La Repubblica 15 luglio 2001 La
battaglia dell'energia pulita
ecco il rapporto che spacca il G8
Usa e Canada contro il piano per l'elettricità alternativa
Gli esperti: "I Grandi devono garantire fonti rinnovabili per un miliardo di persone
entro il 2010"
STEFANIA DI LELLIS
ROMA - Dietro le quinte del G8 si consuma uno scontro cruciale per il destino della
Terra: la battaglia delle energie pulite. Usa e Canada contro gli altri Sei grandi.
Oggetto del confronto, il rapporto elaborato da una task force creata lo scorso anno a
Okinawa per studiare cosa fare per arginare il disastro ambientale provocato dai
combustibili fossili. La relazione, che dovrà essere presentata in settimana e che
Repubblica ha letto in anticipo, indica un «obiettivo prioritario» per i G8: fare in
modo che entro il 2010 un miliardo di persone, cioè un sesto degli abitanti del pianeta,
utilizzi "energie rinnovabili" e non petrolio e carbone. Il traguardo - spiegano
gli esperti - potrà essere tagliato soltanto se i paesi ricchi si impegneranno a imporre
una condotta "amica dell'ambiente" alle agenzie di credito all'esportazione e
alle grandi istituzioni finanziarie, a smantellare i sussidi forniti dai singoli governi
per i combustili fossili e il nucleare, ad aumentare la ricerca per le
"rinnovabili".
Gli Stati Uniti hanno già fatto sapere di ritenere velleitaria l'idea di raggiungere con
le energie pulite in nove anni un miliardo di utenti. E hanno spiegato di preferire a un
indirizzo sull'offerta di energia imposto dai governi una sorta di autodisciplina del
mercato. Il Canada si oppone allo smantellamento del sistema di aiuti al nucleare. Due no
che significherebbero, ovviamente, il fallimento di tutto il programma, già ammorbidito a
marzo proprio per andare incontro alla nuova Casa Bianca.
L'Italia, padrona di casa a Genova, spera di riuscire a mettere d'accordo i Grandi almeno
su uno dei temi in ballo relativi allo sviluppo sostenibile (guerra ai gas serra, energie
rinnovabili e "correttezza ambientale" per le export credit agencies). Sta
quindi cercando in tutti i modi di negoziare una marcia indietro di statunitensi e
canadesi. Sul protocollo di Kyoto contro l'effetto serra, che si discute a Bonn da
lunedì, è difficile immaginare un vero retrofont di Washington. Sembra quindi più
probabile che la stretta di mano ci sarà sulle regole da imporre alle agenzie di credito
all'esportazione: gli americani in materia hanno una legislazione più restrittiva della
maggior parte dei paesi europei. Devono cioè verificare preventivamente con attenzione
l'impatto ambientale di qualunque opera vogliano finanziare. Una "pastoia" che
li ha più volte svantaggiati, soprattutto rispetto ai tedeschi: su questo punto sarebbero
quindi ben contenti di vedere uniformati gli otto Grandi. A pagare dunque sarebbe
l'offensiva sulle energie pulite, sostenuta da molte organizzazioni per la difesa
dell'ambiente (in testa Wwf e "Campagna per la Riforma della Banca mondiale").
Non si tratta solo di uno scacco per i noglobal. È anche uno spreco economico, spiegano
gli esperti della task force nominata dai Grandi a Okinawa. Questi - tra cui c'è anche il
presidente della Shell international Moody Stuart - precisano infatti che se è vero che
andranno sopportati dei costi non indifferenti per convertire in nove anni un sesto del
mondo alle energie rinnovabili, entro il 2030 i conti saranno tornati non solo in
pareggio, ma anzi in positivo. Ci sarebbe cioè «una spesa inferiore a quella necessaria
per procedere con un approccio business as usual». Più si investirà per allargare il
bacino di utenza delle energie rinnovabili, spiegano i tecnici, più le tecnologie si
raffineranno e i costi si abbatteranno: una maggiore produzione di kilowatt contro una
minore spesa nelle installazioni e nelle manutenzioni degli impianti.
Il dossier mette poi in evidenza come lo sviluppo delle energie rinnovabili consentirebbe
di raggiungere buona parte dei due miliardi di persone che nel sud del mondo sono tagliate
fuori dalla distribuzione di elettricità. Con gli impianti "puliti" infatti si
può produrre ed erogare energia senza bisogno di reti la cui costruzione in molti paesi
in via di sviluppo sarebbe lunga e costosa. Grazie a pannelli solari locali, pale eoliche,
apparecchi per lo sfruttamento delle biomasse o piccole dighe verrebbero servite comunità
al momento "fuori rete", «verrebbero creati posti di lavoro spiega il documento
si porrebbe fine alla dipendenza energetica dall'estero». Insomma, quella delle
"rinnovabili" sarebbe «l'unica opzione efficace». A chiudere il rapporto
un'esortazione chiara: «Take action now», agite subito. |