Manifesto 14 luglio 2001 L'ANALISI
Uno stato di guerra globale
JOSEPH HALEVI
La privatizzazione globale non è il risultato di processi economici oggettivi
intesi come inevitabili. In economia l'oggettività non esiste e ciò che accade dipende
dall'articolazione degli interessi di potere di classe che regolano la vita sociale. La
distruzione di una buona fetta dell'apparato industriale britannico da parte del governo
conservatore di Thatcher non aveva dei presupposti economici bensì politici, volti a
distruggere una presenza non subalterna del lavoro dipendente e sindacalizzato.
Analogamente, come dimostrato da Giulietto Chiesa nel suo ottimo Russia addio, la
rapina accelerata effettuatasi in Russia e nei paesi dell'est non è stata il risultato di
errori riguardanti il processo di transizione verso il capitalismo. La rapina è stata
deliberata come deliberato è stato l'appoggio conferito ai rapinatori dai governi
occidentali e dalle loro istituzioni finanziarie note come Fondo Monetario e Banca
Mondiale. L'incondizionato sostegno a Eltsin, la trasformazione dell'Albania in un'area di
mafia globalizzata grazie al Fondo monetario ieri e alla Nato oggi, mostrano che la
privatizzazione globale è concepita come uno stato di guerra più o meno permamente nelle
aree in cui questa viene imposta. Non è pertanto possibile separarla dalla questione
della guerra. Quest'ultima può assumere forme diverse a seconda delle circostanze. Nel
caso dell'America latina - e della Colombia in particolare - è già stato osservato che
le politiche di aggiustamento strutturale volte al pagamento del debito estero sono alla
base del ciclo delle repressione armata contro i contadini poveri e i senza terra. La
privatizzazione dell'acqua e di altri servizi essenziali stanno innescando un anaologo
ciclo in Bolivia ed in Ecuador. In Europa la dinamica Eltsin-Albania ha comportatato uno
stato di guerra permamente in Cecenia e nei Balcani.
E' in Europa che si è ormai creata un'osmosi totale tra l'estensione della
privatizzazione globale all'Est e le strutture non democratiche dell'Unione europea. Sul
piano storico il varo del trattato di Maastricht è stato determinato dagli accordi
concernenti le prerogative tedesche nei confronti della Slovenia e della Croazia ben
sapendo che ciò avrebbe comportato lo scoppio della guerra con la - e nella - Jugoslavia.
Successivamente l'ideologia privatistico restrittiva di Maastricht è stata catapultata
verso i neostaterelli jugoslavi in |maniera perfino più radicale che in America latina.
Nei loro confronti si è realizzata una saladatura completa tra il Fondo monetario, la
Banca mondiale e le istituzioni europee. Il taglio dei sussidi pubblici, dei sistemi di
protezione sociale e l'imposizione delle scelte privatistiche, attraverso l'ideologia
della trasparenza, vengono realizzate direttamente dai funzionari delle tre suddette
burocrazie.
I fatti ora riportati dovrebbero far riflettere molti dei militanti che si apprestano a
manifestare a Genova. La fusione ad est tra guerra, Maastricht, patti di stabilità,
istituzioni europee, Fondo Monetario e Banca Mondiale è stata appoggiata da tutti i
governi dell'Unione. Così come il socialista Mitterrand dava luce verde alla Germania in
Jugoslavia, il socialista plurale Jospin partecipava molto attivamente ai bombardamenti
"umanitari" su Kosovo e Serbia e all'approvazione di tutte le politiche di
austerità privatizzante. I suoi discorsi su un'Europa diversa sono solo diversioni
demagogiche di un politico in crisi, resi perdippiù caduchi dal rilancio delle
privatizzazioni nella Francia metropolitana. In questo contesto il movimento dovrebbe
porsi simultaneamente degli obiettivi politico-economici e di politica estera. In Europa
il terreno di questi obiettivi si situa nei Balcani e nei confronti dell' Europa dell'est
terzomondializzata. Far saltare la saldatura Europa-Fondo-Banca mondiale nei confronti
dell'Est significa anche aprire una falla mortale nel sistema dei patti di stabilità su
cui si fonda il potere della deflazione salariale permanente.
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