Manifesto 17 luglio 2001

Aria fritta, rinnovabile, per il G8
Inizia il vertice sul clima a Bonn. Si tratta di ratificare Kyoto, ma Australia, Usa e Giappone non firmano. A Roma ecco il rapporto sulle energie rinnovabili. Non passerà
GUGLIELMO RAGOZZINO

Nel luglio 2000, durante il G8 di Okinawa, in Giappone, con il prezzo del petrolio in forte tensione, fu presa la decisione di occuparsi finalmente di energie rinnovabili e fu incaricato un gruppo di preparare un testo con una proposta per il G8 di Genova. L'incarico è stato condotto a termine e il documento che sarà presentato a Genova al G8 per essere menzionato, senza essere approvato, nel documento finale, ha avuto una anteprima ieri a Roma nelle elegante sala delle colonne di Palazzo Rospigliosi. Il documento da passare in archivio è stato illustrato dai due copresidenti nominati in Giappone, l'italiano Corrado Clini, direttore generale al ministero dell'ambiente e Sir Mark Moody-Stuart, inglese di Antigua, nelle Indie occidentali, già presidente della Shell: il duo di cui Franco Carlini scrive in questa stessa pagina. Mentre è normale affidare il compito a un rappresentante del paese futuro ospite, l'uso della multinazionale del petrolio per regolare le energie alternative è come dare la chiave del pollaio alla volpe. Ma come abbiamo variamente sentito ripetere e ormai imparato, "Antonio è un uomo d'onore" ed è ingiusto non fidarci di lui.
Solo che a fianco di Mark (Antonio) Moody-Stuart, nel comitato che ha preparato il documento vi è anche David Allen, vice direttore generale di Bp, per non dire di Buheita Fujiwara, in rappresentanza della Sharp giapponese o di Göran Lindhal, amministratore di Abb, multinazionale elettromeccanica elvetico-svedese. Vi è insomma una presenza massiccia della maggiore industria energetica e tecnologica, a fianco dei rappresentanti dei governi: il conflitto d'interessi ha fatto scuola. Insieme ai rappresentanti degli otto, insieme ai rappresentanti delle multinazionali, nel comitato per il documento sulle energie rinnovabili da archiviare a Genova, vi è un terzo gruppo di rappresentanti, il più innovativo di tutti: si tratta di una decina di esperti o amministratori di paesi poveri (pvs, per così dire) tra di essi il marocchino Fhiri, Ashe di Antigua, Goldemberg del Brasile, Tawila, egiziano, Viseshakul, tailandese, Zhou Dadi, cinese. E come mai multinazionali e paesi poveri sono stati invitati a partecipare alla stesura del documento? La risposta è facile: le energie rinnovabili sono tutte o quasi per loro.
Alle grandi imprese l'assistenza tecnica e i ritrovati, con l'appoggio della domanda pubblica dei paesi ricchi, per offrire ai paesi poveri - con la popolazione dispersa e senza rete di energia elettrica - il dono della luce, dell'acqua fresca, di tutto il resto che vale.
Il documento che arriverà ai grandi a Genova indica l'obiettivo di rifornire di energia rinnovabile da vento, sole, biomasse, un miliardo di persone. Con un certo sforzo si intende che un miliardo di persone avranno energia sufficiente, anche extra rete, da impianti locali eolici e solari, e così via, entro il 2010. Un miliardo da ripartire così: 800 milioni in Africa, Cina, posti del genere, con poca energia e pochi soldi. 200 milioni nel mondo ricco. E qui potrebbe intervenire, dovrebbe intervenire una domanda ricca e incentivata come sempre agli inizi, e tale da inventare le soluzioni tecniche, favorire l'economia di scala, finché, raggiunto un prezzo per watt affrontabile con prestiti, doni, finanziamenti lunghi agli africani, questi comincino a far funzionare gli accrocchi energetici - per il vento, per il sole - smettendo finalmente l'incongruo e fastidioso taglio del bosco, foresta, savana, loro abitudine per cucinare, ma che tanti danni apporta all'equilibrio ambientale globale.
Entro questo decennio, recita il rapporto di Clini e Moody-Stuart, vi potrebbe essere: "a) un significativo miglioramento nell'efficienza delle biomasse tradizionali ad uso domestico cui potrebbero beneficiare almeno 200 milioni di persone dei pvs; b) l'accesso all'elettricità prodotta da fonti rinnovabili per 300 milioni di persone nelle zone rurali dei pvs; c) la fornitura di energia da fonti rinnovabili a oltre 500 milioni di persone, serviti dalla rete di distribuzione dell'elettricità, 300 milioni dei quali nei paesi in via di sviluppo". Non tantissima energia, ma a volte basta il pensiero.
Per esempio nelle tabelle della Task Force del G8 sulle energie rinnovabili, si fa conto di cinque litri di acqua potabile a persona. Chi obietta che è assai poco, che è una quantità di acqua ridicola, si sente rispondere che cinque litri è meglio di niente. Una piccola pompa può tirare l'acqua pulita e funzionare con l'energia del vento o del sole. Piccole pompe, piccoli frigoriferi per le medicine, piccole televisioni (forse per vedere la coppa di calcio o se si preferisce, l'andamento del Nasdaq in Centro Africa), piccoli computer, e piccole centraline telefoniche per darsi da fare con internet e non sentirsi del tutto isolati: questa è la sostanza dell'offerta - pratica, abbondante - che il G8 potrebbe fare al resto del mondo, se mai gli Usa ci stessero. Solo che per per gli Usa l'energia è una cosa seria ed essi non vogliono scherzare neppure sui pochi watt che servono per raffreddare o scaldare un po' d'acqua. Così a Genova gli otto troveranno nel comunicato finale una frase di apprezzamento per gli sforzi fatti dagli esperti e decideranno di tenere aperto il discorso, cioè niente, spostando la sete e il resto di un anno. Ma l'Africa è paziente, la Cina è paziente. Possono aspettare.