La Repubblica 19 luglio 2001

"I sindacati lottano da un secolo
Agnoletto non ci dia lezioni"

Cgil, Cisl e Uil arrivano a Genova, polemica con il Social Forum. Oggi incontro con Berlusconi
il caso

MAURIZIO RICCI


GENOVA - «Sfilate con noi», li aveva pregati Vittorio Agnoletto, il portavoce del Genoa Social Forum, presentandosi a sorpresa, di buon mattino, alla tribuna del convegno organizzato da Cgil, Cisl e Uil in un cinema, giusto ai margini della «zona rossa». «Non è un problema di quantità dei manifestanti - spiegavano, nei corridoi, due degli organizzatori anti G8 - ma di qualità: l'assenza del sindacato contribuisce alla criminalizzazione del movimento». L'appello di Agnoletto era stato accolto dalla platea di sindacalisti da una ovazione e da un lungo applauso. Ma i dirigenti del sindacato si sono ben guardati dal farsi trascinare nel gorgo delle prossime giornate, difficili e imprevedibili. Per una questione di metodo: «Noi vogliamo - spiega Luigi Angeletti della Uil - manifestazioni chiare negli obiettivi e sicure per chi partecipa, per gli agenti, per la città. Le dimostrazioni non possono essere una questione di ordine pubblico». Per una questione di merito: «Il G8 - dice Savino Pezzotta, della Cisl - ha una sua specificità. Sono paesi democratici e occorre non dare loro alibi per non rispondere ai grandi problemi che abbiamo tutti di fronte». Per Sergio Cofferati, a cui piace poco anche l'adesione dei Ds («Vedo un salto logico - osserva - rispetto alle posizioni precedenti») si tratta di rispettare le convergenze, ma anche le differenze che esistono tra movimento sindacale e il mondo del «no global»: «Nell'organizzazione multiforme c'è un elemento di crescita. Ognuno deve sostenere le sue tesi con gli strumenti che ritiene più efficaci».
Come gli anti G8, i sindacati sono per l'applicazione del trattato di Kyoto contro l'effetto serra, per la cancellazione del debito dei paesi poveri, per la regolamentazione e la trasparenza dei mercati finanziari (la Tobin tax, che tasserebbe i movimenti speculativi dei capitali, è da anni nella piattaforma internazionale dei sindacati): «La trasparenza, - dice Cofferati - è decisiva per consolidare gli assetti democratici, a livello mondiale e nazionale». Condividono il rifiuto, che Nelson Mandela esprime in un messaggio video al convegno, verso un mondo «dove una piccola minoranza esibisce una ricchezza oscena e la stragrande maggioranza vive sfruttata, in miseria, senza fondamentali diritti umani». Soprattutto, anche il sindacato individua «una crisi profonda degli organismi sovranazionali, dall'Onu al G8, ovvero un grave limite di rappresentanza democratica»: «Quello che non regge più - dice Cofferati - è che siano in pochi a decidere per tanti, i paesi maggiormente sviluppati a stabilire le condizioni dello sviluppo per tutti».
Dalla sua trincea di rappresentante dei lavoratori, il sindacato pensa ad una sorta di concertazione all'italiana, a livello mondiale. Un versante è quello della tutela sociale. «Noi non condividiamo - dice il leader della Cgil, scegliendo a bersaglio uno degli slogan preferiti di George Bush - la solidarietà compassionevole. Crediamo, invece, che debbano esistere regole uniformi, nella tutela sociale, e che queste regole debbano essere alte, perchè uniformità non deve significare togliere tutela a chi ne ha». In buona sostanza, il sindacato chiede di vincolare al rispetto di fondamentali diritti sociali e sindacali la partecipazione dei singoli paesi (a cominciare dalla Cina) alle grandi correnti di commercio internazionale. La «sfida», come la chiama Emilio Gabaglio, il segretario della Ces, la Confederazione europea dei sindacati, è anche più alta: proporre la «diversità» europea (in particolare rispetto agli Usa) in materia di diritti e di giustizia sociale, come punto di riferimento mondiale.
L'altro versante è quello della crescita, dove le preoccupazioni dei sindacati coincidono con quelle che vengono dai singoli governi del G8. L'economia mondiale si è fermata e, per la prima volta, tutt'e tre le locomotive (Usa, Europa e Giappone) sono in panne. Il documento che, oggi, i sindacati internazionali presenteranno a Berlusconi, in rappresentanza degli otto governi dei paesi più sviluppati, reclama misure immediate per rilanciare il tasso di crescita dell'economia mondiale al 3 per cento, già nei prossimi mesi. Il colpo di frusta dovrebbe venire anzitutto dalla politica monetaria: alla Fed di Alan Greenspan si chiede di continuare coraggiosamente nelle riduzioni dei tassi di interesse, mentre si bacchetta la Banca centrale europea per la politica di tassi alti, pur in assenza di timori di inflazione. Bocciato anche Bush, per una manovra di tagli fiscali troppo timida nell'immediato e troppo generosa nel futuro. Ma anche organismi come il Fondo monetario, cui si rimprovera di non avere imparato nulla dalla crisi asiatica del 1998 e di continuare ad imporre - i casi più recenti sono Argentina e Turchia - ricette di austerità, invece di politiche di sviluppo della domanda interna.