Corriere della sera 19 luglio 2001

Dalla questura nuovi limiti ai cortei, sale la tensione

Vietato l’accesso in altre tre piazze. Le Tute bianche: non ci fermeranno. Torta in faccia a Bové

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - Tante anime, un solo «nemico»: il Summit degli Otto. E venne il giorno della piazza. Oggi si comincia soft , con il corteo meticcio e colorato dei migranti. In mezzo, anche Manu Chao, nuova star del GSF. Fin qui è tutto ok. I guai s’annunciano per domani, giorno clou della protesta. L’obiettivo dei «disobbedienti» (Tute bianche e No-Global) acquartierati allo stadio Carlini, è quello di marciare verso il centro e sfondare l’area proibita. Ma, a sorpresa, il questore di Genova «congela» i piani, con un’ordinanza che, letta tra le righe, significa l’estensione della «zona rossa». Proibito occupare tre piazze (Verdi, della Nunziata, Marsala) confinanti con le barriere di cemento e reti, che segnano il limite tra il «fuori» e il «dentro».


LA PROTESTA - «È la dimostrazione che il diritto a manifestare non esiste», reagiscono all’unisono Luca Casarini (Tute bianche) e Francesco Caruso (No Global). «Comunque sia, non fermeranno la disobbedienza civile. Disobbedire significa rompere i divieti. Noi andremo avanti». Poi, una riflessione che suona sinistra: «Lo Stato per difendersi prima manda avanti i suoi uomini, dietro ci mette il "muro". Non dovrebbe essere il contrario?». In altre parole: il rischio reale è il corpo a corpo forze dell’ordine/manifestanti.
I disobbedienti si presenteranno all’appuntamento (lo hanno detto e ripetuto cento volte) con le protezioni corporali. Ed eccole, in bella mostra, all’ingresso del «Carlini»: ginocchiere, cavigliere, scudi, maschere anti-polvere, giubbotti. Quasi una risposta ironica alle perquisizioni di ieri all’alba: blitz a sorpresa di un centinaio di agenti (ma i ragazzi hanno resistito fino all’arrivo di giornalisti/testimoni) alla ricerca di «armi segrete». «Negativo su tutta la linea», scherzano i giovanotti. Stesso film al centro di accoglienza di via dei Ciclamini, dove si è sistemato il gruppo degli «inflessibili». Sono i ribelli del Network anti-global. Tra questi, i Cobas, guidati da Piero Bernocchi. Protagonisti di una polemica tutta politica, che imbarazza non poco i «vertici» del Gsf. Tiro incrociato sui diessini, rei di avere aderito alla protesta anti-G8 di Genova. «Proprio loro, che l’hanno voluto...». Succede al Press Center del Genoa Social Forum. Folla di giornalisti, ieri mattina. L’acidissima bordata all’indirizzo dell’ex maggioranza di centro-sinistra arriva alla fine della lunga esposizione, sul programma generale delle manifestazioni: gran misto di cortei, sit in, azioni dirette, danze, musiche, accerchiamenti, sfondamenti. I portavoce dei Cobas (Bernocchi, Paladini, Miliucci) prima raccontano che andranno in piazza secondo le «regole stabilite», annunciando lo sciopero generale dei lavoratori per essere presenti in massa. Poi, passano all’attacco. «Diessini, state a casa. Non vi permetteremo di utilizzare la protesta di Genova per riciclarvi. Non vi rifarete la verginità a nostre spese. Chiaro?». Dagli a D’Alema, dagli a Fassino e a tutta la dirigenza della Quercia. Bernocchi lo ripete, tre, quattro volte. Miliucci rincara la dose: «Uomini avvisati, mezzi salvati... Se non ci daranno retta, non garantiamo nulla». Più chiaramente: potrebbero essere sbattuti fuori dal corteo. Ma lo stato maggiore del Gsf non ha alcuna intenzione di rinfocolare le polemiche. Sicché, nel pomeriggio, sforna un comunicato («Ogni nuova adesione sta a significare la crescita di consenso alle nostre ragioni») che smorza i toni. Punto e a capo? No. Ormai la miccia anti- Ds è innescata. E i primi segnali sono eloquenti.


LA BEFFA - Alla vigilia dell’anti-G8, i beffati e i fischiati non sono i potenti della terra, ma alcuni esponenti dello stesso movimento. Succede al Public Forum, spazio di dibattito culturale del Gsf. Il primo a farne le spese è il famoso contadino anti-McDonald’s José Bové, preso a torta di panna (finta, cioè crema da barba) in faccia da due giovani (cani sciolti dei Centri sociali?), che colpiscono e spariscono. Poi, tocca al verde ex ministro Pecoraro Scanio. Contestato a scena aperta mentre discetta su «il cibo non è una merce». Infine, vengono tacitati a fischi e versacci i diessini Francesco Baldarelli e Fulvia Bandoli.
Incidente di percorso. I contestatori sono concentrati su altro: il successo delle manifestazioni. Non guastato, possibilmente, dai colpi di testa di qualche facinoroso del movimento. In corteo, sono banditi gli strumenti di offesa: niente sassi e bastoni. «Se qualcuno trasgredisce - sentenzia Casarini - è fuori dal Genoa Social Forum». E se lo dice lui... Eppure, la tentazione è forte. Nelle riunioni segrete, alcuni hanno proposto di portare biglie in tasca. «Non si sa mai, potrebbero servire». Idea bocciata. Comunque, la piazza dovrà prepararsi a fare i conti anche con i duri, anzi durissimi, che del Gsf se ne fanno un baffo.