La Repubblica 14 luglio 2001

"La globalizzazione
va corretta e guidata"

Il segretario dell'Onu Kofi Annan: "Molte critiche sono giuste: i paesi poveri sono emarginati"

STEFAN KORNELIUS


Kofi Annan, lei è stato appena confermato per un secondo mandato come segretario generale dell'Onu.
Tra qualche giorno sarà a Genova per il G8: una nuova tappa della sua crociata contro l'Aids. Ha già annunciato la creazione di un Fondo e chiesto contributi volontari agli stati membri dell'Onu. Per il momento gli aiuti arrivano col contagocce. Quanto è riuscito a raccogliere finora?
«In realtà, le cose procedono bene. Entro la fine dell'anno contiamo di disporre per il Fondo di almeno un miliardo di dollari (2mila miliardi di lire, ndr). Del resto, al settore privato non mancano i mezzi. Una società svizzera ha appena offerto un milione di dollari (due miliardi di lire, ndr)».
In che modo pensa di garantire che i fondi vadano effettivamente ai sieropositivi e ai progetti antiAids, e non si disperdano nei meandri della burocrazia dell'Onu?
«Avremo una struttura leggera e non burocratica, con un consiglio d'amministrazione e un partenariato pubblicoprivato. Ne faranno parte esponenti dei governi, delle imprese private, delle organizzazioni indipendenti di assistenza, dei paesi beneficiari, di varie organizzazioni dell'Onu quali l'Oms e l'Unaids, e probabilmente anche della Banca Mondiale. I governi dovranno presentare i rispettivi piani nazionali di lotta antiAids. Dopo di che gli Stati potranno presentare richieste al Fondo, e noi risponderemo tempestivamente. Le funzioni di segreteria saranno affidate a una struttura piccola e agile, per evitare il rischio che tutto l'impegno e lo sforzo finiscano per impantanarsi nella burocrazia. E' previsto anche un gruppo di sorveglianza, con l'incarico di assicurare che i fondi giungano a destinazione».
Come pensa di convincere i cittadini occidentali a impegnarsi nella lotta contro il flagello dell'Aids in Africa?
«Chi crede che l'Aids sia già stato debellato sbaglia. L'Aids è tra noi. Il problema è globale. L'epidemia guadagna rapidamente terreno anche in Asia, nell'Europa dell'Est e nei Caraibi. Il nostro è un mondo fatto di scambi e di dipendenze. Nessuno vive su un'isola. Perciò questo problema non è solo africano. Dobbiamo impegnarci tutti in questa lotta».
A Genova si prevedono nuove manifestazioni dei gruppi antiglobalizzazione. Nei loro confronti lei ha un atteggiamento di comprensione?
«Molti dei contestatori credono in ciò che dicono. Le loro preoccupazioni sono serie. Non parlo ovviamente di quelli che lanciano sassi o distruggono negozi. Ma in maggioranza suscitano interrogativi; e si sentono minacciati da quella che noi chiamiamo globalizzazione. Il fatto è che non la comprendono, la vedono come una minaccia ai loro posti di lavoro, o un ulteriore pericolo per l'ambiente. Nessuno si è preso la briga di spiegare loro la vera natura di questo fenomeno; perciò hanno l'impressione che tutti si sottraggono alle loro responsabilità. E per la verità, spesso accade davvero così. Spetta dunque ai politici spiegare meglio il senso della globalizzazione, per far comprendere alla gente che anche le realtà più lontane, le vicende in atto nelle parti più remote del pianeta incidono sui fatti di casa nostra».
Qual è il suo messaggio per i dimostranti?
«Io spero che la situazione non sfugga di mano. Naturalmente, i dimostranti hanno diritto ad esprimersi, purché lo facciano nelle forme suscettibili di condurre al dialogo. Un puro e semplice attacco frontale contro la G8 non avrebbe senso».
E la globalizzazione, a suo parere, non è sfuggita di mano?
«Io penso che sia una buona cosa. Ma ha anche i suoi lati negativi, dal momento che un gruppo di Stati si sente emarginato. E' necessario arrivare a un'apertura dei mercati ancora più ampia, perché l'economia sia veramente globale, tanto da rendere possibile anche la partecipazione dei paesi più poveri».
Non si sente strumentalizzato dagli Stati del G8, che per la prima volta le hanno rivolto l'invito a venire a Genova insieme ai rappresentanti del Terzo Mondo? Si può avere l'impressione di un tentativo di rassicurazione, o anche di una mossa degli Stati ricchi per sottrarre argomenti ai dimostranti.
«Da quando sono segretario generale dell'Onu, ho sempre scritto ai Capi di stato e di governo prima di ogni vertice del G8, per ricordare loro una parte del mondo che non possono ignorare. Mi auguro che gli Stati del G8 si rendano conto di non poter fare tutto da soli. E spero che la mia presenza non sia destinata ad avere una funzione puramente decorativa».
Durante questo suo secondo mandato all'Onu conosceremo un Kofi Annan diverso, meno diplomatico, capace a volte di parlare fuori dai denti?
«No, credo che resterò fedele al mio stile. Sono un diplomatico, anche se in realtà ho sempre detto chiaramente ciò che pensavo. E questo stile mi ha permesso di conseguire molti successi».
(copyright La RepubblicaSüddeutsche Zeitung
traduzione di Elisabetta Horvat)