Manifesto 14 luglio 2001 Che
aria tira sul G8
MARINA FORTI
La Cina ha annunciato ieri che invierà "attenti" osservatori
alla conferenza sul clima che comincia lunedì prossimo a Bonn - per la precisione il
secondo round di quella che si era interrotta nel novembre scorso all'Aja. La Cina è,
come l'India, una delle grandi nazioni in via di sviluppo citate dal presidente degli
Stati uniti George Bush come ragione per non ratificare il Protocollo di Kyoto sul clima:
dice che gli Usa non possono accettare un trattato che "danneggia l'economia
americana" e da cui resta fuori l'80% del mondo. Il Protocollo di Kyoto in effetti
stabilisce obblighi solo per i paesi industrializzati, che dovranno ridurre le proprie
emissioni di gas di serra del 5,2% entro un periodo compreso tra il 2008 e il 2012. Ma si
tratta pur sempre dei principali emettitori di quei gas ormai unanimemente ritenuti
responsabili del riscaldamento dell'atmosfera terrestre.
E' difficile che la conferenza di Bonn raggiunga un vero accordo sul clima. Dopo che il
primo inquinatore mondiale si è tirato fuori, l'Unione europea ha tentato di trovare
alleati disposti a ratificare lo stesso il Protocollo di Kyoto (che diverrà un effettivo
trattato internazionale solo se ratificato da 55 paesi che facciano il 55% delle emissioni
mondiali di gas di serra). E i tre paesi chiave sono il Giappone, il Canada e la Russia.
Il Giappone, che negli annosi negoziati sul clima ha piuttosto seguito lo schieramento
americano, nelle settimane scorse ha dichiarato di voler ratificare il Protocollo definito
a Kyoto nel 1997: ma ora fa sapere che sarebbe riluttante ad andare avanti senza gli Usa.
Senza Tokyo, le probabilità che Mosca ratifichi il trattato diminuiscono. Il Canada ha
offerto di lavorare insieme all'Unione europea per "smussare" le divergenze con
Washington, ma non di ratificare l'accordo senza il suo vicino.
Ma la partita che si gioca a Bonn è intrecciata a quella di Genova, la conferenza sul
clima con il G8. Non solo perché gli 8 "grandi" sono i maggiori paesi
industrializzati, dunque le maggiori parti in causa del trattato sul clima. Il G8 ha
alcune questioni ambientali all'ordine del giorno. Una è per l'appunto il clima. Un'altra
è la conferenza "Rio + 10", la conferenza delle Nazioni unite su ambiente e
sviluppo sostenibile che si riunirà nel 2002 a Johannesburg, a dieci anni dal Vertice
della terra di Rio de Janeiro. Poi c'è la "task force" sulle energie
rinnovabili, incaricata dal G8 nel 2000 (al vertice di Okinawa) di elaborate previsioni e
proposte in merito alle scelte energetiche: il rapporto è pronto e sarà diffuso a
Genova. Infine c'è la riforma ambientale delle agenzie di credito all'export.
Sulle questioni ambientali il G8 appare però spaccato. Sul clima, Genova sarà una sede
di rimbalzo della trattativa in corso in quei giorni a Bonn. Sullo sviluppo sostenibile
bisogna aspettarsi "qualche bella dichiarazione che non costa nulla", commenta
il direttore del Wwf Italia, Gianfranco Bologna. Il rapporto sulle energie rinnovabili è
giunto a conclusioni interessanti, dice ancora Bologna: ma in una conferenza stampa tenuta
ieri il Wwf ha denunciato il tentativo soprattutto da parte degli Stati uniti di
bloccarlo. "Magari lo metteranno agli atti in sordina, mentre noi vogliamo che il
comunicato finale dei G8 si impegni a farlo proprio e applicarlo".
Ecco un oggetto di contesa direttamente legata alla trattativa sul clima. Il rapporto
della task force sulle energie rinnovabili è già circolato, e Gianfranco Bologna
sottolinea tre punti: il primo è l'obiettivo che entro il 2010 almeno un miliardo di
persone al mondo usi energia prodotta da fonti rinnovabili, escludendo quella
idroelettrica prodotta con le controverse grandi dighe. Poi c'è la proposta di riforma
ambientale delle agenzie di garanzia al credito; insieme, la proposta di eliminare
progressivamente i "sussidi perversi" che i governi del G8 accordano ai
combustibili fossili (principali responsabili della produzione di anidride carbonica e
altri gas di serra) e al nucleare. "Per rendersi conto della posta in gioco, bisogna
sapere che l'Unione europea nel suo insieme concede ai combustibili fossili 15 miliardi di
euro in sussidi, contro 1,5 miliardi di investimenti nelle energie rinnovabili", fa
notare Bologna. E le agenzie di credito all'export sono parte della questione, perché
sono gli organismi statali che assicurano gli investimenti di aziende private in paesi in
via di sviluppo: e hanno un ruolo determinante nel garantire (e finanziare) investimenti
di sviluppo industriale o energetico: "Si calcola che tra il 1994 e il '99 abbiano
sostenuto i combustibili fossili con 115 miliardi di dollari", nota Bologna. Sulle
agenzie di credito all'export la discussione potrebbe essere concreta: un progetto per
definire linee guida sui critari ambientali e sociali a cui si devono attenere le agenzie
che finanziano investimenti all'estero è ormai a uno stadio avanzato.
Per questo premono organizzazioni come il Wwf o come la Campagna per la riforma della
Banca mondiale, con la sua campagna "occhio alla Sace", e una vasta rete
internazionale di organismi analoghi. E una delle poste in gioco di Genova, con un occhio
a Bonn.
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