Manifesto 11 luglio 2001 Manu Chao, un "clandestino" verso Genova FLAVIANO DE LUCA ANGELO MASTRANDREA - Que hora son, mi corazon. Que hora son, a Washington. Che ora son al Cupolon? In un atmosfera d'entusiasmo incredibile, la seconda volta di Manu Chao nella capitale. C'era stato cinque-sei anni fa, con i Mano Negra, in una serata memorabile, al Forte Prenestino, ma solo per pochi aficionados. Stavolta, invece, il globe-trotter della musica è riconosciuto e inseguito, in metà degli stand del colorato villaggio "Fiesta!", già popolato dal pomeriggio di migliaia di persone, nonostante la pioggia caduta. L'intervista esclusiva concessa al manifesto avviene con il sottofondo della sua band, a tavola alle cinque del pomeriggio, che canta cori calcistici e slogan di lotta operaia, una ressa di ragazze e curiosi che mostra il pugno chiuso, chiede autografi, l'applaude a scena aperta. Sei comunista? "Oggi c'è un problema linguistico diffuso, le parole hanno perso e cambiato di significato. Mia nonna era basca, di Bilbao, ed era comunista, la persona che io ho amato moltissimo. Ma oggi Stalin lo diresti comunista? Io non sono un politico, sono un essere umano".Che tipo di resistenza ritieni possibile oggi, e quali legami vedi con quel passato? E' difficile dirlo, perché il mondo è cambiato rapidamente. Come dice una frase nel mio disco, che ho preso da un artigiano boliviano: il futuro è già arrivato. Pensi che oggi ci sia più democrazia? E' una situazione molto complicata. Penso che la democrazia attuale non è che una democrazia adattata al mercato. Perché chi prende le decisioni importanti per il pianeta non lo fa in base al voto della gente. Il sistema democratico attuale è un po' superato. Per colpa della globalizzazione? Penso che la cosa importante per il futuro non sarà per chi votiamo o per chi non votiamo. Ti faccio una citazione di una persona di cui non ricordo il nome: l'atto politico più importante non è votare o meno, ma non comprare. Questo presuppone però una coscienza politica molto forte. Ci vuole un lavoro di lungo periodo. Perché se voti uno o l'altro, è la stessa cosa. Ma se compri o non compri li tocchi su un punto sensibile. Quello è un vero sistema di voto, è un atto politico. Hai detto a Le monde diplomatique (giugno 2001, ndr): "Vedo qua e là piccole luci, luoghi che resistono, come nel Chiapas". Non ti sembra che questi luoghi si stiano ingrandendo sempre più, e le luci moltiplicando? Sì, questo ultimo anno è stato molto interessante. Adesso ho molta più speranza rispetto a sei o sette anni fa. Il primo messaggio arriva dal Chiapas: c'è qualcosa nell'aria, una presa di coscienza da parte della gente. Personalmente, il Chiapas mi ha cambiato la testa. Ora vedo il mondo come una gara di automobili. C'è una macchina, l'economia, che è molto avanti e che funziona come una vettura suicida, che distrugge tutto l'ambiente. Non c'é nessuno che controlla il volante o il freno. I potenti non hanno molta pratica di questo, e hanno montato un sistema che funziona solo nel breve periodo. Questa macchina è un suicidio collettivo. L'altra va invece molto piano, è una presa di coscienza della gente che parte dall'istinto di conservazione, e non solo da gente di sinistra o istruita, ma da agricoltori, pescatori, gente comune anche non politicizzata. Questi prendono coscienza che la macchina del sistema è impazzita e non va da nessuna parte. E io vedo che l'altra macchina piano piano li sta raggiungendo. Che senso ha, oggi, parlare di destra o di sinistra? E' difficile. Il problema delle parole è che sono utilizzate da tanta gente. E' come il rock: ci sono gruppi hard che fanno rock e anche Elton John dice che fa rock. Sono parole così ampie che mancano un po' di precisione. Tu a Milano hai fatto il più grande concerto di sinistra degli ultimi anni. Però organizzato da un comune di destra. La stessa destra che vuole istituire il reato di immigrazione clandestina. Anche oggi (ieri per chi legge, ndr) quattro "clandestini" sono stati trovati annegati al largo delle coste siciliane. Questa notizie arrivano in continuazione. Non so in Italia, ma in Spagna ogni settimana a Gibilterra c'è gente che affoga. Conosci la storia della Iohan? 