie mondiali dei poveri. Minaccia materiale non disgiungibile da quella simbolica, giacché stringe dappresso progetti di vita, agio di libertà.