Corriere della sera 19 luglio 2001
Parla il giornalista dopo l’attentato. Telefonata di Berlusconi: sono violenti fuori dal circuito della contestazione

«Anarchici? Sono cani sciolti, ma io non mi faccio intimidire»

SEGRATE (Milano) - Allora, che è successo? Ci sono rivendicazioni, s’è fatto vivo qualcuno? «Spero si faccia morto. Sapessi chi è, andrei a cercarlo e gli metterei la busta in quel posto, altroché». Emilio Fede, versione uno. Che passeggia su e giù per la redazione, una palazzina con le vetrate ad arco affacciate sul lago dei cigni di Milano 2, tra il puzzo di fumo e i brandelli di cenere a punteggiare il pavimento in linoleum. Arrabbiato. Di più: «Incazzato. Mai stato così incazzato. Cercano di intimidirci, li chiamano impropriamente anarchici ma sono cani sciolti, frange violente bene identificate e identificabili che attentano alla libertà di stampa e alla democrazia. Solo che io sono passato per le Brigate rosse, figuriamoci questi cialtroni...». Sospiro. Il clima è teso, dalla città arrivano notizie surreali, si fanno brillare pure le cotolette alla milanese (scatola sospetta in via Mengoni, angolo piazza Duomo, ore 9,50). Così il direttore del Tg4 aggira telecamere e interviste e si chiude nel suo ufficio, dietro la scrivania una foto con Berlusconi e il santino di Padre Pio appeso alla cornice. «Non è divertente. Io stavo dall’altra parte, laggiù in fondo. Il botto, la fiammata, il fumo, la gente che scappava, la ragazza che urlava. Cerco di fare coraggio sennò si lavora male, ma non è divertente». Emilio Fede, versione due. Che parla della sua segretaria con gli occhi lucidi e quasi scoppia a piangere, la voce arrochita: «La verità è che sono rattristato. Se il bersaglio è Emilio Fede, Emilio Fede è qua. Però i farabutti che hanno spedito la busta non hanno colpito me, ma una poveretta che lavora. Una persona per bene, mite, che per fortuna stava aprendo la posta in piedi, sennò sarebbe rimasta cieca. È tremendo che abbia pagato per me, avrei preferito restare ustionato io».
Intanto continuano ad arrivare telefonate. Fedele Confalonieri s’è presentato di persona a visitare la redazione e controllare i sistemi di sicurezza, «seguiremo procedure ancora più rigide, comunque spero sia opera di un matto». Il comitato di redazione del Tg4 ha scritto poche righe per condannare «il grave episodio intimidatorio» e parlare di «duro attacco alla libertà d’informazione», e del resto quanto è accaduto, come si dice, si commenta da sé. Chiamano Marcello Pera e Pierferdinando Casini, il presidente della Rai Zaccaria («Roberto! Non ti libererai di me, prima o poi dovrai riprendermi in Rai») e Adriano Galliani («Eh sì, è un brutto segnale, devo far finta di no ma è brutto. Complimenti per il Milan!»), il prefetto Bruno Ferrante e il questore Enzo Boncoraglio, direttori di giornali e telegiornali.
Ma il primo a farsi sentire, manco a dirlo, è stato il premier. Secondo Berlusconi si tratta di «violenti fuori dai normali circuiti della contestazione», il tono è rassicurante: «Mi ha ripetuto: tranquillo, è un gesto contro la democrazia ma non passeranno». Quindi ha telefonato Claudio Scajola, il ministro dell’Interno, «era ottimista, diceva: Emilio, sta’ sereno che li stiamo identificando».
Peccato che ieri un addetto si sia dimenticato di far controllare la posta alla sicurezza interna. «Perché i carabinieri mi scortano da due mesi, ho ricevuto delle minacce. Una email, in particolare. Me l’hanno spedita a maggio: "Bastardo, schierato, sarai il prossimo obiettivo", cose così. Ma noi siamo schierati con il dialogo. Con la libertà e l’informazione onesta. Con l’appello del governo e quello del Papa, o se volete quello del Papa e del governo, per i "fratelli deboli". Ma non credo che quelle minacce c’entrino con tutto questo. Piuttosto penso ai cani sciolti che hanno spedito buste a Genova».
Il direttore alza le spalle: «Sono delinquenti comuni, anche se pensano di rappresentare una parte politica. Vigliacchi come gli assassini di D’Antona. Gente che non appartiene né alla maggioranza né all’opposizione, almeno mi auguro. No, non penso che la sinistra faccia questo». E i dubbi sui servizi segreti sui cui s’interrogava l’altro giorno Vittorio Agnoletto? E la strategia della tensione? «Ma non diciamo cazzate, questa roba serve solo a confondere le acque. L’ha detto chi? Agnolotto ? Non so, non lo conosco né lo leggo...».
Gian Guido Vecchi