283 immigrati affogati nella più grande tragedia dal dopoguerra nel Mediterraneo. Sì, la conosco. E' una cosa terribile, che purtroppo accade quotidianamente. E' il caso di Ceuta, in Spagna, dove arriva in continuazione gente in uno stato di disperazione terribile. La clandestinità è molto dura, non ha niente di romantico, come ha scritto qualcuno. Non è romantico, è una merda. Io sogno un mondo in cui non esistono clandestini, fatta eccezione per chi vuole esserlo per una decisione politica. La stessa persona in Bolivia che mi ha detto che "il futuro è già arrivato" mi diceva che essere clandestino non è desiderabile per nessuno. Essere clandestini strappando il passaporto è un atto politico forte, ma la maggioranza del clandestini sogna di avere un passaporto. Perché si trova in una situazione difficile e pericolosa. Tu hai dato dignità alla parola "clandestino", che in Italia è considerata quasi una parolaccia. Per i governi europei, gli immigrati possono restare, ma solo se sono in regola. Non è vero. L'economia dell'Europa funziona proprio grazie a questa massa di disperati, sia quelli legali che quelli illegali. Se non ci fossero stati i lavoratori illegali nell'agricoltura spagnola, questa non sarebbe stata così competitiva. E' una grande ipocrisia: l'economia sta funzionando grazie a questa gente. Sono proprio le persone sin papeles le più richieste, perché sono senza sindacato, senza garanzie, senza forza, disposte a tutto e non possono protestare. E' come in California, dove lavora tanta gente sin papeles. E intanto si parla di introdurre il reato di immigrazione clandestina. Ho un sogno: una settimana senza lavoratori clandestini. Se indicessero uno sciopero e fermassero così tutto, le terre e le industrie, le agenzie di pulizie e i bigliettai. Tutta l'Europa andrebbe in tilt. Intanto, il 19 giugno a Genova ci sarà una grande manifestazione europea dei migranti. Tu ci sarai? Sì. E' molto importante che questa manifestazione sia veramente pacifica. Per non creare problemi alla gente che verrà a manifestare e che è debole e a rischio. Ti piace l'idea che molti immigrati sopravvivano vendendo per strada i tuoi dischi pirata? Mi sembra una cosa molto buona. Io penso che il sistema obbliga la gente all'economia "parallela". Ma questa è una cosa che accade in tutto il mondo. Non è la prima volta che vieni a Roma. L'altra sera ti sei fermato a San Lorenzo... A me piace viaggiare e incontrare gente. Quando vado in una città cerco sempre di trovarne l'anima. Ogni città ne ha una. Quando riesco a trovarla mi sento bene. Il problema è che quando sono in tourneé ho sempre poco tempo. Ma con il tempo ho imparato a trovare l'anima delle città rapidamente. Se non la incontri, devi andare al mercato centrale, alla stazione degli autobus o a quella dei treni. Voglio comunque ringraziare tutta la gente di San Lorenzo. Mi sono sentito veramente a casa insieme a loro, la cosa bella di viaggiare è incontrare la gente, la più diversa, con le idee più differenti. Cosa dici a chi sta preaparandosi ad andare a manifestare a Genova? Che è molto importante essere uniti. Io andrò a Genova disarmato, ma rispetto chi vuole invadere la zona rossa. Dobbiamo essere tutti d'accordo a dire no a questo sistema. Dopo discuteremo della società del futuro. Ma a Genova ognuno deve rispettare le forme di lotta dell'altro. Io per filosofia non sono violento, ma nemmeno pacifico. Se qualcuno mi aggredisce, mi difendo. A te piace molto il calcio. C'è qualche calciatore che preferisci in particolare? Maradona, è l'unico che apre la bocca. Il calcio mi piace molto. Ma non conosco nessun giocatore che si è schierato contro il G8. Ho grande rispetto per Lilian Thuram, il difensore francese, che ha preso posizione più volte contro il razzismo, incontrando anche i tifosi. E' molto importante che i giocatori si schierino perchè sono seguiti da milioni di persone e un loro gesto ha un potere enorme. |