Manifesto 18 luglio 2001 Gli
operai della fabbrica globale
Quali alleanze sono possibili tra le lotte dei
lavoratori e i movimenti antiliberisti? Questo il tema del public forum su
"globalizzazione e lavoro"
BENEDETTO VECCHI - INVIATO A GENOVA
Una cosa è certa. Da ben prima di Seattle, le campagne di boicottaggio
contro multinazionali come la Nike o la Nestlè hanno bucato la coltre di silenzio di gran
parte dei global media sul comportamento di quelle stesse imprese quando hanno
cominciato a denunciare l'uso di lavoro minorile o dei salari da fame che pagavano ai
lavoratori e alle lavoratrici nel Sud del pianeta. Così il nodo dei rapporti di
produzione che sembrava uscito dall'orizzonte dei movimenti sociali è invece ritornato ad
occupare un posto di primo piano nella loro azione. D'altronde c'è la ormai storica
esperienza di alcune organizzazione sindacali dell'America latina a testimoniare del
costante tentativo di creare "un'alleanza" con ambientalisti, movimenti
contadini e dei diritti civili. Allo stesso modo, sempre per rimanere al di là
dell'oceano, anche la potente e conservatrice Afl-Cio americana a metà degli anni Novanta
ha dovuto prendere atto che i processi di ristrutturazione capitalistica ponevano
all'ordine del giorno un rapporto con le organizzazioni operaie nel Sud del mondo e con i
movimenti ecologisti statunitensi. Di questo e molto altro si è parlato ieri a Genova
nella sessione del public forum dedicato a "Globalizzazione e lavoro".
Cinque ore di relazioni di sindacalisti e magistrati provenienti da Francia, Brasile,
Italia, Russia e Grecia. Esponenti sindacali di base (la francese Sud Ptt e le italiane
Cobas e Cub), della Cgil, delegati della Danone e della Zanussi, sindacalisti indipendenti
russi (Sotsprof), rappresentanti dei lavoratori socialmente utili. Ognuno di loro ha
testimoniato le difficoltà da parte del sindacato nel fronteggiare le nuove forme di
produzione capitalista, caratterizzate da precarietà e flessibilità della forza-lavoro.
Difficoltà che ha condotto tutti i relatori a sostenere la necessità politica di una
"alleanza" tra il movimento operaio e questi movimenti contro la
globalizzazione: alleanza resa indispensabile non solo dalla facilità da parte delle
imprese transnazionali di "emanciparsi" dal sistema di garanzie del movimento
operaio.
Ha aperto le danze Loris Campetti de il manifesto, che ha ricordato la storia della
lotta operaia alla Renault di Vilvorde e quindi dei tentativi di stabilire legami stabili
tra operai francesi, belgi, sloveni. Una battaglia perdente, ma che ha indicato come una
lotta operaia per essere vincente deve essere sempre più transnazionale perché è la
produzione capitalista che si dispiega su scala planetaria. La globalizzazione economica
va quindi associata al capitalismo, che in Brasile ha trovato nella Confederacao
unidaria dos trabachadores (Cut) uno dei nodi di una più ampia rete di resistenza
composta da collettivi, cooperative. A raccontare le esperienze e le mobilitazioni della
Cut è stato Raffael Freire. Per il sindacalista brasiliano, va riconosciuto
tranquillamente che "la resistenza al progetto neoliberista è iniziata a dilagare
quando sono iniziate le privatizzazioni dei servizi pubblici. Da qui l'incontro del
sindacato brasiliano con altri gruppi sociali". Tutto bene, quindi. Non proprio se
Nicola Nicolosi della Cgil lombarda ha esordito denunciando la sua amarezza sulla
presenza, certo significativa, ma limitata del sindacato confederale a questo appuntamento
del movimento contro la globalizzazione capitalistica. Per Piero Bernocchi della
Confederazione dei Cobas il discorso è diverso: "c'è chi ha parlato di fine del
lavoro. Una sciocchezza. E' come dire che quando il Nilo straripa scompare. Le nuove forme
dello sfruttamento si chiamano precarietà, flessibilità, lavoro autonomo, cioè
caporalato e cottimo. La battaglia contro il neoliberismo deve vedere protagonisti i
lavoratori".
Di ben diverso tenore i racconti di una operaia della Zanussi e della Danone. Entrambi
hanno raccontato delle difficoltà di creare stabili rapporti tra lavoratori che vivono in
paesi diversi, ma l'operaio della Danone ha indicato nel boicottaggio della multinazionale
francese lo strumento per stabilire un'alleanza tra il movimento contro la globalizzazione
capitalistica e il movimento operaio. Indicazione fatta propria da Giuseppe Bronzini, che
ha sottolinenato come il boicottaggio può diventare una forma di lotta che parte dalla
frammentazione, e debolezza, della forza-lavoro per arrivare a costituire una sfera
pubblica internazionale. Chi invece è ritornato alle vicende italiane è stato Giorgio
Cremaschi, che ha ricordato lo sciopero dei metalmeccanici del 6 luglio e l'accordo
separato firmato da Fim e Uilm. Cremaschi ha ricordato che la Fiom sarà presente alla
manifestazione del 21 luglio e di come il governo Berlusconi voglia fare una legge che dà
agli imprennditori il potere di ricatto sui migranti grazie al fatto che non avrebbero
solo il contratto di lavoro dei migranti, ma anche il loro permesso di soggiorno.
Ricordare tutti gli altri interventi è quasi impossibile. E' comunque importante finire
con gli impegni presi da Loris Campetti contro questa misura sui migranti allo studio del
governo Berlusconi e di sostenere il boicottaggio della Danone. Esausti tutti sono corsi
alla conferenza stampa del Genoa social forum. Ma la discussione su "globalizzazione
e lavoro" è iniziata.
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