Corriere della sera 17 luglio 2001
IL
MAGISTRATO
Laudi: gruppi con legami
internazionali, per loro il G8 è un palcoscenico
- MILANO - «Che una formazione terroristica possa usare il G8 come una specie di vetrina
internazionale, mi sembra non solo possibile, ma del tutto logico. Da sempre i gruppi
violenti cercano le occasioni più favorevoli per salire alla ribalta, per dare il massimo
di risonanza alle loro azioni eversive. Ma che Genova rischi di diventare un palcoscenico
del terrorismo, purtroppo, era chiaro anche prima di questo attentato». Maurizio Laudi,
procuratore aggiunto a Torino, è un magistrato che dopo aver indagato per più di ventanni
sul terrorismo, ne è diventato uno dei bersagli: a lui era indirizzato uno dei pacchi
bomba che nellestate 1998 fecero per la prima volta temere un ritorno agli anni di
piombo.
In che scenario pensa che si possa inserire lattentato che ieri ha ferito un
carabiniere a Genova?
«La coincidenza con il G8 non mi sembra casuale. Qualsiasi attentato impone di indagare
in tutte le direzioni, senza escludere a priori nessuna pista. Ma come punto di partenza
mi sembra ragionevole privilegiare lo scenario delle azioni violente contro il G8: mi
riferisco naturalmente a gruppi precisi e circoscritti, che propagandano da tempo il
terrorismo come mezzo di lotta politica. Gruppi che potrebbero aver deciso di mettere in
pratica lidea di unazione violenta. Si tratta di formazioni clandestine, che
non hanno nulla a che fare con i movimenti che manifestano legalmente e pacificamente
contro la globalizzazione. Un conto sono gli incidenti in piazza, tuttaltra cosa le
bombe».
Chi sono i nuovi terroristi?
«Le indagini sugli attentati dellestate 1998, di cui anchio fui
bersaglio, non hanno portato a identificare alcun responsabile. Quei pacchi bomba non
furono neppure rivendicati. Altre inchieste, a Milano e Torino, hanno invece dimostrato il
coinvolgimento di due gruppi eversivi, con caratteristiche diverse: cè unarea,
legata ad ambienti estremi dellanarchia, che sembra rifiutare lo stesso concetto di
organizzazione per invitare a un sorta di spontaneismo della violenza. Un secondo
serbatoio è il vecchio movimento dellautonomia, più legato alla tradizionale
impostazione marxista-leninista».
Ritiene possibili collegamenti con le nuove Brigate Rosse?
«Tendo a escluderli. Nei loro ultimi documenti, i brigatisti mostrano un disinteresse
dichiarato per i problemi della globalizzazione. Non si dichiarano disposti a intervenire,
perché li considerano temi di retroguardia».
Pensa che i centri sociali possano rappresentare unarea di reclutamento o di
fiancheggiamento?
«I centri sociali di per sé non sono luoghi di eversione né di terrorismo.
Indubbiamente nel loro ambito possono nascere e manifestarsi alcune tendenze verso azioni
violente, che però riguardano specifici frequentatori. Allinterno dei centri
sociali, poi, è opportuno distinguere tra chi accetta e chi rifiuta forme di dialogo con
le istituzioni. E chiaro che il pericolo riguarda soprattutto questa seconda area,
che esiste a Milano come a Torino e in altre città».
Mentre laltro fronte di rischio sarebbe lanarchia?
«Il termine anarchia è molto generico. Io mi riferisco a gruppi precisi, minoritari,
che hanno teorizzato lazione armata in forme di apparente spontaneismo».
A Milano i magistrati ipotizzano collegamenti internazionali.
«Senza dubbio esistono legami con la Spagna e con la Grecia. Nel primo Paese sono
tuttora detenuti per terrorismo alcuni anarchici italiani. E dalla Spagna parte, e non da
oggi, un movimento di opposizione violenta al regime carcerario di massima sicurezza. Con
la Grecia il collegamento è ancora più stretto: abbiamo casi di azioni eversive commesse
in quello Stato contro obiettivi italiani, ad esempio sedi diplomatiche».
Crede ai dubbi su una nuova strategia della tensione?
«E senzaltro possibile che certi gruppi anarchici o determinati centri
sociali possano subire interferenze e vere e proprie infiltrazioni. Nelle nostre indagini
sugli attentati in Val di Susa, però, quei sospetti, che considero legittimi, non hanno
trovato alcuna conferma».
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Paolo
Biondani |
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