La Repubblica 18 luglio 2001 Il mal
d'Africa
e i suoi tutori
LE IDEE
di THABO MBEKI
COME africani, ci troviamo di fronte a una sfida impellente: porre termine alla
povertà e al sottosviluppo nel nostro continente. Si tratta di un compito imponente, e
per realizzarlo ci vorrà tempo.
La democrazia, il capitalismo e la globalizzazione costituiscono alcuni dei tratti
principali che definiscono il mondo moderno.
Gli esempi più notevoli del successo di questi sistemi politici ed economici sono i paesi
del Nord del mondo, l'«Occidente». Insieme, essi rappresentano una minoranza
relativamente modesta della popolazione mondiale. Al tempo stesso, detengono la maggior
parte delle risorse economiche, scientifiche, tecnologiche, militari... Intorno a questo
centro esiste una periferia che dipende, in varia misura, dal centro per il suo progresso,
il quale, a sua volta, deve essere compatibile con le esigenze del centro stesso.
Siamo tutti d'accordo che il mondo moderno è caratterizzato da profonde diseguaglianze,
alle quali bisogna aggiungere lo specifico ostacolo cui ci troviamo di fronte noi
africani: un ostacolo che deriva dalla nostra storia che ha creato l'immagine dell'Africa
come di un continente incline alle guerre, alla dittatura, alla negazione dei diritti
umani, alla corruzione, alla dipendenza permanente dagli aiuti. Per secoli, il mondo
occidentale ha trattato l'Africa, e specialmente l'Africa subsahariana, come una fonte di
manodopera a buon mercato e di materie prime. Fatalmente, ciò ha significato
l'esportazione di ricchezza dall'Africa.
La realtà formatasi nel corso di molti secoli è quella di un'Africa marginalizzata.
Inevitabilmente, in questa situazione le speranze dei popoli africani in un futuro
migliore dipendono dalla magnanimità altrui. Ciò trasforma l'oggettiva condizione
d'impotenza degli africani in una soggettiva accettazione da parte loro dell'idea che sono
incapaci di agire con efficacia. Ne segue che diventano sempre meno capaci di agire come
attori consapevoli e risoluti in vista della propria emancipazione dalla dipendenza, dalla
povertà e dal sottosviluppo. Per porre termine a questa tragedia umana, è necessario che
i popoli dell'Africa si convincano che non sono, e non debbono essere, succubi di tutori
benevoli, ma sono invece gli strumenti del proprio progresso. E' essenziale che questi
popoli acquistino la consapevolezza che hanno uno specifico, prezioso contributo da
apportare al progresso della civiltà umana; che l'Africa ha un ruolo strategico nella
comunità mondiale.
E' possibile e necessario assicurare all'Africa un futuro positivo e luminoso. Il punto di
partenza è quella stessa base materiale che ha fatto dell'Africa un continente
marginalizzato. Il ruolo strategico dell'Africa nella comunità mondiale è definito dal
fatto che il continente è ancora oggi, com'è stato per secoli, un indispensabile
serbatoio di risorse di cui si giova l'intera umanità.
Questo ci conduce all'identificazione di un obiettivo strategico: l'Africa ha bisogno di
un ordinamento politico e di un sistema di governo che: siano legittimi e godano del
sostegno e della fedeltà delle masse africane; siano abbastanza forti da difendere e
promuovere gli interessi di queste masse; contribuiscano a far avanzare i fondamentali
interessi di sviluppo di queste masse; e siano in grado di assicurare il raggiungimento di
questi obiettivi, inclusa l'interazione con i vari processi globali che caratterizzano
l'economia mondiale.
Nel suo stesso interesse, il continente africano deve organizzarsi in modo che si
affermino la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Le materie prime che per secoli
sono state sfruttate a vantaggio degli altri devono essere usate per sviluppare le
economie africane e far progredire i popoli del continente. Ciò si potrà fare soltanto
aggiungendo valore a queste risorse naturali, in modo che vengano scambiate col resto del
mondo come manufatti anziché come materie prime. Bisognerà dunque adottare le misure e
le politiche economiche necessarie per attirare investimenti nazionali ed esteri nel
settore estrattivo e nel settore della trasformazione delle materie prime; facilitare
l'accesso ai mercati internazionali dei prodotti ad alto valore aggiunto; rendere
competitivi tutti i beni prodotti da questo processo di valorizzazione.
In quanto luogo d'origine dell'intera umanità, l'Africa ha un ruolo senza eguali da
svolgere come sede privilegiata per l'affermazione della comune umanità di tutti gli
uomini, indipendentemente dalla razza, dal colore, dal sesso o dalla nazionalità, come
confermano le recenti scoperte scientifiche riguardanti il genoma umano. L'antica storia
dell'Africa, che abbraccia la stessa formazione della terra, la nascita e l'evoluzione
della vita e dell'uomo, della società umana e delle arti, della matematica, della
scienza, dell'architettura e della medicina, deve insegnare a noi africani che chi ha
affermato che noi siamo meno che umani ha mentito.
Tutto ciò che abbiamo detto finora sottolinea la necessità di adottare misure
straordinarie per addestrare un adeguato numero di africani, sì da poter partecipare al
programma di ricostruzione e sviluppo delineato da questa strategia. Questi uomini
scienziati, ingegneri, tecnici, manager, burocrati sono necessari tanto al settore
pubblico quanto al settore privato. Più in generale, dobbiamo considerare la spesa in
risorse umane non come un costo da minimizzare, ma come un investimento essenziale.
Dobbiamo dunque mettere al centro le questioni della spesa per la sanità e l'istruzione,
indispensabili precondizioni per tutto ciò che dobbiamo fare.
Il programma di sviluppo però non potrà mai essere realizzato se il continente non
colmerà il gap digitale, sia in un senso generale, sia in rapporto allo specifico
contesto dei singoli progetti di sviluppo, qualunque sia la loro natura.
Va da sé che se vogliamo attirare nel nostro continente maggiori flussi di capitale
dobbiamo anche adottare tutte le misure necessarie per incoraggiare i nostri investitori
africani a investire in Africa, anziché contribuire alla fuga di capitali dal continente.
Ciò di cui abbiamo parlato esige azioni che vadano al di là dell'ordinaria
amministrazione. Una di esse è che dobbiamo trattare la cruciale questione dello sviluppo
e della ricostruzione dell'Africa come una sfida che riguarda non soltanto i nostri
governi e le élites africane, ma anche le masse popolari.
Analogamente, i leader dei paesi dell'Occidente hanno il dovere di pensare e di agire in
una prospettiva che vada al di là delle esigenze del momento. Questi leader debbono
capire che hanno davanti un'opportunità senza precedenti per estirpare la povertà in
tutto il pianeta. Le dimostrazioni di massa svoltesi a Seattle, la campagna globale per la
cancellazione del debito dei paesi africani e le altre dimostrazioni che chiedono di porre
fine ai processi sociali ed economici globali che perpetuano la povertà, indicano che tra
le masse dei paesi più ricchi sono in molti a comprendere l'imperativo di ritornare ai
valori dell'internazionalismo e della solidarietà umana.
È nel nostro interesse stabilire un contatto con queste masse. Ma prima di tutto dobbiamo
rispondere alla domanda: quali sono i modi e i mezzi che è necessario adottare per
liberare le masse africane dalla povertà e dal sottosviluppo?
(Traduzione a cura del gruppo Logos)
L'autore è presidente del Sudafrica |