La Repubblica 19 luglio 2001

Scajola e le nuove bombe
"E' ancora la pista anarchica"

l'ulivo solidale


ROMA - Nessuna ripresa del terrorismo. Il ministro dell'Interno, Claudio Scajola, nel giorno delle letterebomba recapitate in diverse città d'Italia e alla vigilia del vertice di Genova, assicura che non c'è nessun disegno eversivo tale da far parlare di un ritorno agli anni di piombo.
E' comparso anche un volantino firmato Brigate Rosse, ministro. La preoccupa?
«Dubitiamo della sua attendibilità».
E allora qual è secondo il Viminale la pista da seguire?
«Pensiamo che gli episodi delle ultime ore siano riconducibili a un unico filone anarchicoinsurrezionalista. Ma dallo stesso nome con cui viene indicato si capisce che ci troviamo in presenza di un universo diviso, frastagliato, non un fronte unico».
Stesso filone anarchicoinsurrezionalista, lei dice. Con quale obiettivo?
«Tenere alta la tensione, naturalmente, rendere più difficile la gestione dell'ordine pubblico, cercare di costruire qualche incidente in occasione del G8. Ma insomma, non tale da creare allarme».
Avete qualche elemento specifico per poter indicare questa area particolare?
«Le forze dell'ordine stanno svolgendo un compito di notevole intelligence: abbiamo elementi precisi e si seguono piste precise».
E non si corre il rischio che mentre Genova viene blindata, le forze eversive sferrino il loro attacco altrove?
«Noi non controlliamo solo Genova. Ad oggi abbiamo respinto alla frontiera 850 persone, stiamo operando in piena collaborazione con le forze di polizia degli altri paesi del G8 e dei paesi confinanti con l'Italia. Abbiamo qualche preoccupazione in più per alcuni esponenti che stanno arrivando in queste ore dalla Grecia, ma è in atto un'operazione di controllo del territorio complessiva, tant'è vero che sono state portate a compimento azioni di polizia anche importanti su altri fronti. Penso all'operazione di Ercolano: c'era stato un appello del sindaco la settimana scorsa, abbiamo mandato sul posto forze speciali che hanno sgominato bande di camorra importanti, effettuando sette arresti. Questo a dimostrazione che il resto d'Italia non è rimasto in alcun modo sguarnito. Le forze in più che abbiamo mandato a Genova fanno parte di una riserva che è stata costruita senza alleggerire altre zone d'Italia».
Dopo l'esperienza di Goteborg, ci sono gruppi antiglobalizzazione che ritenete di dover temere in modo particolare?
«Abbiamo contato seicento sigle differenti».
E' difficile, cioè, trovare un interlocutore unico?
«Se pensa che queste seicento sigle sono in parte italiane, parte si ripetono tali e quali all'estero, alcune sono presenti solo in altri paesi e non da noi... una mappatura è difficilissima. C'è un fenomeno non organizzato che trova il suo comune denominatore in questo momento di crisi di tutte le altre ideologie falsificando la globalizzazione e dandone un taglio semplicistico: da una parte i ricchi dall'altra i poveri, da una parte i cattivi dall'altra i buoni. Questo ha unito sigle spontanee, pasticciate, dove c'è un po' di tutto, pacifisti, pacifisti cattolici, ecologisti: per carità, assolutamente spontanei e sinceri nelle loro valutazioni. A questi, però, si mescolano i soliti gruppi di provocatori storici, frange di disoccupati organizzati e dei centri sociali, nuovi esponenti dell'estremismo anarchico, che cercano di gestire questa fase pensando di esserne i protagonisti. Stiamo tenendo gli occhi bene aperti».
La politica italiana sul tema della globalizzazione non si è divisa. Un dato importante.
«Quello che è emerso con particolare evidenza in questi ultimi due giorni è il dato della sinistra italiana. Che passa al movimentismo, partecipa alle manifestazioni dopo aver essa stessa indetto e organizzato il G8 quando era ancora al governo. Al di là di questo travaglio interno, inequivocabile, guardando gli atti in Parlamento, però, la linea del governo sul G8 a partire dal giorno della fiducia e dall'emendamento che stanzia tre miliardi per l'accoglienza, è passata a stragrande maggioranza».
Casarini, il leader delle tute bianche, ha detto: noi siamo per la non violenza, ma entreremo nella zona rossa. Una sfida in piena regola.
«Vedono l'ingresso nella zona rossa come un simbolo».
Ma quale sarà la risposta delle autorità?
«Le disposizioni che hanno ricevuto le autorità di pubblica sicurezza sono di gestire l'ordine pubblico con la massima serenità per garantire che non vi siano né provocazioni né incidenti. La piazza si gestisce con molta elasticità e le forze dell'ordine sanno gestirla».
A sentirla, ministro, la si direbbe tranquillo. E' davvero così?
«E' così, sì. Ma sa, io sono per natura uno che ha sempre creduto nell'intelligenza degli uomini, da qualunque parte stiano».
Lei è anche ligure. Vedere Genova intrappolata con quelle gabbie, che impressione le ha fatto?
«Mi sono concentrato soprattutto sulle altre immagini, quelle in cui Genova è bella e splendente. Genova, è vero, oggi ha delle porte di passaggio, farebbe effetto a chiunque vedere queste grate. Ma sono state erette nell'interesse degli stessi genovesi, per garantire loro tutta la sicurezza necessaria. Non l'avessimo fatto sarebbe stato meglio? Allora preferisco guardare gli altri aspetti della città: ma lei ha visto quant'è bella piazza de' Ferrari, quanto è bello il porto antico, quant'è bella via San Lorenzo e la sua cattedrale? E comunque, tutto quanto fatto per migliorare Genova rimarrà, mentre lunedì le grate se ne vanno. Ecco, personalmente preferisco soffermarmi sui tanti lati belli di questa spledida città».