La Stampa 25 giugno 2001

La rabbia delle Tute bianche
«Lo Stato vuole la guerra»
Renato Rizzo
inviato a Genova

«Era prevedibile che finisse così». Tra le Tute Bianche, l’ala più determinata del popolo dei ribelli si respira una brutta aria. Rabbia trattenuta a stento: voglia di «fargliela pagare». Vittorio Agnoletto, l’uomo che tratta con Roma, e i suoi «colonnelli» hanno appena incassato la sconfitta d’un dialogo finito. E’ l’alba d’un giorno di fuoco. Oggi qui si terrà l’incontro nazionale di tutti i rappresentati dal Genoa Social Forum: centinaia di sigle che mettono gli uni accanto agli altri, cattolici e comunisti, ambientalisti e femministe d’ogni colore, fautori dell’economia solidale e scout, il comandante Marcos e Jeremy Rifkin, Naomi Klein e José Bové. La galassia dell’entusiamo respirerà delusione. E il discorso tra il diplomatico e il curiale che il portavoce ha offerto ieri a sigla della rottura, diventerà probabilmente più acceso.

Anche per l’incalzare di chi, probabilmente, chiederà risposte «dure e concrete» rischiando di incrinare una «convivenza» già difficile. «Era prevedibile che finisse così» ripetono i ragazzi dei Centri sociali. Fino a poche ore prima che la delegazione del Genoa Social Forum si sedesse al tavolo appprontato al primo piano della Questura con il capo della Polizia e i suoi collaboratori, loro, avevano discusso sull’opportunità di accettare o, piuttosto, declinare l’invito. «Ma De Gennaro è proprio l’interlocutore giusto?» s’erano domandati quelli del consiglio dei portavoce delle Tute Bianche seduti sulle sedie sgangherate del Centro Terra di Nessuno sulla collina genovese.

Una discussione accesa. Alla fine, accantonati i dubbi in nome dell’unità della protesta, la sofferta decisione di inviare anche un loro rappresentante all’appuntamento: Chiara Cassurino, di Ya Basta, l’associazione nata nel 1994 sullo slogan zapatista che significa «Adesso basta»: «Accogliamo l’invito del Genoa Social Forum, da tempo impegnato a chiedere che Genova sia città aperta anche nei giorni del vertice dei Potenti dell’Ingiustizia e della Miseria chiamati G8».

La loro delegata è arivata al colloquio con il capo della polizia portando con sè tre precise richieste, mutuate da quelle del Genoa social Forum: «La completa possibilità per le moltitudini di raggiungere Genova; la libertà di manifestare; l’accoglienza dignitosa per chi arriverà». I dubbi tornano a mordere mentre si analizzano i motivi di questa battaglia persa e non «consola» il fatto d’essere stati quasi profeti: «Era chiaro, spettava al governo italiano dover dare risposte, non a De Gennaro. Chiediamoci, allora, qual è la vera ragione per cui il signor Berlusconi, capo dell’esecutivo, demanda al comandante in capo del suo esercito l’incontro con la società civile».

La loro risposta arriva subito: «Tutto questo è esattamente lo specchio del G8: con i Grandi che vengono a parlare e, poi, in realtà scatenano le guerre». Loro, le Tute Bianche, il problema dell’accoglienza «per i fratelli e le sorelle che arriveranno a Genova da ogni parte d’Europa» promettono di risolverselo da soli. Prima ancora che ci pensi o non ci pensi il ministro Scajola sollecitato dal Genoa Social Forum.

Hanno, infatti, deciso che occuperanno gli impianti sportivi del Lagaccio, quelli adiacenti al loro centro sociale: «In tende e sacchi a a pelo saremo in grado di ospitare fino a 10 mila persone». Un fiume di giovani e meno giovani che comincerà a fluire in una babele di lingue sin dal 4 luglio: «Arriveranno molto prima del Vertice, alla spicciolata, attraverso itinerari inconsueti perchè non vogliono farsi respingere alle frontiere o trovarsi su un treno bloccato in qualche stazione com’è accaduto per una notte a noi quando andammo a Praga a contestare il Fondo monetario mondiale. Il tempo stringe, non possiamo certo aspettare che si svegli il governo. Sempre che, poi, non abbia deciso che gli conviene dormire il più a lungo possibile».