Manifesto 5 luglio 2001

La rabbia del Genoa Social Forum
Agnoletto: "Quello dell'Ulivo è un incredibile e inaccettabile regalo fatto a Ruggiero"
A. CO.

La reazione del Genoa social forum è immediata, durissima. L'astensione, dichiara il portavoce Vittorio Agnoletto, "è un regalo fatto dall'Ulivo al ministro Ruggiero, un fatto estremamente grave che segnala la assoluta e totale distanza del dibattito politico e istituzionale dal mondo sociale". Agnoletto denuncia "la incredibile insensibilità dell'Ulivo", definisce "inaccettabile" l'astensione sul documento della maggioranza. Tanto più dopo che il centrodestra, per bocca del ministro Ruggiero, si è confermato contrario alla totale cancellazione del debito dei paesi poveri.
Ma quello che brucia di più è quella dichiarazione del ministro rivolta direttamente al Genoa social forum. E' anche colpa dell'Ulivo, se Ruggiero può dire che il Forum non rappresenta nulla, "visto il grande consenso raggiunto in parlamento sulle posizioni da lui presentate". Agnoletto conclude precisando che "Ruggiero parla con lingua biforcuta quando afferma di aver avviato da giorni uno stretto dialogo con il Forum. C'è stato solo un incontro nel quale abbiamo potuto misurare l'assoluta e incolmabile distanza tra le sue posizioni e le nostre".
Il voto di ieri, il clima da unità nazionale che si è creato intorno al G8, non ha certo stemperato le tensioni. Al contrario, le ha esasperate ed esacerbate. Riguardo alle manifestazioni di Genova, rende tutto più difficile e pericoloso, tranne la posizione di Silvio Berlusconi. Difficile credere che politici di lungo corso si aspettassero un risultato diverso. La soluzione bi-partisan su Genova è il frutto di una decisione cosciente: la scelta di privilegiare il dialogo istituzionale con la destra e di arrivare a una rottura completa con il movimento anti-globalizzazione, nonché con Rifondazione comunista. La reazione del Prc è in piena assonanza con quella del Forum: "Che su temi simili Berlusconi e l'Ulivo abbiano dei punti in comune è incredibile", dichiara il capogruppo Giordano.
Il costo dell'operazione bi-partisan va però oltre la rottura con il movimento anti-globalizzazione e con Rifondazione. Comporta una spaccatura clamorosa all'interno dello stesso centrosinistra. Sono stati 80 i deputati dell'Ulivo che non si sono uniformati alla decisione di astenersi sulla mozione della maggioranza. I Verdi e il Pdci avevano annunciato il voto contrario. "Non potevamo sostenere - spiega il capogruppo verde Pecoraro Scanio - una mozione debole che non contiene riferimenti a questioni cruciali come la cancellazione del debito e le politiche ambientali". "Quel documento - rincara il segretario del Pdci Diliberto - è mortificante nella sua presunta comprensione del fenomei determinati dalla globalizzazione capitalistica".
Ma i no davvero clamorosi sono quelli non annunciati, quelli che dissentono non solo dalla scelta dalla coalizione nel suo complesso ma anche da quella del proprio gruppo: 42 diessini, un'enormità anche tenendo conto delle giustificazioni di Bersani e Mussi (non di Livia Turco, la sola ex ministra ad aver votato contro la mozione della maggioranza senza invocare poi l'errore tecnico), 21 della Margherita.
Tra i diessini, ha votato in dissenso l'intera sinistra. "E' stato un chiaro segnale al mio partito e all'Ulivo: accordi trasversali non se ne fanno", rivendica Alfiero Grandi. Ma hanno bocciato la mozione della destra anche una serie di esponenti di primo piano che non fanno parte della sinistra: l'ex sottosegretaria al Tesoro Laura Pennacchi, L'ex presidente della commissione antimafia Lumia, la responsabile delle donne della Quercia Barbara Pollastrini, Famiano Crucianelli, Carlo Rognoni.
E' certo che nella fragorosa manifestazione di dissenso sono confluite motivazioni diverse, soprattutto per quanto riguarda i deputati della Quercia: il dissenso rispetto a un gesto che allontana bruscamente la coalizione dai movimenti sociali, ma anche l'ostilità per quella politica di accordi e commistioni con la destra già ampiamente praticata (e pagata a caro prezzo) negli anni di governo. Per non parlare dello scontro sordo e latente con il capogruppo Violante, che ha deciso l'astensione senza neppure riunire l'assemblea del gruppo. Intorno alla decisione bi-partisan, insomma, si è giocata anche una parte del congresso diessino, del confronto tra l'ala dalemiana, che punta sul dialogo con il governo, e l'area probabilmente maggioritaria ma divisa, frastagliata e oggi sulla difensiva che pensa invece a una opposizione più frontale.