Corriere della sera 23 giugno 2001
LINTERVISTA
Ramonet: «Ma la violenza
fa il gioco dei potenti»
- DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - «La violenza ai vertici? Serve ai potenti della Terra», dice Ignacio Ramonet,
dal 91 direttore di Le Monde Diplomatique , i cui dossier sono un punto di
riferimento culturale della mondializzazione. Ramonet non ha dubbi sulle conseguenze della
contestazione: «Distoglie lattenzione dai veri problemi, rende i vertici più
distanti e più chiusi. Blindati, come si dice. E ora non si può più escludere unazione
programmata di provocatori infiltrati».
Il G8 a Genova nasce sotto i peggiori auspici?
«Dipende dalla risposta che si vorrà dare al movimento. Dopo i fatti di Göteborg, lappuntamento
di Genova sta suscitando grande attesa e grande mobilitazione. Migliaia di persone sono in
arrivo da tutto il mondo. Non potranno rimanere esclusi e in silenzio».
E i rischi non possono essere sottovalutati.
«Il movimento non deve permettere che estremisti monopolizzino la protesta. La
violenza ha due conseguenze gravissime. Colpisce la popolazione civile, che subisce la
"militarizzazione" della città, e confonde la problematica stessa del vertice.
Il rischio è che la violenza venga strumentalizzata, con il risultato che i vertici si
svolgeranno sempre più a porte chiuse e il mondo guarderà i capi di Stato muoversi come
nel Grande Fratello. E la protesta pacifica non sarà più sufficiente».
Si può alzare la voce senza sassi e bastoni?
«I manifestanti sono diventati il nemico numero uno, con il risultato di lasciare mano
libera a chi deve prendere decisioni che riguardano il pianeta. La strategia giusta è lazione
non violenta».
Come giudica la proposta del ministro degli esteri italiano, Ruggero, per un
«pre-vertice» dei Paesi poveri a Roma?
«Lidea è buona, ma non sufficiente. Abbiamo già visto conferenze parallele. Il
problema è il dialogo dentro le istituzioni stesse e lo sviluppo di iniziative ad hoc,
come ad esempio le conferenze di Rio e di Porto Alegre. La società civile non deve essere
costretta ad esprimersi soltanto nella strada o in ambiti separati, mentre ogni giorno fa
da spettatrice alla violenza strutturale che si produce nel pianeta: sfruttamento, fame,
distruzione ambientale, alterazioni climatiche. Questo non giustifica la violenza, ma non
si può discutere solo di questo, altrimenti si fa proprio il gioco degli estremisti e
forse di alcuni capi di Stato».
Europa e Usa, su alcuni temi, sono distanti e rischiano una frattura che ritarderà
comunque un diverso modello di sviluppo. Come ritrovare una strada comune?
«Con un presidente come Bush, la sfida su alcune questioni, come ambiente, commercio,
sistema di difesa stellare, può avere conseguenze devastanti. Si è perso di vista il
fatto che lallarme per il futuro del pianeta non è stato lanciato dai manifestanti
nelle strade. E la conclusione cui sono già arrivati scienziati, esperti, organismi
internazionali che non vengono ascoltati. La speranza è che lEuropa resti unita e
faccia sentire il proprio peso, anche se purtroppo ci sono segnali di atteggiamenti più
morbidi verso gli Usa. Penso allItalia di Berlusconi e alla Spagna di Aznar. Daltra
parte, cè una grande attenzione della società civile americana che non è daccordo
con Bush. Anche questa parte di America sarà a Genova».
Cè anche la paura dellEuropa di perdere competitività se alcune misure
strutturali verranno adottate soltanto in una parte del mondo.
«Cè questo rischio, ma occorre chiedersi che cosa rappresenti a breve termine una
perdita di competitività rispetto alla salvezza del pianeta. In Francia, ad esempio,
Chirac, che è di destra, è intervenuto sulle questioni ambientali con molto forza.
Esiste la competitività dei prezzi, ma anche la competitività della qualità. E su
questo lEuropa può essere vincente. La presa di coscienza collettiva è cresciuta.
Mucca pazza, inondazioni, cambiamenti climatici, alimentazione sono le nuove paure. Non si
teme più la bomba atomica, ma il momento in cui si apre il frigorifero».
Ma la presa di coscienza non fa cambiare il modello di vita.
«Cè dellipocrisia. Basta pensare al sistema francese per lenergia
nucleare. Ma le cose stanno cambiando. Il black- out in California fa capire che
consumiamo più di quanto produciamo».
L a società occidentale vive come i passeggeri del Titanic. Consuma e balla andando
contro liceberg che distruggerà uno sviluppo non più sostenibile.
«E una bella immagine. Aggiungerei un paradosso. LEuropa sembra un po
più cosciente, ma la società americana, almeno in parte, vive in modo più semplice, con
minori esigenze dei cittadini europei».
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Massimo
Nava |
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