Corriere della sera 11 luglio 2001
Cristophe
Aguitton guida il più organizzato tra i gruppi anti mondializzazione (30.000 iscritti):
pacifisti ma a Genova niente ghetti
Il leader di «Attac»:
tassate i flussi di capitali e dialogheremo
- DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PARIGI - Trentamila iscritti in Francia, associazioni in diversi Paesi occidentali, una
sede nata la scorsa settimana in Italia, Attac è il meglio organizzato fra i gruppi anti
mondializzazione, «cuore» delle proteste ai vertici internazionali. Contrariamente al
suono aggressivo della sigla, Attac, come spiega il suo leader, Chistophe Aguitton, 47
anni, ex sindacalista, è nato al tempo della grande crisi dei mercati finanziari asiatici
e, in origine, vuol dire associazione per lintroduzione di una tassa sui flussi
internazionali dei capitali, come antidoto agli «gnomi» della Borsa che possono
spostare, con un tasto sul computer, lequivalente del prodotto lordo di un piccolo
Paese.
«Decidere questa tassa al vertice di Genova - dice Aguitton - sarebbe già una prova di
buona volontà da parte dei leader mondiali. La seconda sarebbe la moratoria sui debiti
del Terzo mondo, dopo tanti proclami mai realizzati. Se il G8 simpegnasse su questi
punti, le condizioni per il dialogo con il popolo di Seattle sarebbero diverse».
I ministri degli Esteri italiano e francese dicono che il vertice avrebbe bisogno di
sostegno pubblico, persino di solidarietà per prendere decisioni coraggiose che regolino
la mondializzazione. Non di contestazione, magari violenta.
«Il movimento ha accelerato una presa di coscienza internazionale sui problemi del
Pianeta. Ineguaglianze, impoverimento del Terzo mondo, licenziamenti finanziari,
sfruttamento intensivo delle risorse, alterazioni biologiche e climatiche. Molti leader
politici e dirigenti della Banca mondiale o del Fondo monetario se ne rendono conto, ma
non prendono decisioni adeguate. Grazie al movimento ora sanno che cè unopinione
pubblica sempre più consapevole».
Ma gli stessi leader hanno opinioni e strategie diverse: gli Usa rispetto allEuropa,
dentro la stessa Europa. Per Blair siete una specie di «circo anarchico ambulante». Come
favorire una visione comune?
«Ci sono grandi speranze, perché il movimento, al di là delle battute di Blair, è
nazionale e internazionale. Questa è la grande novità degli ultimi anni. E la sua forza.
I giovani nelle strade e lopinione pubblica dalla nostra parte. Il voto in Irlanda
indica il rigetto di un modello europeo che non tiene conto delle questioni sociali».
Il voto degli irlandesi è piaciuto anche a partiti e movimenti anti europei ...
«Non confondiamo: il movimento è sovranazionale e non contrario alle istituzioni
comunitarie. Vuole una diversa politica di queste istituzioni».
Limpressione è di una galassia eterogenea. Qual è il denominatore comune?
«La democratizzazione delle decisioni e la difesa del Pianeta. A differenza che nel
68, questo è un grande movimento giovanile che è riuscito a collegarsi, in tutto
il mondo, con i sindacati, i movimenti civili e dopinione. La transnazionalità
evita confusioni ideologiche: la posta in gioco è il futuro del mondo. La moratoria per i
debiti del Terzo mondo ha raccolto 24 milioni di firme. A Genova dovrebbero ricordarlo».
Vi dichiarate non violenti, ma ogni vertice è teatro di scontri con la polizia.
Finirà così anche a Genova?
«La natura del movimento è pacifista. E tutte le organizzazioni si stanno attivando
per garantire servizi dordine e autocontrollo. La minaccia di scontri o di piani
terroristici è enfatizzata per creare allarme e giustificare contromisure. Le condizioni
che poniamo sono molto chiare: che ci sia davvero dialogo e che, come in tutti i Paesi
civili, lItalia rispetti il diritto di manifestare. Se vogliono chiudere le
frontiere o chiuderci in un ghetto...».
Violenza inevitabile?
«Siamo i primi a capire che il movimento può essere solo danneggiato. Gli scontri con la
polizia, i disordini distolgono lattenzione dai veri problemi. Si vuole questo?».
|
Massimo
Nava |
|
|