La Repubblica 18 luglio 2001

Tra allarmi e perquisizioni
la gimkana del popolo di Seattle

"Ci vogliono innervosire, ma non ci fermeranno"
Nei centri di accoglienza è stato il giorno della preoccupazione, in attesa dei nuovi arrivi

FABRIZIO RAVELLI


GENOVA - «Stava lì per terra, di fianco a quel camper». L'angelo custode è romano, ha il pizzetto e la coda di cavallo, si chiama Vladimiro ed è del centro sociale Spartaco: tutto un programma. La valigetta era lì, l'altra sera quando sono successi due fatti inconsueti. Primo: le tute bianche hanno chiamato la polizia. Secondo: s'è scoperto che qualcuno aveva messo una bomba contro il cosiddetto Popolo di Seattle. Due bottiglie molotov, e un timer fissato sulle 20,30. Viene di lì, da quei due fatti, il clima che c'è intorno e dentro questo stadio Carlini, così come negli altri punti dove si raccolgono gli antiG8. I pochi che ci sono già, i molti che si spera arrivino fra oggi e domani.
Paura è parola che nessuno pronuncia. Preoccupazione sì, soprattutto nelle telefonate da lontano: «Allora si può venire lo stesso a Genova? Non c'è pericolo?». Venite lo stesso, rispondono. L'ha detto anche Roberta, 22 anni da Bergamo, ai suoi compagni dei Giovani comunisti: «Sì, è la prima volta che qualcuno ci minaccia in quel modo, con una bomba. E in particolare minaccia la forma di lotta che abbiamo scelto: la disobbedienza civile. Invece è importante, adesso ancora più importante, essere in tanti qui a Genova».
E anche la figura di Vladimiro, angelo custode, è frutto del clima. All'ingresso dello stadio, nella Genova di Levante, il tavolo della reception. I giornalisti devono registrarsi in sala stampa, e aspettare che qualcuno li accompagni, se vogliono parlare con i ragazzi che bivaccano sotto il tendone bianco, e sugli spalti. Altre attenzioni riguardano gli ospiti in arrivo. «No, non distribuiamo né braccialetti come si fece a Praga, né timbriamo le mani come nelle discoteche spiega Giulietta Però per ogni gruppo chiediamo nome e numero di telefono di un referente. E il referente deve compilare una lista con tutti i nomi di quelli del suo gruppo».
Un po' di burocrazia antiglobalizzazione, e anche un minimo di separazione fra le diverse anime: all'Infopoint di piazzale Kennedy cercano di smistare le tute bianche e i disobbedienti civili qui al Carlini, il Network antiG8 (Cobas, centri sociali più vivaci) a piazza Palermo, gli anarchici a Sciorba, su per la Val Bisagno. Un po' a spanne. E soprattutto gli stranieri, non si sa bene come piazzarli. Questi tre tedeschi di Amburgo, per esempio, che se ne stanno sugli spalti del Carlini. «Di che gruppo siamo? Di nessun gruppo, dipende dalle situazioni risponde Johannes, 20 anni Ci sarà violenza? Certamente sì. Noi non vogliamo, ma ci costringono. Non sono violenza gli idranti e i manganelli?».
Lo smistamento è approssimativo, e anche il controllo: «E come si fa? dice Vladimiro l'angelo custode Stiamo con gli occhi aperti, ma mica possiamo perquisire tutti. Abbiamo detto a tutti di fare attenzione. Ma se uno entra, lascia lo zaino e se ne va, io che cosa ci posso fare?». Giuseppe, anche lui bergamasco, sta smontando la tenda e se ne va: «Ci spostiamo, qui la situazione è troppo ghettizzata». E poi lui, che ha 42 anni e assiste gli anziani («Ausiliario socioassistenziale»), vuole andare più vicino al centro dei dibattiti: «Mi interessa quello sul lavoro». La sua compagna chiude il bagaglio (una ordinatissima valigia blu), e arrotola la bandiera.
Le bombe hanno lasciato il segno. Si aspettano i centomila, per domani, si spera che saranno davvero centomila, che scavalcheranno tutti gli ostacoli della gimkana verso Genova, che non avranno paura. Vittorio Agnoletto, in piedi su una panca nell'atrio della stazione Brignole, annuncia in mezzo a una selva di microfoni che c'è stata un'apertura: «Brignole sarà aperta fino alle 14 di giovedì, per i treni speciali, e poi ancora sabato sera per quelli che ripartono dopo la manifestazione». Ripete che «il Genoa Social Forum non farà blocchi ferroviari», cosa che invece avevano annunciato quelli del Network. Dentro la galassia di Seattle parte la discussione su come comportarsi in piazza.
Venerdì saranno cinque la piazze assegnate dalla Questura: una per ogni settore del movimento. Sarà il giorno in cui ciascuno proverà a violare la zona rossa, ciascuno a modo suo: dai pacifisti totali, alle tute bianche scenografiche, ai meno allineati del Network. Agnoletto propone a tutti, invece, di cancellare dalla manifestazione di sabato ogni tentativo di invasione del "ghetto" intorno al Palazzo Ducale. Propone che tutto, nel giorno in cui si terrà il corteo più grande, sia assolutamente pacifico e festoso. Non si sa se gli altri accetteranno questa indicazione, che è figlia del nuovo clima di grande tensione. Lo annunceranno oggi, mercoledì. Luca Casarini, portavoce delle tute bianche, ripete in cento interviste telefoniche e in quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e veneto, queste ultime piuttosto simili), che «bisogna venire a Genova, superare la paura, tenere aperti gli spazi di democrazia».
I centomila sono ancora lontani. I punti di accoglienza e campeggio sono semivuoti. A Sciorba, su per la Val Bisagno e a 6 chilometri dal centro, voci correnti indicano la presenza degli «anarchici stranieri». In realtà, sotto il tendone che occupa il campo sportivo, per ora sono in quattro gatti. Un piccolo gruppo di iraniani s'è voluto mettere da parte, sotto la tribuna: «Ne aspettiamo un migliaio, di iraniani», dice Antonio alla reception. Ora saranno 10, e a far da traduttore c'è Mahmoud Ghassemian, 53 anni, un simpatico omone che ha studiato a Milano: «Sono arrivato ieri dall'Australia sorride felice Sono chef in un ristorante di Sidney. Ah, la cucina italiana. Tengo in giardino il basilico per fare il pesto».
Qui a Sciorba, stamattina, è arrivata la Digos: controllo dei documenti. Venivano dal centro sociale Pinelli, che sta a duecento metri, in mezzo al fetore soffocante del canile municipale. «Sono arrivati in venti racconta Stefano Ci hanno svegliato, hanno vuotato gli zaini, perquisito tutto. Non hanno trovato niente». Si aggiustano le docce, per i compagni che dovrebbero arrivare. In centro, venti militanti di Attac stendono lo striscione «Stop World Bank» dal ponte monumentale di via XX settembre, soverchiati da 40 fra cameramen e fotografi. Segue partita di calcio in piazza Fontane Marose: Attac Francia batte Attac Italia 2 a 1. Con l'aria che tira, si tende a sdrammatizzare.