Corriere della sera 17 luglio 2001
I duri del «Blocco nero» contro i non violenti

di GIOVANNI BIANCONI

L’ordigno arriva a Genova per posta ordinaria e scoppia tra le mani di un carabiniere ausiliario di appena vent’anni. Ma poteva toccare a un altro. L’obiettivo erano la caserma in cui è stato recapitato e le divise indossate da chi ci lavora. E’ cominciato così, alle 10,30 di ieri, l’altro G8, quello che contrappone i violenti alle forze dell’ordine e al resto del «popolo no-global» che vuole manifestare pacificamente il dissenso. La prima analisi degli investigatori ha già ipotizzato una pista, che dovrebbe portare agli anarchici insurrezionalisti. È un’ipotesi basata sulle modalità dell’attentato e sui precedenti, quella degli esperti dell’Antiterrorismo, e conduce appunto a quell’area. Nelle altre occasioni, però, subito o poco dopo è arrivata la rivendicazione; il postino anarchico suona sempre due volte. Qui siamo ancora alla prima, ma in attesa della seconda scampanellata i responsabili della sicurezza e della prevenzione hanno già mosso le loro pedine.
A Bologna la Digos era andata domenica mattina a visitare le case di sei anarco- insurrezionalisti che si stavano organizzando per Genova, sequestrando materiale utile agli scontri di piazza e a micro-attentati; operazioni simili erano programmate per le prossime ore a Torino e in altre città, ma l’esplosione di ieri ha fatto anticipare i tempi.
Come la bomba che ha ferito il carabiniere Storri, anche i blitz della polizia sono un segnale che l’altro G8 è iniziato davvero. Ormai, alla vigilia della prima manifestazione prevista per giovedì, non c’è più tempo per le trattative e per i negoziati. Lo Stato ha fatto le sue proposte e le sue concessioni, ritenendo di aver garantito ai contestatori tutti gli spazi per far valere il loro dissenso; la controparte, il Genoa Social Forum, le ha recepite storcendo la bocca e dividendosi tra chi ha dichiarato di accettarle (anche se controvoglia) e chi no. Fuori da questi calcoli ci sono tutti coloro che non hanno mai preso parte al dialogo e che, secondo il Viminale, arriveranno a Genova con l’unico obiettivo di provocare disordini: almeno duemila persone, tra Italia ed estero, che vanno a comporre il Blocco Blu e il Blocco Nero del «popolo di Seattle», i più radicali e violenti.
Per attribuire con certezza a una loro frangia il pacco-bomba di ieri è ancora presto, ma è innegabile che ci siano persone dell’area anarco-insurrezionalista, collegate a gruppi stranieri (in particolare spagnoli e greci, che nei rispettivi Paesi si battono per l’abolizione di «Fies», il regime carcerario duro riservato ai militanti anarchici, e per la liberazione di Nikos Maziotis, l’attivista arrestato ad Atene nel 1998 per una bomba mai scoppiata) e che non disdegnano di seminare ordigni esplosivi. L’indagine della Digos bolognese, a questo proposito, è abbastanza emblematica: tutto è cominciato dopo il fallito attentato al Duomo di Milano, quando proprio nel capoluogo emiliano sono comparse delle scritte contro il «Fies». Da lì gli investigatori sono risaliti a un gruppo di sei persone che, intercettati al telefono e nei luoghi di ritrovo, hanno svelato l’intenzione di recarsi a Genova per fare qualche danno. A parte il ritrovamento di tutto ciò che può servire a confezionare congegni esplosivi, l’inchiesta ha anche messo in luce i «pessimi rapporti» di questi estremisti con gli altri contestatori del G8, «tute bianche» comprese, e i collegamenti di alcuni di loro con altri «cani sciolti» dell’anarchismo più estremo a Roma e a Milano.
Le azioni e i progetti del Blocco Nero, dunque, sembrano rivolte non solo contro il vertice degli otto Paesi più industrializzati e le forze dell’ordine che devono garantirne il regolare svolgimento, ma anche contro la grande maggioranza dei contestatori che non vogliono oltrepassare il confine della violenza. Parlare di strategia della tensione studiata a tavolino è avventato, così come è avventato e pericoloso fare di ogni erba un fascio e mettere sullo stesso piano tutti i Centri sociali con chi ha spedito il pacco-bomba ai carabinieri di San Fruttuoso.
Anche l’ultimo rapporto dell’Antiterrorismo sul «quadro della minaccia» al vertice genovese mette in guardia dalle prevedibili violenze dell’ala dura, nella quale gli anarco-insurrezionalisti intendono ritagliarsi un loro spazio di visibilità: vogliono «porre in essere forme di protesta autonome», e gli informatori seminati al loro interno hanno riferito di un progetto che prevede scontri «sia con le forze dell’ordine sia con gli autonomi». La galassia che gli apparati di sicurezza dovranno fronteggiare nei prossimi giorni è dunque frammentata e ha diverse finalità.
L’antipasto offerto ieri non è di buon auspicio, soprattutto se non dovesse arrivare la rivendicazione che per lo meno sgombrerebbe il campo dalle strumentalizzazioni sempre in agguato, e consiglia una volta di più sangue freddo e senso di responsabilità a tutti coloro che fino a domenica affolleranno Genova. Qualunque «divisa» indossino.
Giovanni Bianconi