Corriere della sera 18 luglio 2001
GLI ALLOGGI DEI MANIFESTANTI

Nei quattro campi della protesta: «Manca tutto, anche i bagni»

DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
GENOVA - «Una bugia. L’ennesima bugia del governo». Le Tute bianche corrono da una parte all’altra del campo sportivo Carlini. Accolgono i nuovi arrivi in città, sistemano le tende, preparano la cucina da campo. «Ma non era questa l’accoglienza che ci era stata promessa», accusa Giulia. Genovese «dello Zapata», come rimarca orgogliosa dell’appartenenza allo storico centro sociale, lei è una dei cinque accompagnatori degli «intrusi». Conta sulle dita, per non dimenticarsi, le carenze: «Mancano i bagni chimici, abbiamo solo otto docce. E la tensostruttura è stata alzata sulla sabbia». E ora sul campo impolverato destinato ai sacchi a pelo «dobbiamo stendere un enorme telone. E siamo poche centinaia. Quando arriveranno i settemila antiglobal previsti, cosa accadrà?».


PROTESTA - «Benvenuti disobbedienti», recita il cartello sul cancello d’ingresso. «Benvenuti all’inferno», aggiunge Leo, studente universitario fiorentino. Perché, sotto un sole «implacabile, sembra un inferno dantesco. Siamo desaparecidos, chiusi nelle gabbie». Il «Carlini» protesta. Si indigna «per il momento a parole». Ma gli altri tre centri d’accoglienza di Genova («i campus degli antiglobal») non stanno zitti.
Il coro è comune. «Qui al centro sportivo la Sciorba ci hanno dato la disponibilità di un quinto dei servizi che serviranno», spiega Gabriele, anche lui genovese e «volontario pacifista». Qui come al «Ciclamini Riot Camping» a Quarto Alto. E alla Valletta Cambiaso ad Albaro, nel quartiere bene di Genova. Dove, se non altro, d’infernale c’è ben poco: «E’ un’oasi di pace, frequentata in genere da bambini e cani», sottolinea Giulia, universitaria, volontaria dell’accoglienza.
CARLINI - Otto teste di maiale in gommapiuma. E otto bandiere. «Quelle degli otto gangster del G8», dice Edo delle Tute bianche di Milano. Appese sulla cancellata interna del Carlini «in bella mostra, caso mai ci dimenticassimo di loro, tra una danza e l’altra», scherzano Mary e Paola, due studentesse venete. Danzano e scherzano. Mentre altri disobbedienti lavorano senza sosta nell’«officina della fantasia». Qui nessuno entra, tanto meno i curiosi. Perché è la fucina nella quale si stanno preparando «gli strumenti per superare il blocco della polizia. Si studiano strategie. Perciò è top secret», sottolinea Carola, una delle responsabili della logistica. Strumenti («Solo di difesa») da distribuire al blocco della disobbedienza civile. Vale a dire Tute bianche, Giovani comunisti, Rifondazione. Ma il problema, per loro, rimangono comunque i servizi, anche se ieri «i responsabili del Comune ci hanno promesso che nel giro di poche ore ci raddoppieranno bagni e docce», spiega Carola.


VALLETTA CAMBIASO - Gli stranieri invece, quelli non legati ad alcuna area antiglobal, sono soprattutto alla Valletta. «Da una settimana sono arrivato dalla Germania. Per me è anche una vacanza», evidenzia Mark, berlinese. E non è l’unico ad aver anticipato i tempi. La Federazione Giovanile Evangelica «da qualche giorno ha occupato una piazzola», specifica Giulia, indicando i nastri rossobianchi che s’intrecciano da una pianta all’altra. «Quando ci saranno i tremila giovani attesi, sarà difficile trovare un posto sul prato», spiega. E un bagno o una doccia: «Soltanto quattro Wc chimici e neppure una doccia».


SCIORBA - Tremila ragazzi. Tanti quanti si fermeranno alla Sciorba, il centro sopra il cimitero Monumentale, nel cui Boschetto sono custodite le ceneri di Giuseppe Mazzini. «Sono i ragazzi di Rete Lilliput, Attac, pacifisti in genere», commenta Gabriele, mentre si domanda se basterà un bagno ogni trecento persone e le dieci docce disponibili.


CICLAMINI - Dall’altra parte della città, al campo sportivo di via dei Ciclamini, si raduna invece l’area Network. «La più dura? Non esistono antiglobal più o meno duri. Solo anticapitalisti, come noi», taglia corto Elia, vicentino «dell’ala più radicale dei contestatori». Da non confondere con le Tute bianche «che professano l’anticapitalismo e poi razzolano male. Qui si ritroveranno i Cobas, la Rete sud ribelle, i ragazzi di Askatasuna di Torino, Transiti e Vittoria di Milano, No Global di Napoli». «Dove sono i black, gli irriducibili? Non esistono. E gli anarchici? Loro si appoggiano al centro Pinelli. Non da noi»: Stefi sorride. Arriva da Bergamo. «Anche noi cercheremo di sfondare». Ma, giura, «noi siamo buoni». Non al punto, però, da non protestare vivacemente per il limitato numero di bagni e di docce: «Quando arriveranno tutti gli antiglobal del network ci sarà da mettersi in coda per lavarsi. Può bastare una doccia per trecento persone?» si chiede Peppe, di Taranto. Lui domanda, ma altri promettono azioni di forza: «Se la situazione non si sboccherà al più presto, anticiperemo la protesta nella zona rossa». E «allora saremo meno buoni».
Davide Gorni