Corriere della sera 16 luglio 2001
GLI
ESPERTI
«In questi summit conta
molto il lavoro dietro le quinte»
Lambasciatore Remo
Paolini e leconomista John Kirton: ecco i retroscena dei Grandi
- ROMA - Ma a che cosa servono il G7 e il G8? Come funzionano? Del Vertice tra i capi di
Stato e di governo dei Paesi maggiormente sviluppati più la Russia, che comincerà
venerdì a Genova, circolano versioni mitologiche, nel bene o nel male. Le televisioni
spesso lo descrivono come un appuntamento tra onnipotenti nella stanza dei bottoni della
Terra. I gruppi dei contestatori come la Spectre dei film di James Bond. La realtà
è un po più prosaica. E un po più complicata. «Il G7 per il quale lavorai
io e lattuale G8 non sono sedi decisionali. Sono soltanto riunioni consultive che
adottano proposte, non ordini», dice lambasciatore Remo Paolini, lo sherpa scelto
da Amintore Fanfani, allora presidente del Consiglio, per lincontro convocato a
Williamsburg nel 1983. «Il G8 non è unorganizzazione né unistituzione
internazionale», sottolinea questo diplomatico adesso a riposo. Non significa che il
Vertice di Genova non conti. Significa che per comprenderlo non basterà prestare
attenzione ai testi che diffonderà e allordine del giorno ufficiale.
«Esiste un livello di discussione invisibile ed esiste una serie di decisioni
codificate», fa notare leconomista canadese John Kirton, direttore del «Gruppo di
ricerca sul G8» dellUniversità di Toronto, il principale centro-studi in materia.
Fu Kirton, oggi a Roma per un convegno sulla prevenzione dei conflitti organizzato dallIstituto
affari internazionali, a definire il G8 «una Woodstock geopolitica». «Dopo la festa non
rimane granché», constatò. I documenti approvati, le bozze, le dichiarazioni degli otto
membri, intendeva dire, non vengono raccolti da alcuna struttura comune. A conservarli è
il suo gruppo. E non è casuale. «Uno dei motivi per i quali nacque il G7 è che i leader
erano frustrati perché allOnu, alla Nato e in altre organizzazioni le decisioni
erano prese dai funzionari. La mancanza di una segreteria che raccolga i testi è dovuta
al fatto che i leader vollero le mani libere», osserva Kirton.
Fu innanzitutto lesigenza di una sede di confronto sulle politiche economiche degli
Stati più industrializzati a dare corpo al G7. Per intuire qualcosa del rapporto tra
dichiarazioni pubbliche e discussioni riservate sono utili alcuni ricordi. «Nel 1983
Margaret Thatcher fu molto più antisovietica di quanto apparve fuori», racconta Paolini,
lex sherpa . «Nel summit del 1976, a Porto Rico, si adottarono di
sicuro decisioni non comparse nel comunicato finale. Alla vostra delegazione fu detto che
se i comunisti fossero entrati nel governo non avreste più ricevuto finanziamenti dallestero»,
rammenta Kirton, pur propenso a non sottovalutare i testi scritti. Tracce di quell aut-aut
nei documenti? «Per trovarne una bisogna risalire al 1975, quando il G7 stabilì che
la democrazia andava difesa indipendentemente dalle frontiere».
Il G8, secondo Kirton, è «uno strumento intrusivo nelle politiche nazionali». Consente
ai capi di Stato e di governo di discutere come in un club , ma a contare molto è
lintelaiatura dei rapporti quasi quotidiani tra i rispettivi Paesi. In sostanza, G7
e G8 sono un po meno potenti e un po più potenti di quanto appaiono nelle
rappresentazioni stereotipate.
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Maurizio
Caprara |
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